Incontrare, placcare, riuscire a parlare con Nicola Zingaretti inchiodandolo a sedere su di una sedia non è affatto facile, impegnato com’è in questi giorni in mille incontri, appuntamenti, iniziative sparse lungo l’arco di tutto il Lazio. Ma anche nella sede del suo Comitato elettorale, al primo piano di un palazzo “uso uffici” al 112 di via Cristoforo Colombo, non lontano dalla sede istituzionale della Regione che intende conquistare con il voto del 24 e 25 febbraio.
Ma è qui, nel suo quartier generale, attorniato da un nutrito staff di volontari che Zingaretti in genere incontra le categorie, i gruppi sociali, le persone con le quali si consiglia, confronta, chiede pareri e suggerimenti anche tecnici per arrivare alla soluzione dei tanti problemi che una Regione come il Lazio ha dinanzi a sé, accumulatisi nel tempo, ma anche gran parte eredità dell’ultima scellerata gestione, detta anche “la pagina nerissima” della giunta Polverini.
Nicola Zingaretti, com’è che ha deciso di adottare lo slogan “Immagina”?
Ho scelto “Immagina” come parola chiave per proporre una nuova idea di politica e di istituzione. È una parola che dentro di sé ha la potenza e il coraggio del cambiamento: immagina quello che possiamo fare. Niente sogni o miracoli, ma la voglia di mettere idee e risorse in un progetto comune. Mi sembra che in un momento in cui la credibilità della Regione era pari allo zero, questo messaggio di speranza sia passato.
Nel senso che ci vuole un po’ di immaginazione anche per governare? Cos’è per lei governare?
Per governare sono necessari senso di responsabilità, serietà e onestà, insieme al coraggio dell’innovazione. Non si governa per lasciare le cose come stanno, ma per renderle migliori. Sicuramente dobbiamo dire basta a chi “immagina” che la cosa pubblica sia privata, come troppo spesso alcuni esponenti della classe politica hanno fatto. Governare significa prendere un impegno con i cittadini e portarlo fino in fondo nell’interesse esclusivo della comunità.
Come vede il futuro della Regione Lazio?
Innovazione, trasparenza e partecipazione: vedo queste tre cose nel futuro prossimo della nostra Regione. Se ne avremo la possibilità, faremo invertire rotta al Lazio: serve un grande piano di rinnovamento, che dovrà partire da un modo nuovo di amministrare la Regione.
La prima cosa da fare nel Lazio non appena diventato Governatore? Un atto, una legge, un gesto.
Approveremo due leggi fondamentali per il futuro della regione: quella sulla trasparenza e quella sulla partecipazione. Le vogliamo approvare subito perché i principi della trasparenza e della partecipazione dovranno orientare tutto il nostro lavoro nei prossimi anni. Dobbiamo ricreare fiducia nell’istituzione regionale portando rigore, processi trasparenti e dando un ruolo preciso a cittadini e al sistema produttivo nelle scelte sul Lazio di domani.
Cosa si aspetta di trovare a via Cristoforo Colombo? Le casse vuote? Il buco della Sanità? Un’amministrazione arrugginita e farraginosa? Che altro?
La situazione è grave, ci aspetta un compito difficile con alcuni temi cruciali da affrontare subito. Quello che è certo è che avvieremo da subito una profonda revisione della spesa della Regione, del suo corpo amministrativo e delle regole di funzionamento degli uffici. La grande sfida di modernizzazione del Lazio si vince solo se la macchina amministrativa funziona bene, non spreca, ha meccanismi di controllo efficaci. Questo significa che riorganizzeremo l’intera struttura della Regione, compreso l’universo delle società e degli enti.
Al centro del suo programma c’è la parola Cultura. Anzi, lei dice esattamente che la cultura è la parola chiave che deve attraversare tutta l’attività amministrativa. Ci può spiegare cosa intende esattamente?
La cultura permea le relazioni tra gli esseri umani, il grado di coesione del tessuto sociale, la capacità di una comunità di accogliere e comprendere le diversità, di incoraggiare l’autodeterminazione e la libertà di scelta, di creare valori condivisi, di dare ai giovani gli strumenti per immaginare il futuro. Ed è, non dimentichiamolo, anche un asset economico fondamentale per una regione come la nostra. Il Lazio è un territorio a forte vocazione culturale e turistica. Soltanto che questa ricchezza fatica a diventare vantaggio competitivo per l’intera regione. Noi lavoreremo soprattutto su questo punto, dando ai settori della cultura e del turismo una nuova governance. Dovremo essere in grado di coordinare la filiera istituzionale, dall’Europa agli enti locali, e cogliere tutte le opportunità finanziarie disponibili. Dovremo lavorare sull’efficienza amministrativa, riducendo i passaggi burocratici e garantendo la piena trasparenza delle procedure. E infine dobbiamo fare in modo che la Regione assuma un ruolo di indirizzo strategico e si faccia garante e promotrice di investimenti pubblici in cultura. Il Piano regionale della cultura, affiancato da strumenti indipendenti per il monitoraggio e la valutazione, sarà lo strumento con cui realizzeremo questo progetto.
Come intende valorizzare il valore culturale di questa regione? Un’idea in particolare?
