L'entusiasmo degli ex Dc per il riservato Mattarella

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“Il pensiero va innanzitutto alle difficoltà e alle speranze dei nostri concittadini.” Con queste parole Sergio Mattarella si presenta agli italiani come dodicesimo presidente della Repubblica. È sabato 31 gennaio 2015 e il Parlamento riunito in seduta comune l’ha appena eletto con 665 voti che equivalgono a poco meno dei due terzi dell’assemblea.

Dalla Sala Verde della Congiunta, dove la Presidente della Camera Laura Boldrini gli comunica ufficialmente l’avvenuta elezione, Mattarella manda il suo pensiero agli italiani, senza aggiungere altro. Solo un inciso, prima di fuggire via dalle telecamere: “È sufficiente questo”. Incastonato tra le ultime tre parole è il carattere del primo capo dello Stato di origini siciliane: “sobrio ma attento alle necessità della gente”, commenta il vicesegretario del PD Lorenzo Guerini.
Dopotutto è lo stesso Partito Democratico a ripetere come un talking point che Sergio Mattarella è “un galantuomo”. Alla vigilia della quarta votazione – quella in cui il quorum calerà e il Partito avrà il compito di sostituire alla scheda bianca quella con il nome di S.Mattarella – è questa la frase ripetuta ai media sia dal premier Renzi che dal Ministro per le Riforme Maria Elena Boschi: “Eleggiamo Mattarella, un galantuomo”.

Di fronte ai flash e agli obiettivi, il giudice costituzionale Mattarella, palermitano classe 1941, nasconde l’emozione dietro a un sorriso tirato. Il suo carattere riservato trova conferme nel racconto fatto dal giornalista Marco Damilano: “Non esistono sue dichiarazioni televisive, risse in un talk show, foto sotto l’ombrellone. Disperazione tra i cronisti. Ieri, a quanto raccontano, si era concordato un set in una via del centro di Roma, al riparo dai curiosi, per scattare qualche foto del nuovo Capo dello Stato da spedire sui circuiti internazionali alla grande stampa estera. Niente da fare, il candidato ha fatto sapere che preferiva aspettare.”

Già aveva avvisato sulla sua discrezione anche Pierluigi Castagnetti, segretario di quel Partito Popolare Italiano che lo stesso Mattarella aveva contribuito a fondare: “Penso che farà poche esternazioni, pochissime battute. Sarà un interlocutore più delle istituzioni che del popolo, molto attento a non invadere le sfere di competenza del governo e del Parlamento. Mi aspetto che sia un elemento di garanzia per il funzionamento del sistema” – aveva detto in un’intervista all’Huffington Post qualche giorno prima dell’elezione. Nella stessa occasione ne aveva evidenziato il lato riformista: “Sergio sarà un presidente che assomiglierà più a Einaudi che a Pertini, un custode della Costituzione, poco interventista. Ma nessuno pensi che sia un conservatore. Sarà un custode rigoroso ma anche apertissimo alle riforme. […] Da quanto è in politica, Mattarella è sempre stato impegnato sul versante del cambiamento, anche per quanto riguarda la Costituzione, fermi restando i principi cardine. La sua è sempre stata un’intelligenza al servizio del cambiamento, altro che immobile”.

Assicura il rispetto e “l’affetto” di Mattarella per la Carta Costituzionale anche la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi, che si mostra felice di avere come nuovo Capo dello Stato una personalità proveniente dalla cultura del cattolicesimo democratico. E al contempo rassicura: “Non è la rinascita della balena bianca” – chissà se con riferimento all’articolo apparso sul Corriere della Sera dello stesso 31 gennaio, a firma Gian Antonio Stella. Il titolo: “«Risorgeremo, come Lazzaro». Si avvera la profezia degli ex dc”. Uno stralcio esemplificativo: “Esulta Pomicino dall’Inghilterra, «è il trionfo della Prima Repubblica. Dopo vent’anni tutti questi innovatori hanno dovuto cercarsi un inquilino del Colle scegliendolo tra i protagonisti o i comprimari della Prima Repubblica. Ci faccia caso: neppure uno, dei nomi presi in considerazione, è figlio della tanto mitizzata Seconda Repubblica. Per non dire di altre cose». Esempio? «Il trucco di saltare con la scheda bianca le prime tre votazioni, più complicate, è platealmente figlio di una certa cultura dc»”.

Uscendo dai confini italiani, c’è il Financial Times a presentarlo come “un nemico della mafia” – ponendo l’accento su una qualità che va oltre lo stereotipato binomio che all’estero associa l’Italia alla criminalità organizzata. Negli ambienti antimafia il cognome Mattarella evocava forse di più il nome del fratello maggiore di Sergio, Piersanti (anche lui politico tra le fila della DC) ucciso dalla mafia il 6 gennaio del 1980. Congratulandosi con il nuovo Presidente della Repubblica, ha rivolto un pensiero a Piersanti l’attuale sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.

“Ho votato con orgoglio siciliano Sergio Mattarella Presidente della Repubblica”, ha invece scritto su Twitter il Ministro dell’Interno Angelino Alfano. Lui che a un certo punto aveva minacciato di andare contro le direttive del “suo” premier e tentare piuttosto un rinnovato fronte con Berlusconi; lui che per tutta risposta proprio dal “suo” premier si era sentito replicare “Se vuoi fare la figura dell’incoerente, accomodati”, alla fine si è fatto convincere dall’ “orgoglio siciliano”.

Sempre su Twitter, Matteo Renzi si sintonizza con la sobrietà del nuovo Capo dello Stato: “Buon lavoro, Presidente Mattarella! Viva l’Italia”. Una frugalità che invece, a sorpresa, una volta tanto non arriva da Francesco, anzi solenne e formale nel rivolgere a Mattarella “deferenti espressioni augurali per la sua elezione alla suprema magistratura dello Stato italiano”.

 

I tweet del governo Renzi

 

Le congratulazioni dai Presidenti di Camera e Senato

 

Rallegramenti dall’estero

 

Auguri e polemiche da destra

 

I tweet dalle redazioni

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