«Miracolo Berlusconi» urla dalla prima Il Giornale. «Uno scontento stellare» titola il cattolico Avvenire. «Scacco matto» sotto una foto di Berlusconi al seggio con braccio piegato a mo’ di “tiè!” mentre deposita la scheda nell’urna, spara il manifesto. «Rinascita Pdl, non c’è maggioranza» Il Mattino. «Un’Italia ingovernabile» ammonisce Il Secolo XIX di Genova.
Nella scelta di questa selezione di quotidiani di oggi sono rappresentate quasi tutte le letture possibili del voto di ieri. Comunque uno choc. Perché i sondaggi ufficiali e anche quelli clandestini su cavalli e cavalieri non ci avevano allarmato fino a questo punto. Sembrava ancora fino a ieri una passeggiata. Bersani aveva ancora l’aria e la forza dei nervi distesi che non dà neppure chi ha bevuto anche solo una tazza di tè Ati. Berlusconi era in rincorsa. Grillo dominava nella sicurezza di un proprio esordio, ma non fino al livello di diventare “marea”. Che è successo? Cosa non ha funzionato? E adesso che succede? Non sarebbe meglio di mettere fine a sondaggi, exit e instantpoll? Lo abbiamo chiesto al sociologo Ilvo Diamanti, che oggi riprende le sue usuali e periodiche lezioni all’Università di Parigi.
Diamanti, Paese bloccato. Nessun vincitore tutti vincitori? O c’è un vincitore?
Beh, chi ha perso. Ha perso pesantemente il Pd, ha perso Bersani. Per non dire di coloro che alla sinistra di Bersani pensavano di avere spazio e prefiguravano un’alternativa di tipo “tradizionale”, dipietrista. È sparito l’antiberlusconismo e il berlusconismo sopravvive nelle misure che aveva acquisito nell’ultimo periodo, ma niente di più.
Riprendendo i suoi consensi.
Ma certo. Ho sentito gli ultimi giudizi e sembra che “hanno vinto tutti”. Come sempre, e sembra incredibile che in una situazione di terremoto come questa si abbiano buoni motivi per dirsi felici. Il centrosinistra che dice che comunque ha vinto…
Sarà pure, ma comunque alla Camera vince grazie al premio di maggioranza, quindi grazie al Porcellum, cioè alla legge invisa che si voleva cambiare.
Certo, certo. Esatto. Grazie alla legge. Allo stesso tempo e per la stessa ragione, per il Porcellum, non vince nessuno al Senato. Però al Senato lo zero virgola…, qualcosa in più il Centrosinistra ce l’ha, quindi vincono loro. Vince evidentemente Berlusconi e i suoi pur prendendo il 25, anche se la coalizione prende dieci punti in meno di quel che aveva preso il Pdl da solo nel 2008. Comunque il vero vincitore è lui, il Movimento di Beppe Grillo. In tutto ciò, al di là di quello che si dice, ciò che è fuori e al di là di ogni attesa è il simmetrico risultato di Beppe Grillo e del Pd. Nel senso che Beppe Grillo si sapeva che sarebbe cresciuto ma non fino a questo punto. Alla fine ha raccolto circa cinque voti in più di quello che era stato pronosticato. Che diventano deflagranti perché parliamo soltanto del risultato netto, ma sono voti sottratti al Pd. Quelli li perde, magari non c’è stato un flusso diretto, ma quella è l’area. E questo di fatto riproduce un Paese senza riferimenti, senza poli. Perché poi alla fine sentir dire che Berlusconi ha vinto, va ben, ha preso il 31%. Grillo, che ha preso il 25% o poco più, a memoria, ha quasi superato il Pd e di gran lunga anche il Pdl.
Questo dal punto di vista tecnico e dei numeri, ma dal punto di vista sociale che Italia viene fuori? Un’Italia divisa in tre o anche «per tre» si potrebbe dire, ma quale Paese ne esce, nelle sue categorie intendo?
Sì, certo, c’è anche una logica sociale. Nel senso che i grandi soggetti politici hanno sempre avuto una loro geografia, più o meno definita, e anche oggi la si vede.
Quale?
Se si guardano le mappe il Centrodestra è a Nord e in una certa misura in alcune zone del Sud mentre il Centrosinistra è sempre barricato nelle regioni del Centro, anche se fortemente indebolito. Grillo nelle Marche ha fatto il 30%. Mentre Grillo non ha una struttura, su venti regioni ne ha 16-17, parlo ancora per il Senato, dove prende il 30% dei voti che vanno da Nord a Sud, dalla Sicilia alla Sardegna, ce n’è dovunque. Salvo la Lombardia e forse il Trentino, in tutte le altre prende più del 20%.
La Lega, di fatto, perde l’egemonia nel Nord. Finita.
Sì. Salvo il fatto , ma questo lo vedremo oggi, che visti i risultati potrebbe anche allearsi, prendersi la Presidenza lombarda, anche se poi si troverebbe con il 4,5% a governare le altre regioni del Nord.
Tutti i sogni e le velleità autonomiste, indipendentiste, secessioniste naufragano. La Lega è ora solo chiusa nel quadrilatero della regione lombarda.
È finita nella spinta alla secessione dalla politica cosiddetta “tradizionale”, evidentemente espressa dal voto a Grillo. Nell’incapacità del sistema politico ad autoriformarsi combinata con l’insoddisfazione sociale su livelli – e questa almeno sì la percepivamo altissma – ha prodotto questo risultato.
