Nelle presidenziali polacche
l’Ucraina è l’ago della bilancia

Il 18 maggio le cittadine e i cittadini polacchi si recheranno a votare per il primo turno delle elezioni presidenziali. Il molto probabile ballottaggio è previsto per il primo giugno. Dopo un anno e mezzo di governo, la coalizione centro-liberal-progressista – formata dai partiti Coalizione Civica, Terza Via e Lewica e guidata da Donald Tusk – è chiamata a un vero e proprio test di validazione, che a seconda dell’esito, avrà importanti ripercussioni sulla legislatura.

Dal punto di vista tecnico il Presidente della repubblica polacca, oltre ad avere un ruolo di rappresentanza, è il capo delle forze armate, e ha potere di veto sulle leggi promulgate dal Parlamento. Proprio quest’ultimo aspetto è stato una delle spine del fianco dell’attuale esecutivo, a causa dell’utilizzo che ne ha fatto il presidente uscente Andrzej Duda, espressione dei conservatori di Diritto e Giustizia (PiS), a capo dello Stato per due mandati consecutivi dal 2015 ad oggi.

 

I favoriti

Fino a un paio di mesi fa l’esito di queste elezioni sembrava poco più che una formalità a vantaggio di Rafał Trzaskowski, sindaco libdem di Varsavia, candidato di Coalizione Civica (KO), il partito di Donald Tusk, che ha già partecipato alla corsa presidenziale nel 2020 perdendo proprio contro Duda per poche migliaia di voti. Tra fine novembre e inizio dicembre i sondaggi gli assegnavano un vantaggio tale da permettergli sonni tranquilli, oggi non è più così. Le ultime rilevazioni lo danno al 35,9 per cento. Se il passaggio al ballottaggio è scontato, resta da vedere chi sarà il suo sfidante, in un quadro che si fa sempre più incerto.

Attualmente il secondo posto dei sondaggi è occupato da Karol Nawrocki, candidato di bandiera di Diritto e Giustizia, accreditato al 27,1 per cento. Nawrocki è stato una scelta a sorpresa, non avendo nessuna esperienza politica. Dal 2021 è il presidente dell’Istituto per la Memoria Nazionale, istituzione finita al centro delle critiche sotto la sua gestione per l’eccessiva politicizzazione. Precedentemente aveva guidato in maniera altrettanto controversa il Museo della Seconda guerra mondiale. Anche lui fino a qualche settimana fa si sarebbe detto sicuro di arrivare al secondo turno, ma ora deve cominciare a guardarsi alle spalle.

Il terzo incomodo è Sławomir Mentzen, candidato di Konfederacja, partito di ultradestra nazionalista e liberista, una sorta di AFD in declinazione polacca. I sondaggi lo danno in continua ascesa, oggi è al 19,4 per cento, ma il suo indice di crescita è molto superiore a quello di Nawrocki. Mentzen riscuote successo soprattutto tra i giovani, tra gli scontenti della vecchia politica rappresentata da Diritto e Giustizia e Coalizione Civica, e da quella fetta popolazione, piccola ma da non sottovalutare, che comincia a essere insofferente del sostegno all’Ucraina. Una delle caratteristiche di Konfederacja è infatti quella di essere l’unico partito apertamente anti ucraino, per non dire filorusso.

A sinistra il candidato di PiS, Karol Nawrocki, in una foto scattata da Andrzej Iwanczuk (NurPhoto via AFP). A destra, Rafal Trzaskowski, di Coalizione Civica (foto di Klaudia Radecka / NurPhoto via AFP).

Il tema ucraino nella campagna elettorale

Sono proprio gli sviluppi della guerra in Ucraina e i rapporti con gli Stati Uniti, ad essere diventati il tema dominante della campagna elettorale, molto di più di quanto non lo fosse stato alle elezioni parlamentari del 2023. Il cambiamento di rotta dell’amministrazione americana sul conflitto rischia di rivoluzionare l’ordine mondiale e il posizionamento europeo nello scacchiere internazionale, uno scacchiere in cui fino a oggi Varsavia si è trovata al centro della scena.

È noto come la Polonia sia il Paese perno della difesa del fianco orientale della NATO, attraverso cui in questi anni è passata la stragrande maggioranza degli aiuti militari e umanitari all’Ucraina.

Gli Stati Uniti, verso cui la Polonia versa un forte debito di riconoscenza per il contributo dato nella lotta al comunismo, rappresentano oggi per Varsavia soprattutto una cosa: la più grande garanzia di sicurezza. Non solo per i 10mila soldati americani stanziati sul territorio, per le basi militari e gli armamenti, ma anche per gli intrecci commerciali e politici sviluppatisi negli anni.

