Parlare di città glocale significa aver compreso, anzitutto, la logica e le relazioni su cui si fonda la glocalizzazione. Essa sta, infatti, trasformando radicalmente il ruolo delle città nella vita del mondo. Non lo sta soltanto espandendo – il 51% della popolazione globale vive oggi in un contesto urbano – ma lo sta anche riconfigurando e gerarchizzando: il concetto di glocal city assegna alle realtà urbane un ruolo nuovo nell’organizzazione del territorio. La città glocale è quel tipo di città che vede addensate sul suo territorio una pluralità di reti e di funzioni diverse, in cui ogni rete che la caratterizza ha altri nodi ed altri centri. Una città in cui il tradizionale spazio urbano non delimita più l’ambito territoriale entro il quale prendono forma attività e relazioni, ma la cui esistenza è organizzata dalla mediazione tra le sue funzionalità e la morfologia del territorio, ovvero dall’incontro della ratio organizzatrice della funzionalità con la ratio organizzatrice del territorio.
La funzione della Milano allargata è, in questo senso, di primaria importanza: come città-nodo della rete urbana del nord Italia essa supera la frontiera svizzera, si connette economicamente con la Germania e il Northern Range e fa da porta con il Mediterraneo, ponendosi inoltre al centro di importanti direttrici verso l’Est europeo. Nel caso di Milano, il fatto di essere etero determinata è, del resto, una peculiarità storica: essa è da sempre “terra di mezzo”, gateway geografico e culturale sito in una collocazione strategica all’incrocio fra diversi flussi. Per questo motivo può permettersi il lusso di essere attraversata da influenze esterne. E può fare ciò, “stando nel mezzo”, contando sulla sua capacità di mediazione, sul trade-off delle dinamiche delle realtà che la circondano, con una capacità formidabile di trasformazione e adattamento.
Se però Milano, intesa come polo animatore della vasta conurbazione del Nord, vuole essere glocal, se vuole adottare una struttura economica reticolare e funzionale, non possono essere trascurate le implicazioni urbanistiche e di governance che tale direzione comporta. Tra le criticità collegate in modo inscindibile con la glocalizzazione e che concorrono nel definire i caratteri glocal di un’economia urbana, vi è certamente quella legata al rapporto tra la “logica della territorialità” e la “logica delle funzioni” nel governo della città. Le funzioni e le diverse “comunità di pratiche” che le esercitano (imprenditoriali, finanziarie, della conoscenza e della comunicazione) stanno configurando un territorio nuovo rispetto ai parametri spazio-temporali cui eravamo abituati. Essere registi dello sviluppo economico della città in chiave glocal, significa pertanto conciliare, con dialettica e politiche vicendevolmente valorizzanti, i ruoli e gli interessi di imprese e di interlocutori istituzionali.
All’interno di questa problematica sulla governance di una glocal city, si inserisce la “Consulta per Milano glocal city”, intesa come uno strumento consultivo aperto, reticolare, voluto dal Sindaco di Milano, al fine di contribuire alla definizione del “problem setting” dei principali temi e questioni rilevanti nella governance di una città glocal. Per far questo la rete che fa capo alla consulta, si propone di avviare un insieme di azioni finalizzate all’aggregazione di alcuni tra i principali protagonisti delle reti lunghe essenziali che attraversano Milano nella sua dimensione glocal: tra questi fondamentale, è la presenza delle multinazionali italiane e straniere che operano nel contesto milanese e del sistema nord come attori di primo piano nelle interconnessioni socio economiche di Milano con il mondo.
Ciò che questa attività di “problem setting” vuole mettere a fuoco è che uno tra i primi problemi, per una città che voglia dirsi glocale, è il rapporto con le imprese, il modo in cui esse fruiscono la città. Con la consapevolezza che le imprese non possono essere viste qui solo nella loro manifestazione di territorialità, bensì organicamente collegate rispetto alle funzioni multinazionali. In un mondo piatto, nel quale l’impresa non è più una monade chiusa e gerarchizzata al suo interno, ma un nodo aperto che coordina reti aperte, il rapporto impresa-territorio è destinato a mutare; e il territorio è sempre meno assunto come un contenitore ma piuttosto come un supporto o piattaforma al servizio dell’impresa.