Innanzitutto occorre rendere fruibili le centinaia di luoghi della cultura che esistono nel Lazio. Soprattutto quelli chiusi o poco utilizzati. Penso ai siti archeologici e artistici, per esempio. Oggi non è neanche possibile sapere quanti siano e che condizione versino. Quindi partiremo da qui: uno dei primi atti che faremo è il censimento e la mappatura digitale dei siti archeologici, artistici e naturali del Lazio. In generale, pensiamo di lavorare molto sugli spazi dedicati alla cultura: sono luoghi vitali per la salute di una società. Da una parte recupereremo quindi edifici sottoutilizzati, dimessi, espropriati alla criminalità. Dall’altra sosterremo i teatri e daremo un nuovo ruolo ai musei, archivi e biblioteche del Lazio, che dovranno diventare presidi aperti e di aggregazione. Metteremo al servizio della grande risorsa di lavoratori nel campo dello spettacolo una legge che aspettano da anni, intervenendo nel finanziamento alle produzioni e ai laboratori urbani e territoriali. Infine, sarà fondamentale rilanciare il settore del cinema e dell’audiovisivo nel segno dell’innovazione e delle nuove tecnologie, garantendo il finanziamento del Fondo per le produzioni, assicurando la possibilità di una pianificazione pluriennale e riorganizzando la Film Commission di Roma e del Lazio.
Lei era il Sindaco in pectore della Capitale, una strada spianata, tanto più dopo i disastri della giunta Alemanno. Poi ha invece scelto di correre per la guida del Lazio. Cosa le ha fatto davvero cambiare idea? E non ci risponda che l’ha fatto per spirito di servizio…., perché la Patria chiamava…
Non è spirito di servizio, ma passione. Trovo strano che si voglia escludere una risposta che invece rappresenta il vero senso dell’impegno politico: quello di mettersi al servizio dei cittadini e delle istituzioni. Ho scelto la sfida più difficile, anche mettendo da parte le aspettative personali. È una decisione di cui non mi pento, con cui ho voluto lanciare una sfida per ridare dignità alla Regione Lazio e, consentitemelo, anche alla politica, che qui ha dato la peggiore prova di sé.
Cosa ricorda di più dell’esperienza in Provincia?
Ricordo una splendida esperienza di lavoro di squadra: un gruppo di persone, competenti e entusiaste, che hanno messo a disposizione dell’amministrazione le proprie qualità.
Una delle iniziative, dei provvedimenti o delle azioni intraprese durante la sua gestione dell’amministrazione provinciale che le sta più a cuore?
Abbiamo ottenuto risultati che hanno fatto scuola nel Paese, da Provincia WiFi ai tetti fotovoltaici sulle scuole, dalle splendide iniziative sulla memoria e per la legalità all’apertura di Palazzo Altieri, uno spazio inutilizzato nel cuore di Roma restituito alla città e alle persone.
Cosa la spaventa di più della possibilità di approdare alla Regione Lazio? L’eredità che le può aver lasciato Renata Polverini?
So che troveremo una situazione difficile, ma non c’è niente che mi spaventi. Bisogna ridare alla Regione un ruolo che ha completamente smarrito. In questi mesi abbiamo avuto modo di farci un’idea molto precisa sui punti da cui iniziare.
Come intende esercitare la trasparenza amministrativa a cui sembra tenere tanto? È possibile con questo sistema politico, con questi partiti?
Non è un tema che mi preoccupa. Il principio è semplice: se tutto è pubblico, nulla può essere nascosto. Le nuove tecnologie ce lo consentono. Il nostro obiettivo è rendere disponibile ogni tipo di informazione grazie all’Open Data. Istituiremo l’Anagrafe dei redditi e dei patrimoni degli eletti e dei nominati, con la pubblicazione su Internet di tutti dati riguardanti le presenze, lo svolgimento dei lavori, i risultati, gli stipendi, gli emolumenti, le consulenze, i pagamenti, i benefit dei politici eletti e di chi ricopre un ruolo pubblico. E renderemo trasparenti tutti i flussi di denaro.
Fin quasi verso l’ultimo, il centrodestra non ha avuto un candidato. Ora ha Storace, come valuta la sua candidatura da parte di Berlusconi?
Non sta a me fare valutazioni. Prendo atto che il candidato è Storace. I cittadini del Lazio hanno tutti gli elementi per giudicare la storia dei diversi candidati e immaginare quale candidato può portare davvero rinnovamento nella Regione.
Cosa teme di più di questa campagna elettorale?
Timori non ne ho. Farò tutto ciò che è in mio potere per condurre una campagna elettorale limpida, basata sui programmi e sulle nostre idee per il futuro del Lazio. Ho assunto l’impegno, che penso sia condiviso anche dai cittadini del Lazio, di stare lontano dal Truman Show che spesso trasforma le discussioni politiche in un battibecco incomprensibile. Chi prova a “buttarla in caciara”, come si usa dire, sappia che da parte mia non troverà alcuna sponda.
E cosa invece la rassicura?
Soprattutto la predisposizione all’ascolto e alla partecipazione che ho modo di toccare con mano nei miei incontri pubblici, segno del fatto che il Lazio è pronto a voltare pagina e a darsi una spinta importante per superare la crisi.
Storace chiede un faccia-faccia, in tv, glielo concederà? Può motivare la sua scelta?
Non sono d’accordo sulla personalizzazione del confronto tra due candidati. I candidati alla presidenza della Regione Lazio sono molti, e tutti hanno lo stesso diritto a confrontarsi tra loro. Per questo, e per rispetto a tutti i contendenti, la proposta di Storace mi pare impropria. È un tema sul quale avviare una discussione che stabilisca regole e stessi diritti per tutti i candidati.
trattandosi di una delle regioni più “screditate” d’ Italia mi sarebbe piaciuto capire quali interventi “chirurgici” possiamo attenderci da un uomo politico convinto di farcela; l’intervista, mi pare, lo lascia nel “limbo”, troppo sereno e pacifico