Da Reset-Dialogues on Civilizations
Giorno dopo giorno, le cronache piccole e grandi della quotidianità, le vicende locali ormai dimenticate e le “emergenze” sempre in prima pagina che in realtà sono tali da anni disegnano il quadro di un’Italia, e di un’Europa, sempre più disumane nel trattare migranti, profughi, rom. È una società disumanizzata che annulla l’altro e il diverso e nega loro umanità: quando organizza raid contro gli immigrati, quando alcuni ragazzi a Nettuno danno fuoco a un indiano, quando i campi rom vengono bruciati, quando i profughi che attraversano il Mediterraneo sono respinti in mare e quando i migranti sono detenuti nei Cie, i Centri di Identificazione e di Espulsione, luoghi di detenzione amministrativa esclusi allo sguardo della collettività in cui i diritti umani sono violati, le condizioni di vita sono inaccettabili, le cure sono minime, il “trattenimento” può protrarsi fino a 18 mesi e il limbo in cui si è costretti fa letteralmente impazzire.
L’Italia è malata. L’Europa è malata. E «questa dilagante xenofobia è ormai vera e propria malattia mentale collettiva». Nel suo libro “Derive. Piccolo mosaico del disumano” (Stampa Alternativa 2014), la giornalista e attivista Flore Murard-Yovanovitch raccoglie in ordine cronologico le testimonianze di tutto il disumano che c’è in Europa raccontando cinque anni (dal 2009 al 2013) di violenze contro i migranti, sparizioni nel Mar Mediterraneo, naufragi e sbarchi, cronache dai Cie, fili spinati, negazione dei diritti e dell’umanità di immigrati, donne, bambini, rom. La xenofobia che l’autrice racconta, in Italia e in Europa, è considerata come malattia mentale e la cura proposta non fa leva né sull’assistenza né sulla carità cristiana ma sull’uguaglianza psichica fra tutti gli esseri umani, considerata come fondamento della cura per la «Psiche Europa». L’autrice attinge alle teorie psichiatriche e alla teorizzazione della «pulsione di annullamento» fatta dallo psichiatra Massimo Fagioli e spiega subito: «Si tratta di un livello di violenza più profondo dove dalla negazione dell’altro si passa al suo annullamento. Questa pulsione, infatti, fa dell’altro, del diverso da sé, un “non essere umano”, cancellando in tal modo (annullamento appunto) il fatto che la sua umanità sia irrimediabilmente uguale alla nostra. Ben altro che noia o identità di branco: in questo concetto si nasconde la mente malata all’origine dei comportamenti disumani».
È in questo contesto interpretativo che si dispiegano, uno dopo l’altro, le vicende raccontate dall’autrice (articoli e interviste pubblicati sull’Unità e su Agenzia Radicale): le prigioni in Libia, i film che raccontano la discriminazione verso i profughi e i migranti, i pestaggi degli stranieri, la stigmatizzazione dei popoli, dei romeni, dei rom, le condizioni di vita dei Cie e le discriminazioni istituzionali, il razzismo mediatico e la fabbrica della paura rappresentata dal linguaggio della stampa, che racconta l’immigrazione «in modo bellico, come invasione e assedio», le cronache degli sbarchi e dei migranti respinti in mare, di quelli che nel Mediterraneo sono spariti, di coloro che sono sopravvissuti ma hanno trovato condizioni ben lontane dall’umano, perché alle prese con la detenzione amministrativa, con un’accoglienza che non è tale, con le violenze praticate dalla macchina del controllo che si esercita nei posti di frontiera – «Sulla frontiera, dietro l’eufemismo del “controllo delle frontiere dell’Ue”, si sta sviluppando un grumo nero di pratiche invisibili di sopraffazione su altri uomini, deportazioni in mezzo al deserto, abusi, maltrattamenti: vere e proprie torture».
