Una fase nuova è possibile e forse sta cominciando per la politica italiana. Il cambiamento sembra poter passare attraverso una metamorfosi dei partiti. L’avvio più promettente è quello avvenuto sul lato della sinistra: il trionfo di Matteo Renzi annuncia una stagione decisamente diversa rispetto alla tradizione lunghissima del partito ideologico, del partito con una identità, una fisionomia e un marchio di fabbrica inconfondibili, e anche rispetto alla fase federativa, quella delle fusioni che avrebbero dovuto consentire le grandi auspicate “confluenze” di anime riformiste, come nei “merge” di grandi aziende che mescolano in proporzione azionisti e consiglieri di amministrazione.
Questo tempo sembra passato e le primarie dell’8 dicembre, sia pure con qualche residua titubanza, sembrano promettere il passaggio a una forma di partito, che non sarà più “leggera” o più “pesante”, ma dovrà distinguersi esattamente nel fare della sua base il rapporto con gli elettori e non solo con i suoi iscritti o tanto meno i suoi “quadri” o i suoi capicorrente. Sarà cioè essenzialmente, in caso di successo un “partito elettorale”, vale a dire capace di attrarre una maggioranza di voti sufficiente a governare. Dovrà cioè mettere in atto quella ”vocazione maggioritaria” che è echeggiata negli atti di nascita del Partito democratico, che è stata per un po’ sostenuta ma senza la necessaria determinazione, da Veltroni e Franceschini, e poi decisamente abbandonata da Bersani. (come bene si spiega qui nell’analisi di Paolo Gentiloni).
Sul versante della destra la vicenda evolutiva è ancora molto complicata. Da una parte Berlusconi, con la estrema personalizzazione del partito ha anticipato un aspetto vincente del partito elettorale, dall’altra, a causa dei vizi congeniti della sua “persona” politica (il conflitto di interessi, la natura patrimoniale e aziendale del suo potere, i comportamenti sanzionati come illegali e corrotti) ha ostacolato e tuttora impedisce la nascita di una moderna destra italiana. E sembra tuttora capace di un potenziale elettorale maggiore degli oppositori (Alfano e c.) che di quel bagaglio ingombrante desiderano liberarsi.
Il passaggio a una nuova stagione sarà chiaro e definitivo se si adotterà un sistema elettorale come quello che, non a caso, desidera Renzi: un sistema che consenta agli italiani di decidere chi mandare al governo, il che significa che dopo il voto si deve sapere chi ha vinto e chi ha vinto deve poter lavorare per cinque anni. Formula solo tatticamente vaga, ma indirizzata verso una soluzione maggioritaria.
La transizione dal vecchio Pd, erede ancora di tante caratteristiche, tic, debiti e dirigenti della vecchia guardia al nuovo partito, che dovrà emergere da una non semplice metamorfosi, non è ad esito garantito. Nel sistema politico italiano sembra difficile da cancellare, anche agli occhi di tanti elettori legati alle vecchie sigle dell’estrema sinistra, dell’estrema destra, del centro, un margine residuo per accordi di coalizione o per pure testimonianze legate a una lunga storia di scontri ideologici e di proporzionalismo. Ma il cammino sembra ormai intrapreso. Ancora durante le primarie sembrava che la prospettiva di Renzi dovesse entrare in una collisione incomponibile con tutte le vecchie anime e correnti della tradizione del partito. Ma è ormai chiaro agli occhi di tutti che la natura “esterna” (per usare una definizione di Mauro Calise) della leadership ha rappresentato proprio il punto di forza della ascesa di Renzi. Chi lo ha votato, alle primarie, in misura così ampia, quasi il 70%, non lo ha fatto perchè, o solo perché, il sindaco di Firenze gli piaceva più degli altri, ma soprattutto perché ha visto in lui il candidato capace di convincere la maggioranza degli elettori italiani. E data la natura della competizione che si è conclusa l’8 dicembre, siamo ora in condizioni di vedere quanto assurdo era e sarebbe ogni tentativo di separare la segreteria del partito dalla candidatura alla guida del governo.
Ho seguito l’intera metamorfosi del PD dalle origini al PD Odierno.
Non ho mai amato Moretti ma gli riconosco una sacrosanta verità,
CONTINUIAMO A FARCI DEL MALE (On.Speranza On.Bersani, escludo On.Cuperlo per la sua spiccata intelligenza e la sua calma olimpionica.
