Sono passate due settimane dalle elezioni parlamentari nella Repubblica Ceca e oggi il Paese resta senza un nuovo governo e un nuovo premier in pectore. Uno stallo senza precedenti legato all’improvviso ricovero in ospedale del presidente della Repubblica, Miloš Zeman, che avrebbe dovuto decidere l’erede del premier uscente, Andrej Babiš. L’impasse potrebbe sbloccarsi nelle prossime due settimane, quando Senato e Camera del parlamento ceco torneranno a riunirsi, esautorando Zeman per motivi di salute. Nell’attesa si sa già che a guidare il Paese non sarà il multimilionario Babiš, disarcionato dagli elettori.
Il secondo governo Babiš poggiava su un fragile equilibrio in un parlamento di Praga nel quale trovavano posto nove schieramenti. ANO, il partito dell’ex premier, si era alleato con i socialisti del ČSSD, ma poteva governare solo grazie all’appoggio esterno dei deputati del Partito comunista di Boemia e Moravia (KSČM). Un quadro che il voto dell’8 e 9 ottobre ha stravolto. Sia KSČM che ČSSD non hanno superato lo sbarramento del 5%, restando esclusi dal parlamento, mentre ANO ha peggiorato il risultato del 2017. Nel nuovo parlamento ceco 108 seggi su 200 sono stati conquistati dalle due coalizioni d’opposizione a Babiš: SPOLU (Insieme) e Pirati & Sindaci e Indipendenti (PaS). Due alleanze che riuniscono cinque partiti – in uno spettro che comprende conservatori, cristiano-democratici, ecologisti e liberali – e oggi determinate a governare assieme. Per poterlo fare, tuttavia, occorre che il responso delle urne sia sancito dall’incarico di formare un nuovo esecutivo al loro premier designato, Petr Fiala, leader del Partito democratico civico (ODS). Spetterebbe a Zeman dare questa investitura, ma dal 10 ottobre – il giorno dopo la chiusura dei seggi – il presidente è in terapia intensiva per il riacutizzarsi di una forma cronica di diabete.
Non basta, perché poche ore prima di essere ricoverato presso l’Ospedale Militare di Praga, Zeman aveva incontrato in privato Andrej Babiš, confermando di volergli affidare l’incarico di formare un nuovo governo. Un’intenzione espressa dal presidente prima del voto, quando aveva definito le coalizioni «un imbroglio», assicurando che il nuovo primo ministro sarebbe stato il leader del partito capace di ottenere più voti, ossia Babiš. Un’offerta allettante ma insidiosa per il premier uscente, che l’ha presto rifiutata, consapevole di come SPOLU o PaS non intendano allearsi con lui. Anche per questo i rapporti fra Zeman e Babiš, un tempo cordiali al netto di alcune divergenze sul ruolo di Cina e Russia, si sono deteriorati.
La chiave dell’articolo 66
Ecco allora che la nomina di Fiala a nuovo primo ministro richiesta dalle opposizioni metterebbe d’accordo tutti. A eccezione di Zeman e del capo del suo staff, Vratislav Mynář, che ha deciso di temporeggiare, suscitando l’attenzione della polizia ceca per possibili “violazioni criminali ai danni dello Stato”. «Mynář ha sostenuto che il presidente fosse in grado di svolgere il proprio ruolo istituzionale, quando invece era in terapia intensiva», spiega a Reset Otto Eibl, politologo dell’Università Jan Masaryk di Brno. Il presidente del Senato, Miloš Vystrčil, ha invece appreso dai medici dell’ospedale che le condizioni di salute di Zeman non gli permettono di fare il capo dello Stato. «Quello a cui abbiamo assistito in questi giorni è il tentativo degli uomini dell’entourage presidenziale di impedire al parlamento di sospendere il potere di Zeman e dunque fargli perdere la sua influenza, che è anche la loro», conferma Jiří Pehe, politologo del New York University Center di Praga, intervistato dalla radio ceca.
Nonostante le smentite del suo staff, oggi il presidente della Repubblica è fuori dai giochi. Per questo si valuta se attivare l’articolo 66 della Costituzione varata nel 1993. La sua applicazione trasferirebbe al primo ministro uscente le funzioni di Zeman, mentre la decisione di nominare il nuovo premier toccherebbe al futuro presidente della Camera. Secondo Eibl è questo lo scenario più probabile, nonché l’unica opzione percorribile per sbloccare lo stallo. «Il nuovo presidente della Camera dovrebbe essere Markéta Pekarová Adamová, leader di Top09, uno dei partiti che fanno parte di SPOLU», aggiunge il politologo. In quel caso, sarebbe lei a conferire l’incarico a Fiala.