Nella ricostruzione di questo «mosaico del disumano» l’autrice racconta anche dell’avanzata dell’ultra-destra in Europa – inquadrata come «malattia psichica europea» – alla quale la sinistra (cui peraltro non vengono fatti sconti) dovrebbe rispondere con un totale cambiamento di rotta: «Per “reagire” all’avanzata del disumano, bisognerebbe che la sinistra abbia il coraggio di osare fare un salto totale del pensiero: l’utopia realistica di una società nonviolenta, non certo basata sui principi spirituali o cristiani, ma sulla rivoluzionaria cura e sparizione del disumano nell’essere umano. Da una sinistra responsabile e davvero nuova, ci aspettiamo quell’urgente salto culturale, per praticare una contro-cultura sana e capace di risanare Psiche Europa».
L’autrice ne ha anche per il rovescio della medaglia, quello che alle pulsioni xenofobe contrappone la carità cristiana: non va bene, argomenta, perché l’uguaglianza che va rivendicata quando si parla di migranti e migrazioni non deve essere né quella religiosa né quella dei beni materiali, bensì l’uguaglianza della mente umana. Invece di essere affrontata in termini di diritti umani e cittadinanza, la questione immigrazione, scrive Murard-Yovanovitch, «retrocede a una dimensione di carità cristiana. D’altronde si sa che l’aiuto al prossimo, considerato come vittima, è una forma di potere sull’altro. Una violenza invisibile. L’immigrato non deve essere solo “aiutato”, ma considerato nella sua irriducibile umanità uguale alla mia. In termini né religiosi né di assistenzialismo, ma di uguaglianza psichica tra gli esseri umani».
Nella collezione di eventi c’è molto spazio per il racconto delle degradanti condizioni di vita nei Cie (che in un’intervista alla fine del volume lo scrittore Erri De Luca rinomina «Centri di Infamia Estrema»): una situazione che si trascina da anni, se si considera che le cronache raccolte partono dal 2009.
Come testimonia anche il racconto degli sbarchi e dei naufragi nel Mediterraneo, sono ormai anni che l’Italia affronta l’emergenza, ma l’emergenza sembra ormai diventata permanente. Ogni volta la storia si ripete, vale nel 2011 come vale tuttora, il passato sembra non contare, se è vero che si conferma di stringente attualità quanto l’autrice scriveva già nel 2010: «Senza una rivoluzione interna europea, ogni presa di posizione verso il contenimento poliziesco del fenomeno migratorio, oltre che essere il sintomo della malattia terminale della sinistra che sceglie di rincorrere fascisti e leghisti, segna la sua drammatica complicità verso l’abisso culturale di una Europa senza diversi».
Certamente la teoria da cui parte l’autrice è quantomeno ardita e forse anche discutibile – interpretare la xenofobia nel quadro delle malattie della psiche rischia di non giovare alla comprensione delle dinamiche politiche, propagandistiche, fortemente razionali e “studiate” che spesso animano comportamenti e azioni discriminatorie, specialmente quando queste vengono attuate dalle stesse istituzioni, si giovano della loro complicità o sono funzionali a un certo consenso politico. Allo stesso tempo, va certamente accolta la necessità di riportare la questione immigrazione nel quadro del rispetto dei diritti umani – quelli che vengono negati negli sbarchi, nella finta accoglienza dei profughi, nei Cie – come va accolta la denuncia di tutte le violenze e gli episodi di disumanità che si sono verificati nel 2009, nel 2010, nel 2011, nel 2012, nel 2013 e che purtroppo continuano a verificarsi tuttora. Il saggio si ferma ai primi sbarchi dei profughi in fuga dalla Siria, nell’agosto 2013, e a un mese di distanza dal tragico naufragio del 3 ottobre al largo di Lampedusa, che per pochi giorni diede l’impressione di poter scuotere le coscienze della politica italiana ed europea. L’impressione fu vana: già quando l’autrice scrive (a novembre, un mese dopo) ai superstiti era stato impedito di partecipare ai funerali delle vittime. Purtroppo il «mosaico del disumano» raccontato da Flore Murard-Yovanovitch continua fino ai nostri giorni: sono cambiati i Governi ma Cie, accoglienza mancata, naufragi, morti in mare e discriminazioni sono tutti là, a ricordarci che la soluzione non è stata trovata. E soprattutto, neanche cercata.
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Titolo: DERIVE. Piccolo mosaico del disumano
Autore: Flore Murard-Yovanovich
Editore: Stampa Alternativa
Pagine: 190
Prezzo: 13 €
Anno di pubblicazione: 2014