Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Siliato “Dall’oligopolio alla coda lunga. Tra pay tv via satellite e terrestre la televisione italiana diventa digitale” Franco Angeli, 2013, euro 15, pagg. 205.
La prima radio a trasmettere una programmazione pensata per il pubblico fu la KDKA di Pittsburg (Pennsylvania), che il 2 novembre del 1920 trasmise le elezioni presidenziali americane e il 2 luglio del 1921 l’incontro di pugilato tra Jack Dempsey e George Carpentier che si disputava nel New Jersey.
Il 5 agosto di quello stesso 1921 la KDKA mandò in onda la radiocronaca di un incontro di baseball, Pirates vs Phillies, quindi la partita Pittsburg vs West Virginia del campionato di football per College. Il suo radiocronista, Harold Arlin, è considerato il capostipite dei radiocronisti sportivi.
Gli eventi sopra citati sono tutti dei punti di partenza nella storia dei media. Nel corso del tempo molte modalità di comunicazione si sono evolute, altre sono scomparse o sono diventate marginali, ma la maggior parte è ancora presente nell’offerta e nel consumo di intrattenimento; il teatro per esempio, forse la forma più antica di intrattenimento, è ancora oggi vivo.
Tutti i mezzi di comunicazione di massa hanno oggi una distribuzione ed un consumo esteso a forme, modalità e tecnologie diverse da quelle originarie. I giornali sono su Internet; la Radio è su Internet e in televisione; la televisione ha rappresentato a lungo l’eccellenza, per la possibilità di offrire audio e video ed essere consumata attraverso reti analogiche, digitali, terrestri, satellitari, informatiche, cellulari digitali, Umts eo Dvbh, e Wi-Fi. Oggi Internet rappresenta un altro possibile sviluppo di eccellenza.
Fornitori di contenuti, editori e operatori telefonici sono alla ricerca di progetti e modelli di business che diano la possibilità di entrare o di uscire da mercati apparentemente confinanti ma che implicano competenze anche molto diverse. È saggio per un operatore telefonico estendere le proprie competenze e i propri affari fino a diventare produttore di contenuti? Conviene ad un editore di televisione generalista estendere le proprie sinergie alla tv a pagamento e viceversa è competitivo per un editore di canali a pagamento entrare nel mercato della televisione gratuita? Le risposte a queste domande dipendono dagli scenari in cui ciascun soggetto si proietta, dalle prospettive tecnologiche dei mercati e dai loro presunti tassi di crescita; ma anche dalle mutevoli abitudini dei consumatori di media e dagli andamenti del mercato pubblicitario. Queste ultime due voci sono in parte legate l’una all’altra e implicano non poche difficoltà previsionali. I media che si moltiplicano e che distribuiscono i propri contenuti nei modi più svariati, portano i loro pubblici a sparpagliarsi; non solo a segmentarsi, come in parte desidera il mercato pubblicitario che chiede da tempo una più ampia segmentazione della popolazione.
I pubblici si dividono ma anche si riuniscono, senza che vi siano piattaforme o modalità di consumo esclusive. Non solo, tra le tante parole con il prefisso multi che si usano oggi per descrivere le attività di imprese e di pubblici, c’è anche multitasking, lemma che definisce il consumo di più mezzi nello stesso momento. Non c’è alcuna esclusività tra mezzi, si manifesta anzi la tendenza ad un consumo simultaneo di radio e giornali, di Internet e televisione. Vari studi sociologici prendono da tempo in considerazione il consumo di mass media come contemporaneo ad altre attività. Sono tipici in questo senso i lavori domestici, come cucinare o stirare in compagnia della tv, oppure radersi o guidare ascoltando la radio, o studiare mentre sono accesi computer, radio o tv. Va considerato che si tratta di attività molteplici svolte nella stessa unità di tempo. Le ricerche tendono a definire per ciascuna unità temporale l’attività prevalente a cui assegnare il consumo. Una famiglia che pranza con il televisore acceso percepisce come attività prevalente quella di nutrirsi, ma se il telegiornale desse la notizia di uno sciopero dei professori il figlio studente coglierebbe la notizia e la sua attenzione passerebbe dal cibo al telegiornale; lo stesso farebbero la madre e il padre all’annuncio di eventi che giudicassero, ciascuno con propri criteri, interessanti. Le attività nella medesima unità di tempo sembrerebbero quindi duplicabili, più difficilmente può esserlo l’attenzione.
