I populisti euroscettici sono isolati, tra loro e nei rispettivi paesi, con eccezioni. Ma Cinque Stelle non è l’eccezione. Una mappatura sistematica delle reti sul web dei movimenti antieuropei ha consentito di quantificare la loro forza, la intensità dei loro contatti, ma insieme di rivelare anche il loro totale frazionamento. Confinamento nazionale: le centinaia di migliaia di affiliati ai blog dei loro leader non intrecciano rapporti web fuori dal paese. Sui loro siti non ci sono link a organizzazioni analoghe di altri paesi. E anche confinamento all’interno di ciascun paese: pochissimi contatti e incroci con altre entità dello stesso paese. C’è una rilevante eccezione, inglese, che è l’Ukip di Nigel Farage, forse anche per questo grande vincitore alle ultime europee col 27,5%. L’indagine realizzata dalla Fondazione Bertelsmann su un campione di 1638 siti (blog, forum, riviste, seguito su Facebook e Twitter, etc.) è stata realizzata prima delle elezioni e presentata e discussa ora a Bruxelles, dopo il voto. Con qualche sorprendente conclusione.
Isolamento è la parola chiave, a conferma di una funzione della Rete, quella che spinge ad autoselezionare e organizzare campioni omogenei, a discapito della comunicazione tra diverse sezioni dell’opinione (cosa che rimane tipica della realtà, quella che incontriamo per la strada come al bar e magari anche sui giornali). Il fenomeno è rilevante, dal momento che ormai il 73% della popolazione europea ha accesso a Internet, ed è proprio l’isolamento che può spiegare lo scarto tra aspettative generate dalla rete e risultati elettorali.
Il maggiore di questi scarti è quello registrato dal Movimento Cinque Stelle. Grillo infatti tra i leader antieuropeisti dell’Unione è quello che ha registrato i maggiori successi in rete, con un milione e 440mila followers, ha lasciato a distanza l’olandese Geert Wilders con 323mila e ancora più indietro Marine Le Pen con 280mila e Nigel Farage con la miseria di 120mila seguaci. Eppure gli ultimi due sono – sul versante antieuropeista – i veri vincitori della competizione, quelli che hanno sconvolto la scena nei rispettivi paesi, mentre Grillo, il numero uno assoluto, indiscutibile, della Rete, è risultato nettamente perdente e diversi gradini sotto le attese dei suoi. Si può parlare di una sconfitta, nonostante il ragguardevole 21% (che lascia aperta la via a recuperi e a possibili stabilizzazioni), per diverse ragioni: perché il voto ha coinciso con il trionfo del più diretto avversario, il Pd di Renzi al 40,8%, risultato mai visto prima; perché ha lasciato comunque sul campo, in assoluto, circa tre milioni di voti; ma soprattutto perché ha adottato una strategia solitaria rinchiudendosi nella prospettiva di una vittoria a marea, senza alleanze, senza manovre che lasciassero intravedere qualcos’altro oltre a una dilagante invasione finale del campo. Questo obiettivo aveva probabilmente sedotto i seguaci anche grazie alla natura, isolante e autoriferita, della comunità di rete: grandissima, in perenne ebollizione, ma priva di terminali attenti a realtà differenziate o ostili.
«Molto diverso – spiega la politologa Isabell Hoffmann, l’autrice della ricerca, consultabile sul sito della Fondazione (Study_The Populist Networks.pdf) – il caso del movimento indipendentista inglese», quello che poi Grillo ha incontrato, nello sconcerto di molti Cinque Stelle, per un accordo al Parlamento europeo. «Questo si è presentato, anche sul suo sito, come centrale sulla scena europea e su quella britannica, come guida della spinta antieuropea». Farage ha tenuto sotto scacco Cameron e i Conservatori anche facendosi forza del sostegno alle sue tesi di una parte «pesante» della stampa inglese, dal Telegraph al Sun. Simile il caso dell’altro populismo vincente, il Front National, che pur relativamente debole in rete, e isolato deliberatamente se non addirittura «evitato» dagli altri, sia nel web sia nella realtà delle campagne elettorali, ha però scavato uno spazio enorme nell’opinione francese sfruttando le forti correnti euroscettiche da sempre sensibili nell’élite politica francese e forti sia nella destra che nella sinistra.
L’indagine sul web riguarda anche i siti pro-Europa, che sono meno numerosi (seicento contro i mille di opposta tendenza), ma naturalmente sono molto più interconnessi. Se da una parte non esiste, e non è alle viste, qualcosa come un network paneuropeo dei populisti antieuropei, dall’altra un network di segno europeista c’è e funziona, in rete, nonostante le note difficoltà. Se ne ricava il suggerimento di un’agenda «erasmiana» che allarghi le iniziative integratrici sul piano della società civile. E per quanto riguarda la Rete una messa in guardia: una conversazione permanente in ambiente partigiano, condotta quasi esclusivamente sul web, finisce per distorcere la visione del mondo. Peggio della peggiore tv.