Le primarie Pd a Verona, una storia per Bersani, ultime ore per recuperare

E alla fine, come sempre – primarie o non primarie, voglia di rinnovamento o meno – sembrano prevalere le logiche di Partito. Le consorterie e i potentati locali, gli apparati, i personalismi e le ambizioni individuali, il desiderio di Potere e di poter contare. Cose non nuove e, anzi, assai vecchie. Cose di sempre. Accade a Verona, la città d Tosi, il plenipotenziario della “Lega maroniana” e già bossiana, capoluogo ancora opulento nonostante la crisi incipiente e testa di ponte tra il lombardo-veneto, dove le primarie del Pd si sono combattute, specie da parte dello schieramento femminile, sul filo del rasoio e al-voto-su-voto.

A poche ore dalla loro convocazione, a fine dicembre, non c’erano ancora dei candidati degni di nota. I nomi e le indiscrezioni pubblicate da L’Arena, il quotidiano locale, a pochi giorni dal Natale rispecchiavano lo schema dei “soliti noti”, quelli di sempre, le solite facce che si passano gli incarichi quasi per diritto acquisito (o di “veto”) con grande nonchalance: il Segretario del partito, il deputato locale, il membro della segreteria e giù per li rami incarico dopo incarico. A leggere le cronache quel che balza agli occhi, anche dei più sprovveduti, è che i giovani sono sottorappresentati e le donne letteralmente cancellate, assenti. Chi conosce Verona, la sua storia, il suo passato, il territorio e l’egemonia esercitata dalla Lega in questi ultimi trent’anni pensa subito: «Se andiamo alle elezioni così, con questi nomi e queste facce, ci facciamo davvero del male. E Tosi non ce lo scrolliamo più di dosso, gli consegniamo la città per sempre».

La pensano in questo modo Elisa La Paglia, ventiseienne consigliera comunale e Donata Gottardi, ex europarlamentare, subentrata a Bersani quando l’attuale segretario ha lasciato l’Europa per l’Italia, direttore della facoltà di Giurisprudenza. Ma anche Olivia Guaraldo, assistente della filosofa Adriana Cavarero, volto e voce di “Se non ora, qando?” in città.

È, di fatto, quasi la vigilia di Natale. Con la gente in vacanza o la testa tutta concentrata sul cenone o il pranzo del 25. «Qui manca la candidata» lancia l’allarme Elisa La Paglia. Le tavole sono già quasi imbandite ma in poche ora parte un tam-tam tra gli “esclusi del Pd”, giovani e soprattutto donne alla ricerca della candidata ideale e, possibilmente, anche senza tessera. La ricerca avviene quasi con il metodo dei cacciatori di teste, come accade nelle aziende e nella finanza. I contatti fervono. C’è chi tituba, chi declina e ringrazia, chi non accetta perché non se la sente. Poi, proprio alla vigilia di Natale, dal cilindro – e non si sa bene come e perché – spunta il nome di Alessia Rotta, giovane giornalista di TeleArena, il volto dell’informazione locale, giornalista d’inchiesta, laureata in Scienze della comunicazione e con un Master in Economia con tesi su Adriano Olivetti. Ma, soprattutto, l’unica figura in grado di mettere in crisi il sindaco Tosi e di conoscere tutti i suoi interessi e di quelli della sua giunta sul territorio. Tanto da poterla definire «il suo tallone d’Achille».

Alessia Rotta si fa avanti da sé. Rompe gli indugi rinunciando al posto in tv e anche ad una brillante carriera, probabilmente anche sollecitata dall’interno del Pd. È la candidata giusta al momento giusto, anche se sul filo di lana delle primarie che si debbono tenere di lì a sei giorni. Quando il suo nome irrompe sulla scena mediatica, scoppiano gli entusiasmi. In poche ore nasce un comitato di sostegno e viene varato il sito www.sceglilatuaRotta.it. È un successo degli esterni. Solo il Pd si chiude a riccio e scoppiano le guerre intestine. E la “guerra dei veti” più che quella per i voti e il bene generale della città e delo schieramento progressista. Ma il giudizio delle primarie è implacabile: Alessia Rotta passa con oltre 2.400 voti, appena 19 in meno del segretario provinciale Vincenzo D’Arienzo, il quale per altro già all’ultima tornata elettorale, nell’aprile scorso, era entrato in Consiglio comunale per un soffio o per il rotto della cuffia prendendo ben 40 voti in meno di Elisa La Paglia, la consigliera più giovane. Il che la dice lunga…. Però insiste: voglio il seggio della Camera.