Dal punto di vista del domani, del futuro. Berlusconi e Alfano chiedono al Viminale di non proclamare i risultati, si prefigurano possibili alleanze o no? E poi, sono possibili per altro queste alleanze con ciò che è emerso dal voto? È possibile una “grande coalizione”?
Quale grande coalizione?
Pdl-Pd, per esempio.
No, un risultato di questo genere la rende impossibile. Intanto non ci sono i numeri. Ci sarebbero se ci fossero soltanto Pdl e Pd, e non è plausibile, perché questo sancirebbe di fatto il paradigma di Grillo. E dopo quello che è avvenuto, figuriamoci se qualcuno si azzarda a fare una cosa del genere. Dall’altra parte Grillo può fare, questo sì, degli accordi mirati su singoli progetti, però è presto anche questo per poterlo dire. Non vedo in questa fase…, però la politica è l’arte del possibile e poi il ruolo e le necessità cambiano anche le prospettive. La verità è che, e mi lasciano un po’ perplesso e un po’ scettico nei confronti del prossimo futuro, è che in una situazione di questo genere nessuno è spinto a cercare alleanze. Nessuno è legittimato ad assumersi responsabilità. Sono tutti free riders.
Quindi situazione oggettivamente bloccata.
In una situazione di questo genere teoricamente è la condizione classica dei battitori liberi, nessuno si spinge a fare la prima mossa accanto agli altri. Per cui in realtà sotto questo profilo la scena della rappresentanza politica rappresenta appunto bene lo stato del Paese, il quale è passato da un anno intero. di disponibilità, di accettazione a tre mesi di bailamme. E credo che abbia pesato la posizione di Monti adesso, e non lo dico con il senno di poi.
Cioè la scelta di Monti di presentarsi ha pesato, e in che modo?
Nel senso che, anche se a fatica, lui ha concluso il suo mandato con un elevato grado di consenso sociale personale, che però sostanzialmente sottolineava una disponibilità generalizzata ad accettare quello che stava avvenendo. Della serie: “Paghiamo i costi perché ci tocca”, ma nel momento in cui ha assunto una posizione diversa e ha fatto esattamente quel che facevano gli altri, il liberi tutti è diventato il grido. Oltre al fatto che da un punto di vista squisitamente di tecnica della campagna elettorale ha fornito e si è offerto come facile bersaglio a Berlusconi. E non solo.
Comunque fuori un’Italia meno europeista.
Assolutamente sì.
E anche anti-moneta, meno vincolata ai sacri valori e agli inviolabili principi dell’euro.
Questo è un sentimento che non è solo italiano come s’è visto, ad esempio in Grecia o in Spagna. Il problema è che da noi gli atteggiamenti sono sempre stati di altra natura. Da noi sono sempre prevalsi gli atteggiamenti di scetticismo, comunque noi ci stiamo nonostante tutto. Della serie, ormai la moneta non piaceva più però sarebbe peggio farne a meno adesso, vediamo. Ob torto collo.
Poi si fa chiarezza nei piccoli gruppi. Ingroia a questo punto non esiste. Le destre come Storace, Fratelli d’Italia, Fini scompare dalla geografia politica, paga i suo scontro con Berlusconi, la casa di Montecarlo.
Perché i sentimenti più estremi sono tutti confluiti in una rappresentanza molto più efficace…
Berlusconi?
Eh no, Grillo. Sono andati lì.
Direttamente, anche voti delle destre?
Beh, sono andati secondo me anche, magari meno, ma anche una quota parte del voto della Lega è andata lì. E comunque io non mi sogno minimamente di dire che Grillo abbia raccolto solo questi. L’area è molto composita e tutto il suo ceppo originario è fatto dai movimenti, però il suo elettorato come era emerso progressivamente non aveva più una connotazione politica specifica.
Veniamo ai sondaggi. Si può dire che gli unici che hanno tenuto siano quelli di Berlusconi?
In realtà, neanche quelli di Berlusconi davano Grillo a questi livelli. Davano il pareggio. Il mio sondaggio, per esempio, dava 4,8 di vantaggio. Quel che i sondaggi non sono stati in grado di percepire è il cambiamento che stava avvenendo, perché è stato troppo violento ed è avvenuto, secondo me in modo non confessato e molto forte come una specie di onda, e ha colpito soprattutto chi non ti aspettavi. Questa è la cosa che colpisce di più. Diciamoci la verità: il risultato di Berlusconi è stato un po’ più alto del previsto, ma non tanto. Io lo avevo al 20,5, ha preso un punto in più. Ci sta. Quello che nessuno di noi aveva previsto era il Pd al 25. È come se non fossimo riusciti a rilevare una scossa che era molto più violenta del previsto, anche perché siamo abituati, con gli strumenti che abbiamo di ponderazione, a ridimensionare le scosse.
Ma gli exit e gli instant poll in televisione hanno ancora un senso dopo la performance di ieri pomeriggio?
No, io infatti non capisco perché continuino a farli. Avevano smesso di farli, li fanno solo per ragioni di spettacolo. Ma questa volta sono risultate errate anche le proiezioni perché erano costruite su un panorama che non c’è più. Vuol dire che il campione di seggi che s’è costruito non rappresenta più la realtà, perché è cambiata. Come è avvenuto nel ’94. Gli strumenti di rilevazione sono comunque fondati su modelli che sono interpretazioni della realtà, anche se percepisci che questa realtà sta cambiando, nel momento in cui è cambiata in modo violento devi avere il tempo di ricostruirli.