Da La Repubblica di lunedì 11 maggio 2015
Il Partito laburista dovrebbe essere profondamente deluso, ma non scoraggiato. Abbiamo perso. Niente però, fuorché noi stessi, ci impedisce di vincere la prossima volta; anzi, davanti a noi si apre una grande occasione. Il Paese ha votato i conservatori per default. Non voleva votare davvero per loro. Questo spiega la discrepanza tra i sondaggi e il risultato. Dovremmo sentirci scoppiare di energia, non essere demoralizzati. Tutti noi del partito abbiamo ora una responsabilità: non ci sono “zone di conforto”, non si possono confondere tattica e strategia, non si deve credere di aver evitato la spaccatura quando abbiamo solo evitato di decidere. La sconfitta è amara, ma può essere istruttiva. Scegliere un nuovo leader è importante, ma non quanto scegliere una direzione. E i cambiamenti da portare a termine, che saranno la priorità dei Tory, renderanno ancor più faticosa l’ascesa verso la vittoria.
Ci sono tre fattori. Primo: la strada verso la vetta parte dal centro. Il Labour deve avere a cuore ambizione e aspirazioni, ma anche compassione e dedizione. “Le famiglie che lavorano sodo” vogliono sapere che col loro duro lavoro e i loro sforzi potranno avere buoni risultati, elevarsi, raggiungere il successo. Vogliono stare meglio economicamente e devono sapere che noi li sosteniamo in questa impresa.
Dobbiamo rivolgerci a chi dirige le imprese e anche a chi vi lavora; convincere la gente che amministreremo bene e in modo produttivo l’economia e ciò deve includere una difesa del nostro operato in campo economico quando eravamo al governo, in modo da descrivere esattamente l’impatto della crisi finanziaria globale del 2008, ma ammettere anche dove avremmo potuto fare meglio. Dobbiamo introdurre e guidare il grande dibattito sulle potenzialità della macroeconomia nel creare ricchezza. Nel 1997 fummo fieri infatti di proporre e argomentare il caso del primo salario minimo britannico. Tuttavia, non avremmo mai potuto vincere un’elezione basandoci soltanto su quello. E lo stesso vale per i contratti a zero ore. Dobbiamo dare al governo un ruolo che sia strategico e conferisca potere effettivo ai singoli. Se non saremo noi i riformatori dei servizi pubblici e del welfare state, i Tory ne saranno i demolitori.
Il centro è uno stato mentale quanto un insieme di politiche. Scegliere il centro implica il fatto di riconoscere che nel mondo odierno molte soluzioni trascendono i confini tradizionali tra sinistra e destra. Dobbiamo sentirci a nostro agio con questo, stringere alleanze che includano sia quanti sono estranei al nostro campo, sia quelli che ne fanno parte. Guidare il dibattito sul perché la Gran Bretagna dovrebbe restare in Europa offre una grande opportunità da questo punto di vista. Secondo: il centro non è il luogo in cui si evidenzia la spaccatura tra politica progressista e conservatrice. È invece il luogo nel quale la politica progressista abbraccia l’ampiezza del territorio per consentirgli di guardare al futuro. Il progetto laburista deve essere sempre proiettato al futuro. Vinciamo quando capiamo come sta evolvendo il mondo e quando comprendiamo in che modo questi cambiamenti possono essere plasmati per il bene della popolazione. Dobbiamo essere innovatori della politica.
In questo periodo il mondo è una piazza straordinaria che pullula di nuove idee e pensieri. Dovremmo esaminarli e individuare le idee dalle quali apprendere, quelle da sviluppare. Ma ciò impone di riflettere sul serio e a mente aperta.
Così, per esempio, la tecnologia dovrebbe già bastare a rivoluzionare il modo col quale garantiamo i servizi pubblici. Se ripartissimo da zero, oggi non progetteremmo mai il nostro sistema sanitario e l’istruzione così come sono, perché la tecnologia offre molti modi di fare le cose in maniera diversa.
C’è moltissimo lavoro da fare riguardo a nuove forme di impegno civico e di servizio alla comunità. Alcune delle idee migliori si possono trovare tra le leadership dei nostri consigli locali riguardo alle politiche della casa, delle infrastrutture, della politica industriale moderna, degli investimenti che hanno un vero impatto sociale. Ed ha avuto ragione a sollevare la questione della diseguaglianza e a dire che il Labour dovrebbe tornare a concentrarsi su di essa. Questo rimarrà il suo contributo allo sviluppo del partito. E, nella misura in cui questo è anche un implicito rimprovero alle mie politiche, lo accetto.
Terzo: le buone idee falliscono se organizzazione e strategia sono mediocri. Dobbiamo perciò riflettere su come si costruisce un partito, com’è organizzato, gestito e come prende decisioni. Mi riferisco a come dar vita a un nuovo elettorato che ci sostenga, a come ci apriamo a gente nuova ed energie nuove. Per il partito è il tempo di intraprendere un rinnovamento fondamentale. Strategie e tattiche devono andare di pari passo. Se strategicamente vogliamo dirigerci verso il centro, dobbiamo prestare attenzione, e controllare che le varie politiche — anche se individualmente sono popolari — non arrivino prese tutte insieme a contraddire la strategia iniziale spingendoci troppo a sinistra. Se saremo di larghe vedute e se guarderemo al futuro, naturalmente dovremo controllare l’immigrazione, ma farci portabandiera contro le politiche dell’Ukip e attaccare l’indulgenza dei Tory nei suoi confronti. Noi siamo per le regole, non per i pregiudizi. La Scozia è una sfida enorme, ma non la riconquisteremo mai diventando più “scozzesi” e più “di sinistra”. La riconquisteremo affrontando l’ideologia del nazionalismo: una filosofia reazionaria camuffata da progressista. E la riconquisteremo offrendo politiche lungimiranti, progressiste, non basate soltanto sul luogo comune che i problemi della Scozia saranno risolti con un rapporto diverso con l’Inghilterra, non più di quanto i problemi dell’Inghilterra saranno risolti uscendo dall’Europa.
I Tory non sono cambiati, ed è per questo che sono battibili. Ma noi dobbiamo portare a compimento la nostra opera riformatrice. Il percorso per arrivare in vetta durerà cinque anni e sarà arduo. Eppure dovremmo essere entusiasti di percorrerlo. Come sempre, il nostro destino è nelle nostre mani.
“Il paese ha votato i conservatori senza volerli davvero, da qui la discrepanza tra i risultati e i sondaggi Molte soluzioni trascendono i confini tra sinistra e destra, dobbiamo sentirci a nostro agio con questo”.
(© 2015, The Observer — traduzione di Anna Bissanti)