Per questo motivo nel momento in cui Stati Uniti e Ucraina sono entrate in rotta di collisione, questo per la Polonia è diventato un tema politico molto delicato. Da una parte il più grande e storico alleato, dall’altro il Paese per la cui liberazione tanto si è speso e che da tre anni è impegnato a respingere l’invasione di quello che per la Polonia è un nemico storico: la Russia.

C’erano dei dubbi soprattutto sulla linea che sarebbe stata adottata da Diritto e Giustizia, per certi versi il partito più trumpiano d’Europa, per spiegare ai suoi elettori che Trump si era improvvisamente allineato con Mosca.

A sciogliere le riserve è stato l’ormai celebre scontro alla Casa Bianca del 28 febbraio. I conservatori polacchi hanno addossato a Zelensky l’intera colpa del fallimento, definendo folle e irrispettoso il suo comportamento nello Studio Ovale. E d’altra parte difficilmente avrebbe potuto essere altrimenti. Qualche giorno prima Duda era volato a Washington, dove aveva ricevuto ampie rassicurazioni sull’impegno americano a non abbandonare la Polonia e lo stesso Trump lo aveva definito pubblicamente “un caro amico”. Lo stesso Duda aveva raccomandato a Zelensky di intrattenere un dialogo costruttivo con il presidente americano. L’idea è che la via per arrivare alla pace sia quella segnata da Trump e che non vada ostacolata in alcun modo.

 

 

Gli attriti Varsavia – Washington

L’altro fronte di attacco si è rivelato quando il candidato alla presidenza Karol Nawrocki ha accusato Tusk di antiamericanismo per alcune sue critiche al comportamento tenuto da Trump nelle ultime settimane.

Il premier polacco non si trova infatti in una posizione semplice. Qualche giorno fa ha pronunciato in Parlamento un discorso dai toni gravi in cui ha prospettato tempi difficili se l’Ucraina dovesse perdere questa guerra, anche alla luce delle nuove politiche americane. La preoccupazione è per un eventuale disimpegno a stelle e strisce dalla regione, ragion per cui Tusk ha annunciato che la spesa per la difesa continuerà ad essere pari a circa il 5 per cento del PIL anche nei prossimi anni e ha sottolineato la necessità di agire con decisione all’interno della cornice europea.

Pur consapevole dell’importanza di mantenere stretti i rapporti transatlantici, Tusk è infatti uno degli alfieri di quell’europeismo che Trump e i MAGA vedono come il fumo negli occhi e non è difficile ipotizzare che proprio per questo a Washington preferirebbero di gran lunga veder vincere il candidato conservatore anziché quello liberale.

Si può leggere sotto questo punto di vista anche così il litigio a suon di post su X tra il ministro degli Esteri Radosław Sikorski ed Elon Musk. Il miliardario sudafricano aveva appena detto che se avesse spento i satelliti Starlink sull’Ucraina, la linea di difesa di Kyiv sarebbe crollata immediatamente. Sikorski aveva quindi fatto notare, piccato, che la Polonia paga 50 milioni di dollari all’anno per garantire questo essenziale sistema di comunicazione agli ucraini, affermando che se il fornitore (Space X) si fosse dimostrato inaffidabile Varsavia avrebbe guardato altrove. La risposta di Musk è stata carica di disprezzo, al punto da definire il capo della diplomazia polacca “un ometto”.

Inquietante anche la risposta del Segretario di stato Marco Rubio, secondo cui la Polonia dovrebbe ringraziare Starlink, senza il quale la Russia avrebbe vinto la guerra da tempo e sarebbe già ai suoi confini. Forse ignorando che la Polonia con la Russia ci confina già di suo attraverso l’oblast di Kaliningrad.

A stretto giro di posta è seguito un nuovo attrito, dopo che il vicepremier Krzysztof Gawkowski ha preannunciato – a quanto pare senza consultare gli alleati – una tassazione sui profitti delle Bigh Tech, un tasto molto sensibile per gli Stati Uniti. La dichiarazione, fatta probabilmente non con il miglior tempismo in tempi di guerre commerciali, ha fatto drizzare le antenne al prossimo ambasciatore americano in Polonia Thomas Rose. “Ritirate l’imposta per evitare conseguenze! Il presidente Trump risponderà con ritorsioni”, ha tuonato sempre su X.

Ovunque la si guardi, i due mesi che mancano da qui alle elezioni promettono di essere estremamente turbolenti sulla rotta Washington-Varsavia.

 

 

Immagine di copertina: i due candidati al momento favoriti alle presidenziali polacche. A sinistra il candidato di PiS, Karol Nawrocki, in una foto scattata da Andrzej Iwanczuk (NurPhoto via AFP). A destra, Rafal Trzaskowski, di Coalizione Civica (foto di Klaudia Radecka / NurPhoto via AFP).

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