Medico, psichiatra, scrittrice, combattente per i diritti delle donne, l’egiziana Nawal al-Saadawi, nata nel 1931, è in prima linea nella battaglia contro la pratica delle mutilazioni genitali femminili, che subì essa stessa da bambina e su tanti fronti del femminismo arabo|.
È molto nota, attraverso i suoi romanzi, le sue interviste, le sue vigorose apparizioni televisive. Sostiene che l’oppressione delle donne è universale e non è solo del mondo arabo. Nawal polemizza anche con il mondo cristiano dove pure i «valori della famiglia», il culto della verginità e i «delitti d’onore» sono caratteri della cultura e della tradizione che giocano sempre a danno delle donne. Laureata in medicina al Cairo nel 1955 ebbe responsabilità nel ministero della Sanità, ma ne fu allontanata per le sue attività politiche; finì in carcere nel 1981 in quanto oppositrice di Sadat e divenne poi bersaglio anche dei fondamentalisti islamici.
Trascorse qualche anno a insegnare nelle università americane e tornò poi in Egitto continuando a scrivere. Tra le sue opere Ho imparato ad amare (1957) e Memorie di una dottoressa (1958). È tradotta in molte lingue. In italiano Firdaus. Storia di una donna egiziana (Giunti, 1986), Dio muore sulle rive del Nilo (Eurostudio, 1989), Una figlia di Iside. L’autobiografia di Nawal El Saadawi, (Nutrimenti, 2002), L’amore ai tempi del petrolio, (Editrice il Sirente, 2009), storia di «una donna che vive in un regno autoritario in cui tutto ciò che porta il genere femminile a interessi che esulano dalla casa è sintomo di una malattia psicologica.
È un mondo in cui luminari della Terra non possono che essere uomini, e dunque è risaputo, anche se taciuto, il fatto che ci siano state falsificazioni storiche inerenti alla trasformazione delle dee in dei, come quando Abu al Haul prese con la forza il trono e ordinò che fossero rimossi i seni da una statua femminile e che venisse aggiunta la barba».