Se non ora quando? è diventato un movimento coeso, organizzato e capillare. Ha stabilito le sue sedi in oltre 130 comitati territoriali e ha infittito la rete associativa femminile che lega le molteplici esperienze e realtà nazionali e locali. Dall’esordio del gruppo iniziale, che ha portato in scena lo spettacolo teatrale Libere, scritto e diretto da Cristina Comencini per l’associazione “Di Nuovo”, Snoq ha guadagnato una notevole risonanza internazionale grazie ai suoi caratteri di trasversalità, pluralismo e libertà.
Alla prima grande mobilitazione del 13 febbraio, quando le piazze italiane hanno accolto un milione di donne e uomini decisi a denunciare lo svilimento della figura femminile nell’era Berlusconi, è seguita la «Costituente di Siena», ovvero il Primo Incontro Nazionale Snoq. L’assemblea del 9 e 10 luglio ha garantito continuità al movimento e ne ha permesso la prosecuzione.
Oggi il comitato promotore ha esteso i temi sui quali lottare. Per realizzare una “democrazia paritaria”, le militanti auspicano di conquistare il 50% di tutto, anche delle liste elettorali. E da uno stralcio della lettera per la mobilitazione dell’11 dicembre si legge: «Adesso, attenti: una donna un voto. Quando chiederanno il nostro voto non lo daremo più né per simpatia, né per ideologia, ma solo su programmi concreti e sulla certezza dell’impegno di 50% di donne al Governo. Il 50% non è quota rosa, non serve a tutelare le donne, serve a contenere la presenza degli uomini, non è un fine, ma solo un mezzo per rendere il paese più vivibile ed equilibrato, più onesto, più vero».
«Senza di noi non si esce dalla crisi» è un’altro slogan apparso sui manifesti delle donne Snoq.
Il lavoro precario, la maternità negata, l’assenza di un reale sistema di welfare, il problema della rappresentanza e la distorsione dell’immagine delle donne nei media sono i punti problematici fissati nell’agenda del cosiddetto Pink New Deal, termine coniato dall’economista Francesca Bettio sul palco romano di Piazza del Popolo.
La contestazione delle donne è allo stesso tempo politica e sociale; le cittadine si propongono come “vettori di trasformazione” dello status quo e ritengono che la fine delle discriminazioni e dello sfruttamento femminile potrà giovare all’intero paese. In tal senso, la partecipazione attiva delle donne intende riavvicinare la società italiana alla politica e soprattutto all’impegno civile e civico. L’obiettivo è risollevare la democrazia, ma il cammino è ancora lungo.