Matteo Orfini, perché all’Italia converrebbe avere candidato Premier Pierluigi Bersani?
Mi sembra la candidatura più innovativa e al passo con le esigenze del Paese. Perché segna una evidente discontinuità rispetto alle politiche economiche finora perseguite. Che sono ricette di estremo rigore che non producono effetti di risanamento effettivi. Finora sono stati realizzati tagli su tagli che non hanno prodotto sostanziali effetti sul debito pubblico. Le ricette proposte dal candidato Bersani puntano sulla centralità di chi lavora e dell’impresa che costruiscono, insieme, crescita, sviluppo, ciò di cui ha maggiormente bisogno questo Paese. Questo fa la differenza.
Però la discussione e il confronto, anche sulle differenze, finora è stato più all’insegna della comunicazione che dei contenuti veri e propri.
Direi che gli altri dicono esattamente l’opposto, fanno del cambiamento e dei contenuti una questione di equilibri. Per realizzare quel che si dice sostengono che bisogna cambiare gli equilibri, una questione di “architettura”. Bersani ha fatto un discorso di verità, ha affrontato i problemi veri del Paese, gli altri hanno discusso di metodologie e continuano a discutere di regole e regolamenti. E sulle questioni economiche hanno riferimenti diverse se non opposte, quelle di Zingales, tanto per fare un nome, e in sostanziale continuità con le politiche di questi anni, né più né meno. Ricette in puro stile liberista. Ho visto che Giavazzi ha fatto l’endorsement per Renzi… Uno come Pietro Ichino sostiene cose molto diverse da Bersani, che è invece per estendere i diritti e non restringerli, per favorire politiche in grado di assumere e non, invece, che abbiano l’obiettivo di licenziare. Loro sostengono che il liberismo è di sinistra, io penso esattamente il contrario.
Ma anche il ruolo dei partiti e la visione della politica in sé è assai differente. Bersani e l’area che gli fa riferimento vede i partiti come fonte e luogo di partecipazione tutti i giorni e non solo in occasione delle primarie.
Può essere più preciso?
Io sono dirigente di questo partito da tre anni e in questo arco di tempo non sono mai riuscito a discutere con Matteo Renzi. Lui è uno che sfugge gli organismi, ha una visione del partito comune se fosse una struttura in franchising, esattamente come avviene negli Usa. Noi pensiamo invece che sia utile ricostruire nessi e connessioni arricchendole con il confronto. Non è affatto bello un partito che si chiude all’interno del proprio bozzolo con i propri amici a discutere le proprie proposte e basta. Sfuggendo il confronto aperto ed allargato.