Mercenari, odio religioso, fake news. Cronache dal Medio Oriente di mille anni fa

Il loro nome entrò presto nelle lingue e negli incubi dell’Europa. Dante usa il termine nell’Inferno: “Io stava come il frate che confessa/ lo perfido assassin…”. Marco Polo racconta – per sentito dire, come Oderico da Pordenone e altri viaggiatori medievali – del “Veglio della montagna” che addestra giovani “assessini” in un paradiso artificiale di latte, miele, sesso sfrenato e droga. Assassini da hashishin, consumatori di hashish, cannabis, secondo i diffamatori. Questa etimologia, consolidata agli inizi dell’Ottocento dall’orientalista Silvestre De Sacy, gli è rimasta appiccicata. Ma secondo gli studi più recenti sarebbe pura invenzione, come gran parte delle leggende attorno alla famigerata setta.

Il primo europeo a parlare di una setta di ismailiti armati stanziati nelle montagne tra Siria e Iran, e a chiamarli Hashishin, era stato Beniamino di Tudela, un rabbino partito da Saragozza per un viaggio che lo avrebbe portato sino in Persia e a circumnavigare la penisola arabica, passando per Roma, Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Gerusalemme, Damasco e Baghdad. Era un osservatore attento, accurato come se lavorasse per il Mossad. Riferisce tra le altre notizie che in mezzo a loro vivevano quattro congregazioni ebraiche che si univano a loro in battaglia.

Gli Assassini operavano in una vasta area tra i territori che oggi sono Iran, Iraq e Siria, ma con propaggini sino in Afghanistan e in Libia. Si richiamavano, come gli sciiti dei nostri giorni, ad una branca minoritaria dell’islam. Erano ai ferri corti con la maggioranza sunnita che ancora oggi domina il mondo arabo e islamico. Ammazzavano e venivano ammazzati, in un’epoca in cui i massacri erano all’ordine del giorno (come oggi). Soprattutto da altri musulmani (esattamente come oggi). Resistevano ai Turchi che premevano anche su Bisanzio. Sarebbero stati spazzati via da un nemico molto più temibile dei Turchi, e provenienti molto più da Est: i Mongoli.

L’epopea era durata un secolo e mezzo. Alla testa della setta si erano alternati dal 1090 al 1256 ben otto “grandi vecchi”, con impressionanti giravolte dottrinali e di alleanze politiche. Spesso furono usati dai Crociati cristiani e occidentali che occupavano parte della regione. Offrivano servizi prezzolati al miglior offerente. I Templari ne copiarono l’organizzazione segreta e le tecniche di assassinio. Secondo alcune fonti il curdo e sunnita Saladino temeva di essere assassinato da loro. Secondo altre Saladino era invece in buoni termini con loro, se ne serviva. Sarebbe stato proprio Saladino a commissionargli, nel 1192, l’uccisione, da parte di sicari travestiti da frati, di Corrado del Monferrato, appena fatto re di Gerusalemme. Ma c’è chi tra gli storici ritiene più probabile che il mandante fosse il leader crociato rivale Riccardo Cuor di Leone (sì, proprio lui, il Re d’Inghilterra amico di Robin Hood), oppure addirittura San Luigi di Francia.

Sono passati quasi mille anni, e ancora non è del tutto chiaro chi da quelle parti ammazzi chi, per ordine o su istigazione di chi, chi usi chi, e per esattamente quali fini. Basta un nonnulla per confondere i ruoli. Prendiamo un esempio dalla cronaca recente. Il generale Suleimani, comandante delle operazioni militari iraniane all’estero, è stato assassinato? Senza ombra di dubbio, Trump ne ha fatto ragione di vanto. Era un assassino? Anche se rispondessimo decisamente sì saremmo solo all’inizio di una sequenza di altri interrogativi, senza risposta. Chi ne trarrà vantaggio? Dove si va a parare? Perché abbiamo la sgradevole sensazione che Cia e colleghi non ne sappiano molto più degli autori di Assassin’s Creed e del Principe di Persia?

Quanto ne sappiamo, e quanto è clichè dettato dalla nostra ignoranza? Per il passato remoto, è ormai un classico il ponderoso studio (520 pagine) dell’insigne islamista dell’Università di Chicago, Marshall G.S Hogdson, che ora esce da Adelphi per la prima volta in traduzione italiana a cura di Svevo d’Onofrio. Il titolo, L’ordine degli assassini, è quello dell’edizione originale del 1954. Il sottotitolo: “La lotta dei primi ismailiti nizariti contro il mondo islamico”, già smentisce alcuni luoghi comuni: non ce l’avevano con i crociati, i cristiani, tanto meno con gli ebrei, ma soprattutto con gli altri musulmani, erano ismailiti, una branca dell’islam sciita.

Hogdson era predisposto all’empatia con chi si ritrova in minoranza: era quacquero, pacifista, fu imprigionato per non aver voluto prestare servizio militare durante la Seconda guerra mondiale. Gli devono molto tutti gli studiosi che sull’argomento hanno cercato di distinguere tra storia, leggende e fake news, compresi Bernard Lewis (The Assassins. A Radical Sect in Islam, 1967) e Farhad Daftary (The Assassin Legends. Myths of The Isma’ilis, 1994). È curioso che nessuno di questi studiosi abbia rinunciato, nei titoli dei loro libri, al termine che li aveva resi odiosi per definizione.

 

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su La Repubblica del 29 febbraio 2020

Titolo: L'ordine degli Assassini

Autore: Marshall G.S Hogdson

Editore: Adelphi

Pagine: 522

Prezzo: 27,20 €

Anno di pubblicazione: 2019



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *