Tralascio oggi altri temi e dò sfogo alla mia anima di giurista, che si ribella all’antagonismo senza qualità delle due discussioni più
accese della settimana, sulla ineleggibilità di Silvio Berlusconi e sulla legge dedicata ai partiti in base all’art.49 della Costituzione.
La politica ha una naturale propensione a ricondurre a quel tipo di antagonismo qualunque tema che generi posizioni diverse, ma in casi come questi toccherebbe ai “dottori” fornire le necessarie bussole tecniche. Salvo rare eccezioni ciò non è accaduto e il dibattito è tuttora prigioniero di pro e di contro tutti esclusivamente ed opinabilmente politici. Non dovrebbe essere così ed è utile spiegarlo.
Chi è contrario all’ineleggibilità di Silvio Berlusconi ed è di centro destra accampa la forza del voto popolare contro i cavilli giuridici. Chi è parimenti contrario ed è di centro sinistra sostiene che gli avversari politici si combattono con le armi della politica e che così giustamente si è fatto anche in passato. Chi è invece favorevole sostiene che “la legge” è lì da decenni, ma il conflitto di interessi di Berlusconi non lo si è mai voluto colpire, ed ora, specie dopo la sentenza che lo ha condannato a Milano per frode fiscale, la sua presenza in Parlamento è sempre meno sostenibile.
Quasi nessuno parla, però, della norma dalla quale sarebbe stabilita l’ineleggibilità di Berlusconi. Ciò che i più sanno è che essa è prevista da quella legge che è lì da decenni e trovano per questo scandaloso che non la si sia applicata per vent’anni. Può indurli a cambiare idea chi dice che, non avendola applicata per vent’anni, non si può cominciare a farlo ora? Bisogna ammettere che, se di questo soltanto si trattasse, potrebbe aver ragione chi ha detto che è come se un serial killer non condannato per i primi sei omicidi dovesse essere assolto una volta che lo si becca dopo il settimo.
Il fatto si è che la legge in questione è bene diversa da quella che inequivocabilmente condanna per omicidio chiunque uccida qualcun altro al di fuori di ogni esimente. Si tratta infatti del testo unico elettorale del 1957, il quale, all’art.10 tuttora vigente, dichiara non eleggibili, fra gli altri, “coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica…”. E se questa è la norma del caso, c’è poco fare: Silvio Berlusconi non è il rappresentante legale della società vincolata con lo Stato eccetera eccetera.
Si dirà: ma ne è l’azionista principale, il boss, l’ideatore e il regista. Può ben essere, ma da quando esiste la Costituzione della Repubblica vige il principio, non contestato da nessuno, che le norme limitative di diritti non si devono interpretare in via estensiva e il principio vale per i poveri disgraziati come per i Berlusconi. In caso contrario, all’ostilità per le leggi ad personam si accompagnerebbe una singolare predilezione per le interpretazioni ad personam. Ha avuto perciò le sue ragioni, non politiche ma legali, il Parlamento che ha interpretato quell’art.10 in conformità al suo significato letterale, sono le stesse ragioni che sorreggono quell’interpretazione anche oggi, e chi voleva che Berlusconi diventasse ineleggibile avrebbe dovuto far approvare gli emendamenti, ripetutamente presentati, per estendere l’ineleggibilità oltre i rappresentanti legali. Ma ciò non è accaduto.
Articolo uscito su Il Sole 24 Ore il 26 maggio 2013
Se non vado errato, dottor Amato, Lei è membro di quel Partito Democratico che – caso unico fra tutte le Democrazie Occidentali, e non solo – nell’ultimo ventennio non ha fatto alcuna opposizione nei confronti di un certo individuo che si è “politicizzato” per salvarsi dalla galera, accusando, denigrando ed oltraggiando la Magistratura di essersi politicizzata per perseguitarlo.
Se errato non fossi, a che varrebbe interloquire con Lei? Sarebbe come interloquire con un tal D’Alema: una irresponsabile perdita di tempo!!!
Di questo passo si potrà risolvere prima il quesito: è nato prima l’uovo o la gallina? Perche non credo ci siano in giro “uovisti” e/o “gallinisti” e se ce ne sono non si spenderanno più di tanto per “tutelare” questa o l’altra tesi. Nel caso di Berlusconi, invece, i “‘berlusconisti” interessati o meno sono pronti anche a fare le “guerre” per tutelare la “propria” tesi.