Il consumo dei media non si basa però sulla misurazione dell’attenzione, ma del tempo. Ed è sulla misurazione del tempo che Auditel basa i propri dati sul consumo di televisione. Del resto secondo i criteri condivisi dalle agenzie pubblicitarie e dalle aziende loro clienti, i componenti la famiglia che consuma il pasto mentre consuma televisione sono tutti “esposti” alla comunicazione commerciale, in quanto ciascuno di loro riconoscerà il jingle del prodotto conosciuto, o sarà attirato dalle immagini della merce desiderata, o da qualsiasi altro elemento adatto a catturare l’attenzione del target cui è indirizzato.
Auditel si è più volte aggiornata ed ha rinnovato se stessa; la propria composizione societaria (anche se i problemi di governance rimangono aperti, come vedremo in seguito); la composizione del proprio panel di famiglie e la propria strumentazione tecnologica. Auditel si è dotata di meter che registrano tracce audio digitalizzate delle emittenti televisive sulle quali è sintonizzato il televisore o i televisori della famiglia campione, a prescindere dalla piattaforma attiva in quel momento, per poi confrontare quell’audio con tutti quelli registrati in un banca dati centrale ed accoppiare quell’audio ad una certa rete o canale digitale. Questo sistema di rilevazione viene nominato audio matching. Il meter presente nelle famiglie funziona anche da registratore digitale per l’audio delle emittenti locali, indipendentemente dal fatto che il televisore sia sintonizzato o no su quelle emittenti.
L’audio viene poi inviato alle banche dati territoriali e nazionali per garantire la completezza del data base e rendere possibile l’audio matching. Si tratta di una struttura molto articolata, che consente alla società di rilevazione che di tutto questo si occupa in Italia, la Nielsen Television Audience Mesaurements, di avere in input almeno tre diverse fonti di dati; i meter familiari, le centrali territoriali di registrazione e le unità di controllo.
Questo sistema di rilevazione degli ascolti così complesso e costoso è dovuto alla nascita, alla crescita e allo sviluppo della televisione digitale. Per conoscere il consumo di un’emittente analogica bastava infatti conoscerne la frequenza di trasmissione nelle diverse aree del Paese; lo strumento di rilevazione posto nei pressi del televisore doveva semplicemente constatarne lo stato, acceso spento, e, se acceso, verificare su quale frequenza il televisore fosse sintonizzato.
Il segnale digitale non consente l’individuazione del programma attraverso la frequenza, perché proprio per via della digitalizzazione, una frequenza veicola più canali, diventa un multiplex. Perché il canale possa essere facilmente individuato si rende allora necessaria la collaborazione degli editori dei canali digitali, i quali dovrebbero inviare un segnale univoco di riconoscimento, il program delivery control attribuito dall’UEREBU (Union Europeenne de Radio-Television). In Italia non si è mai avuta certezza che tutte le emittenti, soprattutto quelle locali, rispettassero questa procedura. La soluzione è stata dunque l’adozione da parte di Auditel della tecnica dell’audio matching. Per Sky Italia le cose funzionano diversamente, il meter Auditel viene connesso alla porta seriale del decoder proprietario Sky, all’ingresso per la Service Information, e trae da lì le informazioni necessarie all’individuazione dei programmi inviati al televisore di casa.
L’adozione del sistema di registrazione e controllo delle tracce audio mette in grado la Nielsen TAM, e quindi la società committente di questi dati, la Auditel, di conoscere il consumo di tutte le reti televisive, indipendentemente dalla collaborazione e dalla volontà dell’editore; come avveniva per i dati della televisione analogica. Il sistema dell’Audio matching presenta inoltre dei vantaggi per la misurazione del consumo dell’emesso televisivo indipendentemente dalla piattaforma e dal televisore. Auditel e Nielsen hanno in fase di sperimentazione la rilevazione del consumo di televisione effettuato tramite personal computer. Le tracce audio sono il legame che consente l’identificazione di quanto ascoltato tramite PC come audio trasmesso in televisione, tanto brevi spezzoni quanto interi programmi. Il limite è temporale, per essere misurato come audience l’ascolto deve avvenire entro sette giorni dalla data dell’emesso. È del resto così anche per il time shifted viewing già adottato da Auditel e di cui scriveremo più avanti.
Le piattaforme digitali sono in aumento e in crescita è anche l’offerta e il numero dei canali tematici. Alcuni canali poi sono distribuiti su più piattaforme, come i canali Disney, Cielo (edito da Sky Italia), K2 (edito da Switch Over Media), Real Time (Discovery Communications).
