Nominato Nunzio Apostolico in Siria da papa Benedetto XVI nel 2008, cardinale dal 2016 per volontà di Papa Francesco, Mario Zenari è il vero testimone del conflitto che devasta la Siria dal 2011, essendo l’unico diplomatico che non ha mai lasciato Damasco da quando è cominciata la guerra. Un conflitto nel quale sono passati tutti i principali eserciti del mondo e la cui disumana ferocia è stata rimossa dalla consapevolezza della comunità internazionale.
Come quello che devastò il Libano dal 1975 al 1990, anche il conflitto siriano ha conosciuto diverse fasi. La prima può essere definita quella “siriana”, quella cioè della rivolta, pacifica e non violenta, contro il regime. Poi c’è stato l’impossessamento del conflitto da parte degli attori regionali, che con propaganda e milizie lo hanno trasformato in un conflitto tra “sunniti e sciiti”, deviando il corso della rivolta ed evitando che essa si diffondesse fuori dai confini nazionali mettendo in pericolo anche i regimi vicini.
Il massacro chimico di Douma nell’agosto 2013 e il successivo emergere dell’Isis in Siria hanno condotto per mano la guerra verso la sua terza fase, quella “internazionale”, segnata dall’intervento della coalizione internazionale e da quello russo, fino a quello più recente dei turchi. Il prodotto è un disastro umanitario senza precedenti: più del 50% della popolazione vive senza fissa dimora, o esule all’estero o rifugiata all’interno, tre milioni di questi ultimi solo nella disastrata provincia di Idlib, scacciati dalle loro case nei territori riconquistati dall’esercito siriano. Migliaia sono poi gli scomparsi, sequestrati o arrestati arbitrariamente, dei quali nulla si sa da anni.
La possibilità che in Siria si sia verificato un genocidio non rilevato dalla comunità internazionale è seriamente considerata da molti analisti e studiosi. L’uso delle armi chimiche è stato definito in un articolo firmato da padre Giovanni Sale, apparso su La Civiltà Cattolica, centrale e determinante per la vittoria del regime. Nel suo articolo lo studioso gesuita scrive che “il rapporto tra Assad e il probabile utilizzo di armi chimiche è una storia «a parte» che vale la pena di ripercorrere, perché in qualche modo ha caratterizzato le fasi di questa interminabile guerra e ne ha determinato gli esiti.”
Quali esiti? Non sono pochi quelli che auspicano una riabilitazione del regime siriano, che significherebbe “pace senza processo per tanti responsabili di crimini contro l’umanità”, come il capo dell’intelligence siriana, Ali Mamlouk, che pur essendo al tempo nella lista nera europea avrebbe segretamente visitato a inizio 2018 l’Italia. Ora contro di lui ora è stato spiccato un mandato di cattura internazionale dalla magistratura francese.
Al testimone di questa tragedia, Mario Zenari, oggi sta particolarmente a cuore la condizione dell’infanzia e la ricostruzione di un minimo di assistenza sanitaria per tutti. Per questo viene frequentemente a Roma dove ha ottenuto i sostegni necessari alla riapertura dei tre ospedali cattolici e in occasione della sua ultima visita, pochi giorni prima di questo tristissimo 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ha pronunciato un discorso davanti a molti ambasciatori, nella sede della legazione polacca presso la Santa Sede.
Il suo discorso ha legato una serie impressionante di citazione. “I siriani sono passati attraverso una litania di orrori”, è stata la sua prima citazione, del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, parole che risalgono a pochi mesi fa, il 13 aprile 2018. “Devastazione e sofferenza a tutti i livelli che sfidano la capacità di comprensione (…) La situazione è comparabile a un mattatoio, a un completo dissolvimento dell’umanità, l’apice dell’orrore (…) e tutto sotto i nostri occhi”: questa è stata la seconda citazione prescelta, del sottosegretario per gli Affari umanitari e coordinatore dei Soccorsi di emergenza O’Brien: lo disse al Consiglio di Sicurezza il 26 gennaio 2017. Quindi la terza, di Carla Del Ponte, ripresa dai giornali svizzeri Le Matin Dimanche e Sonntags Zeitung del 13 agosto 2017: “Non ho mai visto un conflitto così violento, neppure in Ruanda o nella ex Yugoslavia, con tanti bambini morti, torturati, decapitati. I bambini sono le prime vittime di questo conflitto”.
I bambini, che di qui in avanti ha trasformato nei suoi interlocutori e testimoni, lo hanno condotto alla quarta e alla quinta citazione, dell’ex rappresentante dell’Unicef in Siria, Hanaa Singer, successiva alla sua visita a Madaya nel gennaio 2016 : “Quella che sperimentate è l’ampiezza della fame” (OLJ, 16 gennaio 2016). Ali, 16 anni, è morto davanti ai suoi occhi e di una donna medico che la accompagnava.
Le due donne hanno dichiarato: “Abbiamo visto due adolescenti nello stesso letto in uno scantinato. Erano ridotti a uno scheletro. La donna medico si è avvicinata a uno di loro che sembrava particolarmente debole. Mentre lo visitava, il suo polso ha cessato di battere. Lei ha cercato di rianimarlo. Una, due, tre volte. Poi mi ha guardato e ha detto semplicemente: ‘Ci ha lasciato’. Gli ha chiuso gli occhi. L’altro adolescente, il suo compagno, ha mormorato con disperazione: ‘È morto? È morto?’” (OLJ, 16 gennaio 2016, riferito anche dal Portaparola di Ban-Ki-Moon il 15 gennaio 2016).
