E se ne è andato anche lui, Aldo Tortorella a 98 anni. Nato a Napoli ma di estrazione culturale milanese. L’ultimo della grande generazione togliattiana del Partito comunista italiano (Pci), quella dei Bufalini, Ingrao, Reichlin, Amendola. Lo stesso Berlinguer. Avevamo da poco esultato per una bella intervista rilasciata ad Antonio Gnoli su Robinson. Che ne metteva in risalto la vitalità e l’energia. La lucidità politica. E invece ecco l’ennesimo strappo che colpisce la biografia di chi scrive e che quegli intellettuali togliattiani aveva fatto in tempo a conoscerli uno a uno.
È la perdita di un uomo che fu compendio di una tradizione, di un modo d’essere, di uno stile di fedeltà e di libertà di coscienza. Mi sovviene un ricordo dell’Eliseo a Roma, 1977, la famosa adunata culturale sull’austerità come modo di produrre, una via coraggiosa non solo tattica, a un’economia con elementi di socialismo. Mi colpì il suo elogio della militanza, della “noia” e dei sacrifici che essa comporta. Traspariva in quel teatro il disagio per la linea del compromesso storico che Aldo non condivideva fino in fondo, ma che cercava di piegare a sinistra verso una economia democratica basata su diversi consumi. Ma era anche una confessione non retorica della sua maniera di stare al mondo, prima da allievo brillante di Antonio Banfi, razionalista critico e maestro anche di Rossanda, e poi da partigiano, Alessio il suo nome di battaglia, segretario di federazione, responsabile culturale, direttore di Rinascita e de L’Unità, quattro volte parlamentare, eminente membro della direzione Pci, e infine dissidente sulla Svolta di Occhetto del 1989, ma leale e costruttivo fino all’ultimo.
“Partito comunista democratico” allora per lui l’aggettivo poteva bastare, in quella svolta, così come per Chiarante e Ingrao, non per me e per gli altri del sì.
E su questo ci si divideva, anche se a volte a ripensarci ci viene voglia di darci un po’ torto e dare a lui ragione, visti certi epiloghi di sradicamento ideale. Su un punto aveva ragione: la democrazia radicale e civica del Partito democratico della Sinistra (Pds) metteva in ombra legami di Massa ed emancipazione socialista e post capitalista. E quindi nel fondo su certe criticità ci si intendeva, al di là del nome della “cosa”, anche perché con lui si poteva parlare di Kant e Husserl, e di via al socialismo, di Marx e revisione del marxismo, di stampa e comunicazione. Di democrazia ed etica, che erano le sue ossessioni. Insomma di come riprendere un cammino spezzato che ci rivide insieme umanamente e amicalmente, quando con Mussi facemmo l’ultima battaglia contraria alla confluenza nel Partito democratico. Lui che restò nel Pds era infatti uscito senza clamori dai Democratici di Sinistra (Ds) nel 2001, ma stava nei pressi, con la sua associazione per il rinnovamento della sinistra e la nuova versione di Critica Marxista a cui seppe data nuova linfa e nuova veste. Chiamando ancora al lavoro culturale studiosi e militanti. E fu un onore averlo conosciuto e frequentato, averlo intervistato più volte.
Molto ci divise negli anni ‘80 anche sul tema dell’alternativa di sinistra e del berlinguerismo identitario e al capolinea. A Tortorella non piaceva la solidarietà nazionale ma fu in segreteria nel 1981 con Berlinguer sulla linea della “alternativa democratica”, contro Bufalini, Chiaromonte e Macaluso. Linea fortemente anti socialista e a nostro avviso ancora privilegiante come asse la Dc. E tuttavia malgrado i dissensi, Aldo ai miei occhi incarnò e rappresenterà sempre due valori indelebili. La fedeltà alla propria storia e l’autonomia morale e intellettuale che sopravanza tutto e che non mente. Marx con Kant in definitiva, la politica e la ragion pratica, senza più finzioni e doppiezze o arcana imperii della ragion di Stato o di partito. C’era in questo la polemica contro lo storicismo giustificazionista e contro le chiusure verso le avanguardie e lo sperimentalismo espressivo dell’arte contemporanea. Aldo era molto legato agli artisti di Brera, alla neo avanguardia anni ‘60, e alle nuove soggettività, femministe e ambientaliste. E si sforzò di tenere tutto dentro il Pci e attorno ad esso. Nel segno di un razionalismo critico marxista e libertario, quello di Antonio Banfi appunto, del quale fu allievo alla Statale di Milano. E proprio mentre cospirava con Eugenio Curiel, il fisico de La Nostra Lotta, teorico della “democrazia progressiva”, ucciso dai nazifascisti. Uomo oltretutto coraggioso, che fu incarcerato per una soffiata ed evase, non solo quindi un chierico brillante.
Perciò lo salutiamo commossi e grati. Addio compagno Alessio partigiano. Partigiano avrebbe detto lui con la sua leggendaria “r” arrotondata.
Addio Aldo. “Addio vecchio”, chiamava tutti così. E grazie.
Foto di copertina: un ritratto di Aldo Tortorella (Wikimedia Commons).
Grazie Bruno, geazie di un grande ricordo così carico di valori, pensieri, vita, conquiste e speranze di tanta parte del popolo italiano lavoratore e combattente, e di noi, tanti di noi che la lotta per l’emancipazione e la libertà hanno avuto per la loro vita!
Piango, ora, sul serio e pieni gli.occhi di lacrime, sentendomi insieme orgoglioso dell’esser stato e ferito, sanguinante, dai disastri attuali.
Grazie ancora, sei dei.pochi che mi fanno respirare, ciao Bruno caro!