Reti e famiglie multipiattaforma
Il mercato televisivo si profila come un ambiente sempre più multipiattaforma, con la naturale dominanza del digitale terrestre e la stabilità della piattaforma satellitare, pay e free. A dicembre del 2010 il valore percentuale di utilizzo della piattaforma analogica per seguire la programmazione televisiva era del 24,4%. Nel dicembre 2010 è stato completato il passaggio al digitale della Lombardia, del Piemonte orientale, del Friuli Venezia Giulia e dell’Emilia Romagna. Per la prima volta più della metà della popolazione (58,8%) poté seguire la televisione attraverso la piattaforma digitale terrestre. Dall’estate del 2012 la visione è diventata esclusivamente digitale e le famiglie italiane, che secondo l’ultimo dato Istat aggiornato ad agosto 2012, sono 25.175.793, devono necessariamente fare uso di un decoder (esterno o integrato nel televisore, terrestre o satellitare o IPTv) per seguire la programmazione televisiva.
La dotazione tecnologica delle famiglie italiane è cambiata radicalmente in pochi anni.
Nel dicembre del 2010 almeno un decoder della piattaforma digitale terrestre era collegato al televisore di 18,7 milioni di famiglie, che sarebbero diventate 21,5 milioni dodici mesi dopo. Ma tutte e tre le piattaforme digitali stavano crescendo, Sky Italia passava, tra il 2007 e il 2010 da 3,9 a 4,6 milioni di famiglie ed anche la presenza di decoder per il segnale satellitare Free aumentava nello stesso periodo da 1,3 a 1,7 milioni. Alla fine del 2011 Sky Italia sarebbe arrivata a 4,8 milioni di famiglie, mentre il free sat ne avrebbe raggiunte 2,6 milioni.
La televisione analogica è andata sparendo gradualmente a favore del digitale terrestre, ma quel che appare chiaro e che ha modificato profondamente le modalità del consumo televisivo, è che non esiste più un’unica piattaforma presente nel 100% delle famiglie italiane.
La presenza dell’offerta veicolata dalla piattaforma digitale di Sky Italia ha inciso più delle altre nella modificazione del consumo televisivo, in virtù di una varietà di offerta ripartita in un numero di canali ancora ineguagliato da parte delle altre piattaforme. L’abbonato Sky è portato ad accendere il decoder prima ancora del televisore, indipendentemente dal fatto che segua poi una rete generalista, un canale digitale della piattaforma a pagamento o del digitale terrestre, nel caso in cui il decoder sia fornito della chiavetta Usb predisposta per la visione di quest’ultima piattaforma. La tavola 2 mostra, tra le altre cose, la crescita dell’utilizzo del digitale terrestre e mostra anche che la piattaforma satellitare è usata come base per seguire la programmazione televisiva; lo conferma il fatto che la quota d’ascolto dei canali trasmessi esclusivamente via satellite nella media del 2010 è stata dell’8,1%, a fronte di un utilizzo del 16,3%. Nei dati riportati nella tavola 2 sono inclusi anche quelli riferiti ai decoder Free Sat, meno numerosi di quelli Sky. In Italia già nel dicembre 2010 la programmazione televisiva veniva seguita nel 75,7% dei casi attraverso una piattaforma digitale. L’andamento nel tempo delle singole regioni rispetto alla scelta del decoder da utilizzare mostra il legame esistente tra gli switch off e l’utilizzo delle piattaforme e conferma la stabilità della piattaforma satellitare tra le opzioni delle famiglie anche nelle aree passate via via al digitale terrestre.
Per alcune regioni il valore è particolarmente elevato, a fronte di una media nazionale del 16,3% c’è, ad esempio, la regione Emilia Romagna che utilizza la piattaforma satellitare per il 20,9% del tempo di visione; anche Molise, Basilicata e Marche presentano valori superiori al 20%; c’è poi la Calabria che registra il valore più alto: 28,1%. Sono sopra al 19% il Lazio e la Valle d’Aosta, in quest’ultimo caso il ricorso al satellite è motivato, come in altre aree montuose, dalla particolare struttura del territorio. È interessante osservare come anche per la Sardegna, prima regione ad iniziare il passaggio al digitale nel novembre 2008, il valore risulti superiore al 18%; ancora più importante è rilevare come alcune delle regioni passate per ultime al digitale terrestre abbiano incrementato il ricorso ai decoder satellitari, è il caso già citato dell’Emilia Romagna e della Lombardia.
In molti casi il ricorso all’utilizzo del satellite da parte delle famiglie potrebbe essere collegato ad un deficit del digitale terrestre, la cui tecnologia mostra alcune considerevoli pecche, sottovalutate nelle campagne di comunicazione sui vantaggi della piattaforma, che si è rivelata, tra l’altro, sensibile alle condizioni meteorologiche, più ancora della piattaforma satellitare. La ricezione è soggetta alle variazioni del tempo, vento, pioggia o anche solo alti livelli di umidità rendono più complicata, quando non impossibile, la ricezione del segnale dai normali decoder presenti presso le famiglie italiane.