Occupandoci di una città come Milano, ragionando di processi urbanistici emerge, per esempio, la necessità di creare delle infrastrutture e degli spazi che consentano un perfetto dialogo tra centro e periferie, tra logistica che si svolge fuori dalla città e direzionalità di cui invece essa è sede principale.
Tuttavia, se Milano intende oggi continuare a proporsi come grande “piattaforma operativa” dell’Europa – non solo logistica, ma produttiva, commerciale e in senso ampio anche istituzionale, sociale e culturale -, non può prescindere dall’adottare una strategia di maggiore integrazione entro la dimensione produttiva del cosiddetto “sistema nord”. Questo perché l’affermarsi di una pluralità di reti globali che, per esempio, toccano Cina, Stati Uniti, Sud America, rompe di fatto la logica di unità economiche ben sviluppate e funzionanti, peculiari al sistema economico ed imprenditoriale italiano, come i distretti produttivi: lo spazio, anche quello condiviso e contiguo, non viene più considerato primario nelle interrelazioni. Per cogliere le opportunità dell’attrezzarsi di questa nuova topografia globale – fatta di spazi tendenzialmente discontinui, mobili, a geometria variabile – e di cui essa si situa al cuore, l’area padana deve quindi presentarsi come un insieme, come un tessuto organico in cui lo sviluppo di ciascuna delle sue componenti territoriali o settoriali abbia effetti positivi sul complesso dell’area.
Alla luce di questo nuovo scenario, nel tentativo di indagarne le ricadute sulla morfologia urbana milanese, l’associazione Globus et Locus ha in questi anni realizzato, in partnership con la Camera di Commercio di Milano, diverse iniziative di ricerca sui grandi sistemi socio-organizzativi (logistica, ricerca e formazione) attraverso i quali passano i flussi (di merci, di capitali, di persone, di informazioni) che percorrono il mondo globalizzato e che intersecano, nello specifico, il nodo milanese.
In particolare, i risultati di un recente progetto dal titolo “Flussi Immateriali dell’economia milanese e le implicazioni per le imprese” può offrire interessanti indicazioni di cui tener conto quando ci si appresta a orchestrare lo sviluppo glocal dell’economia urbana.
Considerando il posizionamento relativo della città in un contesto europeo e mondiale, se, da un lato, la ricerca conferma che Milano si colloca ad un buon livello per quanto riguarda il suo coinvolgimento nell’infrastruttura Internet e, sicuramente, è la prima città italiana in tale ambito, l’analisi mette in luce anche che Milano è dietro ad altre realtà europee di primo piano come Francoforte, Londra, Amsterdam e Parigi. Rispetto a questi centri urbani, Milano non ha saputo sviluppare la propria economia facendo leva sul dispiegamento dell’infrastruttura web, rivelandosi molto meno connessa rispetto a quanto si potrebbe ipotizzare in virtù del suo ruolo nel sistema metropolitano europeo.
Poiché lo scenario economico ripropone e accentua le caratteristiche del mondo glocalizzato, per dirsi veramente glocal Milano e la macro-regione che gravita attorno ad essa devono uscire da modalità organizzative e di visione circoscritte, riposizionandosi come nodi produttivi all’interno di reti mondiali, la cui competitività e il cui unicum si giocano ora in termini nuovi: integrazione e presenza nei flussi, eccellenza creativa e innovazione.
In conclusione, parlare di caratteri glocal dell’economia milanese significa ripensare con una visione olistica più generale, ciò che oggi intendiamo per nodo urbano, modulando, congiuntamente con le strategie economiche, anche le scelte politiche che ne definiscono lo sviluppo.
Integrazione sistemica del territorio produttivo, gestione dei flussi globali e interazione ragionata con la governance istituzionale: sono questi in definitiva i tratti peculiari di un’economia urbana che voglia dirsi glocal.
Una versione estesa del seguente articolo sarà pubblicata nel Rapporto Milano Produttiva 2012, a cura della Camera di Commercio di Milano