Il filosofo Benedetto Croce moriva a Napoli il 20 novembre 1952. In occasione dell’anniversario pubblichiamo questo dossier.
C’è qualcosa che non va. Ci hanno raccontato che Benedetto Croce era un filosofo provinciale, espressione di un’Italietta piccola e bigotta. E che il suo è un pensiero retrivo, non al passo coi tempi: nemico, ad esempio, della scienza e della modernità. E che fosse provinciale e arretrato è diventato luogo comune. E in molti, anche fra coloro che non erano pregiudizialmente ostili, ci hanno creduto.
E’ una idea che ha preso corpo nel mondo degli studi a partire dagli anni Cinquanta. E non credo per colpa del marxismo, non almeno di quello gramsciano e togliattiano. Direi che la responsabilità è maturata in un ambito che in senso lato e non circoscritto potremmo definire neoilluministico. E penso agli Abbagnano, ai Bobbio, a tanti altri. E ai marxisti sì, ma a quelli che hanno contrapposto alla tradizione gramsciana e storicistica un’altra tendente al positivismo, ad esaltare gli aspetti di “scientificità” del filosofo di Treviri: da Galvano Della Volpe e il suo allievo Colletti a Mario Tronti e a tanti altri. E’ passato tanto tempo e molta acqua sotto i ponti, anche nella cultura italiana. E oggi sempre nuovi documenti vengono fuori a dirci il contrario di quanto avevamo creduto. Provengono da studiosi a cui poco importa essere sostenuti da una certa parte politica e che lavorano con umiltà e solidità (penso, ad esempio, a due studiose come Daniela Coli e Alessandra Tarquini).
Oggi che pure tante vecchie e non sempre sane passioni sono ancora accese, ci sembra sempre più chiaro che il provincialismo certo c’è stato, ma è stato degli accusatori e non dell’accusato. Non è stato provinciale “importare” un po’ tutto da fuori e farne una miscela di teorie appicicaticce che non hanno attecchito sull’humus nazionale? Teorie che, soprattutto, non hanno fatto il percorso inverso e non hanno attraversato i confini alpini. Ed era arretrata una filosofia che aveva individuato, faccio solo un esempio fra i tanti che si potrebbero fare, nella Vita l’orizzonte del pensiero, molto prima di tanta biopolitica. E l’idea di un Croce nemico delle scienze non nasce da una lettura frettolosa di pagine mal digerite, se non è addirittura mossa da malafede?
I conti non tornano. Da tanti punti di vista. E figlie dei tempi, e da rifare, sono forse anche le benemerite storie della cultura dei Bobbio e dei Garin, ove lo storicismo e l’idealismo italiano erano stemperati in un mare magnum di teorie ad esso inconfrontabili per spessore intellettuale e influenza effettiva.
La cultura italiana degli ultimi cinquanta anni si è chiusa veramente a riccio, se sol si pensi all’opera e alla fortuna di Croce nel mondo al suo tempo (e anche questo è sempre più documentato). Egli, come diceva Antonio Gramsci, ha espresso “esigenze e rapporti internazionali e cosmopoliti”. E’ da lì che bisogna ripartire, dalla stagione che li generò entrambi, Croce e Gramsci, e che generò anche il rigoroso radicale pensiero di Giovanni Gentile. Sarebbe il modo migliore per onorare il filosofo a sessant’anni dalla scomparsa. Heri dicebamus…
Mi compiaccio che finalmente si cominci a parlare di Croce con più serietà di proposito e larghezza (o, meglio, spregiudiicatezza) di vedute; chè mai, io penso, la critica militante ha dato luogo a nefandezze o distorcimenti della verità come nel caso del filosofo napoletano, accagionandolo di pressapochismo intellettuale e morale, come vestali d’un tempio ideologico a mala pena appuntellato gridare e sgraffiarsi la faccia ad ogni di lui ragionata questione circa il carattere pratico delle c.d. scienze della natura o del diritto. E mi vien da pensare che il deserto culturale che s’è espanso fino a riempirsi di gridii che ovattano le menti d’un silenzio sordo ed irriducibile, faccia che ad inveire contro tanta elettezza e squisitezza d’ingegno possano essere sedicenti scienziati della risma d’un Odifreddi, che assume salir di statura sputando contumelie sui giganti del pensiero e attardandosi a strillare la sua indignazione contro la chiesa oscurantista, sicuro com’è di non incogliere nel rogo – non sempre abominevole, mi verrebbe da aggiungere.
indicare la filosofia di Croce come ostile alla scienza mi pare un azzardo, e se ciòfosse vero, sarebbe una contraddizione in termini rispetto alla sua teoria dei distinti. In quanto la scienza costituita da pseudo-concetti rientra nell’utile ,che come, tale nel circolo dei distinti è su un piano di assoluta parità,con il bello, il vero ed il buono…Il problema è semmai che nei riguardi di Croce, a sessant’anni dalla sua scomparsa non è in Italia avvenuta ancora un’opera di”urbanizzazione”della sua filosofia.