Debbo riconoscere che oggi l’unico politico che ha gli attributi per
gestire questo difficile paese è Matteo Renzi.
Penso che per l’On. Bersani sia giunta l’ora della meritata pensione!
Grazie per quel poco che ha saputo e potuto fare per il nostro paese.
Ma come tutti i grandi personaggi hanno delle visioni diametralmente
opposte alla realtà.
Se Matteo Renzi non capisce che è arrivato il momento di ascoltare il
70% degli Italiani in merito all’immigrazione, il NO prevalerà!
Solo con l’inizio di rimpatri di immigrati che non hanno il diritto,
da dove provengono( LIBIA) Tutto il resto sono chiacchiere al vento!
Gli Italiani aspettano solo questo segnale.
Non rimpatriamo neppure chi nonostante senza permessi hanno già commesso
svariati reati incluso lo spaccio di droghe e violenze nei confronti delle donne.
QUESTO E’ ASSURDO IN UN PAESE CIVILE. Mi chiedo a che cosa serva un ministro della giustizia, se non interviene, anche solo con decreto legge per questi casi che ogni giorno si ripetano.
L’ESPULSIONE PER CHI NON HA ASSOLUTAMENTE DIRITTO E PER CHI SI MACCHIA
DI RIPETUTI REATI.
GLI ITALIANI NON NE POSSO PIU’!!!!
Solo quest’azione può salvare il SI e l’Italia da un periodo molto difficile e incerto!
L’articolo è condivisibile laddove si argomentano le ragioni per le quali Renzi ha avuto un consenso notevole dagli elettori. Vocazione maggioritaria, natura esterna della leadership, d’accordo. Sono invece trascurati, secondo me, degli aspetti che nella nuova fase dovrebbero essere evidenziati. Ad esempio la cosa che non è toccata nell’articolo, e mi interesserebbe conoscere cosa pensa Bosetti, è il ruolo che dovranno svolgere gli iscritti tra un’elezione e un’altra. Gli iscritti hanno svolto un ruolo importante nell’organizzare le elezioni e hanno contribuito in modo significativo alla vittoria di Renzi. Gli iscritti sono una parte importante della vita di un partito, soprattutto quando la ditta non funziona e c’è bisogno del leader personale e carismatico. E’ opportuno, secondo me, che gli stessi iscritti, nel nuovo contesto maggioritario e tra un’elezione e l’altra, continuino ad organizzarsi seriamente e siano organizzati dallo stesso leader al fine di promuovere la partecipazione dei cittadini e svolgere non solo azioni di consenso ma anche di controllo e di orientamento rispetto alle scelte di governo. Naturalmente l’organizzazione degli iscritti, in questa fase nuova, va ripensata attentamente ma non può essere omessa. Per il bene del partito e dello stesso leader. A meno che non si pensi che il controllo e l’orientamento lo possano dare solo i giornali e i politologi del momento. A quel punto l’organizzazione degli iscritti finirebbe per identificarsi in tanti comitati elettorali che sono mobilitati solo alle scadenze elettorali.
Un partito elettorale come quello richiamato nell’articolo é quanto di piú simile ci possa essere in Europa rispetto ai partiti statunitensi. Immagino che il ruolo degli iscritti debba essere funzionale ad una simile trasformazione in cui l’aspetto del comitato elettorale possa e debba essere prioritario anche se non esclusivo… D’altra parte tra un elezione e l’altra (comunali, regionali, europee, nazionali, referendum ed altro) non sarebbe neppure un impegno da poco, se si considerano una serie di necessitá di democrazia interna quali, ad esempio, primarie a tutti i livelli…
Sig. Alessandro, si rassegni.
Noi iscritti siamo solo “bassa manovalanza” per i periodi elettorali ed allestire le Feste.
Renzi ed il suo modo di fare politica sono figli del Berlusconismo che considera il cittadino come elettettore-consumatore.
A dimostrazione di questo è il continuo richiamo di Renzi al fatto che “3 milioni” l’hanno votato per giustificare tutto quello che propone.
Infine, a molti è sfuggito che dovevamo eleggere un Segretario di un Partito e non erano le Primarie per il Candidato alla Presidenza del Consiglio.