Dopo alcune testimonianze di stampa è arrivata la sesta citazione, preceduta da questa annotazione ripresa dall’agenzia AFP del 15 gennaio 2016. “I bambini chiedono l’elemosina di un pezzo di pane. Alcuni chiedono scusa di disturbarti dopo averti chiesto se hai del pane. Dicono: ‘Scusami, zio (forma educata di rivolgersi a una persona che non conoscono), se ti ho chiesto un pezzo di pane”.
La citazione ha ricordato quanto scritto nel Rapporto del Programma Alimentare Mondiale dopo la visita a Nashabieh, nel Goutha orientale, nel febbraio 2018, dell’équipe tecnica del Pam, dell’Unicef e dell’Oms che trovarono una popolazione esausta e casi di malnutrizione acuta fra i bambini, come indicato dal Coordinatore Umanitario Onu in Siria, Ali Al-Za’tari il 14 febbraio 2018). Nella città di Duma, i genitori erano costretti a dar da mangiare ai figli a giorni alterni: “Mia figlia piange ogni volta che chiudo a chiave la sua porta, perché sa che quel giorno non è il suo turno e dovrà addormentarsi a stomaco vuoto” , come è scritto nel Rapporto Pam del 22 novembre 2017.
Quindi il cardinale Zenari ha letto altre due citazioni, prese però dalla Bibbia: “ La strage degli innocenti” (Mt 2, 16). “Rachele piange per i suoi figli e non vuole essere consolata” (Ger 31, 15).
Per lui infatti il conflitto siriano può essere definito una vera strage degli innocenti. “Molti sono morti per i bombardamenti, altri annegati in mare, altri ancora dilaniati dalle esplosioni, soffocati dai gas tossici, feriti dalle schegge, mutilati, con le ossa spezzate, abusati sessualmente, arruolati a forza nell’esercito o date in spose ad estranei.” Il suo racconto però è rimasto sulla condizione dell’infanzia siriana tramite quell’alunna di 9 anni che che vide nel 2014 senza gambe. E la nuova citazione non poteva che portarlo al rapporto Unicef, che parla di 2,8 di bambini che non vanno a scuola. Ma ha ricordato che sono tanti i milioni di bambini che soffrono di disturbi psicologici. Il dato impressionante, che si è poco letto, lo ha scandito al riguardo dei 5,6 milioni di rifugiati siriani, 2,6 dei quali sono bambini, esposti al rischio dello sfruttamento sessuale, del lavoro minorile e dell’arruolamento forzato. Come se non bastasse le bambine rischiano sempre più numerose i matrimoni precoci con estranei. “Inoltre, almeno 3,3 milioni di bambini in Siria sono esposti al pericolo delle mine antiuomo.”
Se molto spesso si parla della rinascita di Aleppo, della sua ricostruzione dopo la vittoria del regime, il cardinale Zenari tramite i bambini ci ha fatto notare che “dopo la battaglia di Aleppo Est, nel dicembre 2016, sono uscite fuori alcune migliaia di bambini abbandonati, randagi o orfani. Spesso erano anche oggetto di pregiudizi: “Sono figli di Jihadisti!” Per questo, vengono emarginati. Alcuni sono stati trovati morti per il freddo e per la fame, dopo aver cercato rifugio in alcuni edifici distrutti. Per la buona volontà di alcune istituzioni caritative cattoliche, per prendersene cura è stata lanciata una lodevole iniziativa chiamata “Un nome e un futuro”.”
I bambini, ha proseguito, sono stati all’origine di questo Tsunami, visto che tutto è cominciato nel 2011 a Dar’a con l’arresto e la detenzione di un gruppo di bambini “ che hanno osato pitturare sul muro di una scuola degli slogan di protesta e di libertà. La fiamma della libertà e della pace nelle mani dei bambini e dei giovani della Siria sarà abbastanza forte per sopravvivere ai forti venti contrari?”
Questo discorso, pronunciato a pochi giorni dal settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, è parso indicare il valore globale del disastro siriano. Gli esiti dei conflitti non determinano solo vittorie militari, ma anche culturali. Vincono i valori affermati da chi prevale sul campo di battaglia. Questa Terza Guerra Mondiale combattuta in Siria probabilmente non è finita, ma ha affermato l’idea, nascosta dietro quella condivisa non solo dai vincitori di “guerra al terrorismo”, che i fatti e i fenomeni sociali da essi determinati non contano, tutto si spiega in base a categorie immodificabili quali islam, fondamentalisti, sunniti, sciiti e così via.
Alcuni lo chiamano essenzialismo, altri determinismo culturale, di certo è la chiave del successo dell’idea di un presunto scontro di civiltà. È questo che ci ha portato al nuovo modello di dominio assoluto basato sulla forza affermatosi in Siria. Così si può ritenere di poter sconfiggere il terrorismo jihadista senza considerare che il terrorismo di stato ha causato più vittime del primo.
Il terrorismo di stato è divenuto una forma di antiterrorismo. Si rischia così di trasformare il concetto stesso di Stato, oggi per molti un dio di materia che tutto può, senza limiti. C’è però un movimento globale che sfida questa cultura assolutista, quello dei boat people del terzo millennio e di coloro che vogliono soccorrerli e accoglierli. E’ un movimento che coinvolge milioni di persone contro una visione planetaria affermatisi in Siria.