Le primarie a Verona e dintorni sono un vero putiferio. Non mancano nemmeno i sospetti di brogli, a Legnago ad esempio. A D’Arienzo c’è chi cerca di farglielo capire con gentilezza: togliti di mezzo. Oppure accontentati del Senato e lascia il posto alla Camera alla Rotta. Lui non molla, anzi s’impunta, facendo i capricci.

A Verona i candidati usciti sono, oltre a D’Arienzo, Gianni Dal Moro, per il “listino Bersani” e uomo di Enrico Letta, Diego Zardini, «un giovane sveglio» dicono di lui, già candidato anche in Provincia, e la brillante Alessia Rotta, «l’unica in grado di ampliare l’area di consenso e di portare i voti della città» dice Chiara Stella che per sostenere la candidata s’è spesa non poco. «Meglio, l’unica candidata che conosce davvero tutti i problemi di Verona e di essere in grado di rappresentare i suoi interessi in Parlamento». Ma a gareggiare per un posto a Montecitorio sono solo i primi tre. «Pensi che per votare Alessia c’è gente che ha interrotto le vacanze ed è tornata a Verona l’ultimo giorno dell’anno».

Alessia Rotta questa mattina ha preso carta e penna e ha scritto una “lettera aperta” alla cittadinanza e un appello rivolto anche al Pd: «La mia candidatura – esordisce la lettera – ha da subito rappresentato un gruppo di persone, tra cui tantissime donne, giovani e sostenitori di tutte le sensibilità del partito ma soprattutto quella parte di società che vuole trasparenza, onestà e politica veramente partecipata. La decisione della Direzione Regionale del partito che si è svolta sabato 5 gennaio è “sconcertante”, sia sul piano generale, sia su quello personale.
Sul piano generale, per quanto riguarda Verona, stando così le cose, tra primarie e quote nazionali, pur avendo tre rappresentanti non esprimerebbe nessuna presenza femminile (in quanto sono tre le candidature maschili di cui nessuna al Senato). Uno squilibrio che penalizzerebbe Verona sia nel confronto con gli altri partiti, sia nella creazione di un’alternativa credibile al modello Tosi. I primi a farsi carico di questa situazione – aggiunge Alessia Rotta – avrebbero dovuto essere gli organi provinciali del partito, ma non è accaduto, quindi ora la speranza di giustizia è affidata alla Direzione Nazionale al fine di portare la prima donna delle primarie veronesi in Parlamento.
Mi permetto, inoltre, di riflettere su una possibile soluzione: se uno degli uomini optasse per il Senato, se messo nelle condizioni di farlo, Verona guadagnerebbe un parlamentare nella Camera più alta, e si potrebbe portare avanti il progetto sul quale 2.409 persone mi hanno dato preziosa fiducia. Sul piano personale, poi, mi sento ferita per la collocazione che mi è stata attribuita e che non corrisponde al risultato ottenuto il 30 dicembre scorso.
Non da ultimo, anche se so che la cosa può apparire presuntuosa, sento che il mio apporto alla causa del Pd coinvolgerebbe figure nuove, esterne e quindi potenzialmente in grado di far cresce il consenso intorno al partito. Confido che la Direzione Nazionale tenga in considerazione questi aspetti.
Diversamente resteranno senza risposta i tanti sforzi per rinnovare la politica nazionale e rimarremmo nell’indifferenza verso le nuove energie volute e scelte dalla gente».
Che ne dirà Bersani? Anzi, ha nulla da dire in proposito?

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *