«Vogliamo continuare a chiamare film quella porcheria? E ci dovremmo battere per difendere un’operazione commerciale come quella di Charlie Hebdo?». Nilüfer Göle insegna sociologia all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi. È considerata tra i maggiori intellettuali turchi, allieva di Alain Touraine, studia ormai da anni la penetrazione dell’islam nella scena pubblica europea. Quel che preoccupa la studiosa in questi giorni di proteste globali e di violenze è che al fondamentalismo islamico possa contrapporsi un fondamentalismo laico occidentale che strumentalizzi a fini politici lo scontro. «I musulmani devono condannare le violenze compiute in nome dell’islam. Non possono porsi come vittime e condannare l’Occidente. Un passo del genere sarebbe decisivo per il corso delle primavere arabe e per il ruolo che l’islam potrà giocare nella democratizzazione di questi paesi. D’altra parte, il rischio per l’Occidente – sostiene Göle – è compiere una difesa meccanica della libertà d’espressione».
Ha visto qualche immagine del famoso film su Maometto?
Sì, le ho viste. Ma vogliamo continuare a chiamarlo film? Non sarebbe meglio dire che è un video pirata con immagini oscene e spazzatura che veicola odio e ostilità verso musulmani e l’Islam?
Che opinione si è fatta dell’operazione?
Prima di giungere a conclusioni semplicistiche e pericolose bisogna rispondere ad alcune domande. Chi è l’autore, chi il produttore, che l’ha diffuso su Youtube, da chi è stato tradotto in arabo? E d’altra parte chi sono questi criminali attivisti dell’Islam che hanno attaccato il consolato libico e ucciso l’ambasciatore americano? Si tratta di un crimine organizzato o un’espressione di rabbia? Purtroppo gli stereotipi occidentali e musulmani alimentano l’ostilità reciproca e generalizzata: da entrambe le parti si ritiene che i valori fondamentali sono in pericolo, si tratti di libertà di espressione o di amore per il Profeta.
La libertà d’espressione. È un punto sul quale si arenano molti discorsi dalle nostre parti. È legittimo immaginare che alcune provocazioni siano vietate?
Gli intellettuali occidentali devono diventare consapevoli del fatto che il principio della libertà di espressione potrebbe essere utilizzato come schermo per attaccare l’Islam. L’islamofobia in aumento e i movimenti populisti di destra in Occidente non solo se la prendono con i musulmani, ma sono una minaccia per le stesse democrazie europee. Ognuna delle due parti ha bisogno di una autocritica per il bene della loro democrazia.
Delle vignette di Charlie Hebdo che giudizio dà?
Charlie Hebdo è stata una rivista di satira di culto in Francia nel periodo post-68. Oggi però appartiene al passato. Non è più una voce anti-conformista, ma fa parte del coro collettivo di una difesa meccanica della libertà di espressione, senza più sorprendere nessuno. Sembra essere più una mossa commerciale che una provocazione stimolante.
Non c’è il rischio che in paesi come la Francia si risponda con una sorta di “estremismo” laico? Per esempio quello espresso nelle vignette anti-Maometto.
C’è una sorta di fanatismo laico, che ha sostituito l’illuminismo laico. Lo splendore del mondo occidentale, in passato, era dovuto alla sua combinazione di libertà e creatività scientifica, intellettuale ed estetica. La sfera pubblica significava la libertà di pensiero e di espressione per garantire il dibattito democratico. Nella presente sfera pubblica globalizzata abbiamo perso i filtri e i mediatori per il ragionamento razionale.
Qual è l’effetto di questa libertà d’espressione incondizionata?
La libertà di espressione è oggi spesso sinonimo di diritto a far esplodere i propri sentimenti viscerali, l’odio e le opinioni senza riflessività e creatività. Questa democrazia “diretta”, “online”, in definitiva “rozza”, volta le spalle a un pubblico razionale, disprezzando il potere della cultura. Il mondo occidentale e il mondo islamico hanno entrambi bisogno di criticare queste forze perverse della democrazia globalizzata.
E all’interno dell’Islam cosa bisognerebbe fare?
I musulmani devono condannare gli atti di violenza che si commettono in nome dell’Islam. Essi non possono solo difendersi dicendo che questo non è l’Islam, che i violenti non sono veri musulmani o incolpare l’Occidente. Un atteggiamento maturo sarà determinante per il corso della primavera araba e il ruolo che l’Islam può svolgere nel processo di democratizzazione.
Nel variegato mondo islamico quali sono le voci auspicano il dialogo?
In molti tra i musulmani hanno condannato sia il video che le vignette ma anche le reazioni violente. Il Mufti d’Egitto ha ricordato come un modello da seguire per i musulmani nel presente il comportamento del Profeta che ha sopportato in silenzio gli insulti e gli attacchi degli empi. Tariq Ramadan, il noto e discusso intellettuale islamico, ha invitato i musulmani a privilegiare l’intelligenza e a non reagire, anche se si sono sentiti offesi. Dalil Boubakeur, presidente della Grande Moschea di Parigi, ha invitato i musulmani francesi all’autocontrollo e a essere fiduciosi nella giustizia di Dio. Mentre il primo ministro turco Tayyip Erdogan ha in programma di chiedere che le Nazioni Unite riconoscano l’islamofobia come incitamento all’odio. Queste posizioni mostrano come in molti casi i valori dei due mondi si compenetrino.