Prima, però, va attivato l’articolo 66 della Costituzione, cosa mai successa in precedenza. Perché ciò avvenga, sia il Senato che la Camera devono esprimersi a favore, ma questo non pare essere un ostacolo. La prossima seduta del Senato sarà il 5 novembre, mentre la nuova Camera a maggioranza SPOLU e PaS si riunirà tre giorni dopo. Tutto quindi lascia supporre che entro l’8 novembre verrà dato il via libera al primo governo Fiala. «La situazione è nuova», riconosce Eibl, «ma la Costituzione indica il da farsi, nonostante il comportamento inedito tenuto dallo staff di Zeman».
Il futuro di Babiš (e di Fiala)
E Andrej Babiš? Prima delle elezioni si era detto pronto a lasciare la politica in caso di sconfitta e addio al premierato. A voto concluso, nonostante la vittoria di SPOLU e PaS, aveva inizialmente sperato di ottenere l’incarico di formare un nuovo governo, per poi cambiare parere. Ora sembra poco propenso a fare il leader di ANO e dell’opposizione, anche perché preoccupato dalle vicende extrapolitiche che lo riguardano, dagli scandali Nido di Cicogna e Agrofert alle recenti rivelazioni dei Pandora Papers. «Babiš oggi si vuole presentare come uno statista. Molti giornalisti e analisti politici cechi sono convinti che si stia preparando alle prossime presidenziali», evidenzia Eibl, aggiugendo che l’ex premier «ha bisogno di mantenere l’immunità per difendersi dai propri guai giudiziari, e divenire il nuovo presidente della Repubblica sarebbe la soluzione perfetta». Una soluzione che smentirebbe il disinteresse a divenire capo dello Stato dichiarato in passato dall’ex premier.
Zeman dovrebbe restare al proprio posto sino al gennaio 2023, ma il riserbo sulle sue condizioni di salute fa temere che la data del suo addio alla poltrona presidenziale venga anticipata. Qualora l’attuale capo dello Stato perisse, avverte Eibl, «il presidente del Senato avrebbe dieci giorni di tempo per convocare elezioni presidenziali dirette che dovrebbero svolgersi entro 90 giorni. Sarebbe un lasso di tempo molto breve per consentire a eventuali candidati indipendenti di raccogliere le 50mila firme necessarie a correre per la presidenza e non credo ci riuscirebbero. In gara resterebbero soltanto politici che siedono in parlamento e questa è un’altra ragione per cui penso che Babiš percorrerà questa strada». Una scelta che non convince i cechi, come evidenziato da un recente sondaggio dell’emittente pubblica Radiožurnál e che vede solo un quarto degli intervistati pronti a sostenerne la candidatura.
Nel frattempo Babiš si prepara a passare il testimone al 57enne Petr Fiala. La Costituzione non pone scadenze per formare un nuovo governo, ma è probabile che esso riesca a insediarsi entro fine novembre. Eibl ritiene che le negoziazioni saranno rapide in quanto SPOLU e PaS hanno già trovato un accordo sul governare assieme e contano sulla maggioranza in parlamento, sottolineando che «il loro obiettivo principale era liberarsi di Babiš e ci sono riusciti, per cui penso che i primi passi del nuovo esecutivo avverrano senza frizioni. Tuttavia, non mi sbilancerei sul fatto che questo governo possa durare per i prossimi quattro anni».
Fra i primi passi concreti del futuro governo ceco ci si possono aspettare interventi a sostegno dell’economia e delle energie rinnovabili, preferite al rilancio del nucleare in cui credeva Babiš. Verranno poi ricuciti i rapporti con Bruxelles, incrinatisi per via delle grane giudiziarie dell’ex premier accusato di utilizzo indebito di fondi europei e di conflitto di interessi. A onor del vero in campagna elettorale il conservatore Fiala aveva tenuto l’Europa in secondo piano, concentrandosi sull’aumento delle pensioni e sulla lotta a inflazione e debito pubblico. Tuttavia, la coalizione PaS che governerà assieme a SPOLU fa dell’europeismo uno dei propri cardini e di sicuro la Repubblica Ceca non seguirà la linea dello scontro con le istituzioni europee adottata da Polonia e Ungheria.
Foto: Il leader del Partito democratico civico e della coalizione SPOTU Petr Fiala presenta l’accordo pre-elettorale con l’alleanza Pirati & Sindaci (Facebook / Petr Fiala).