François Hollande si appresta ad essere il secondo socialista a ricoprire l’incarico di Presidente della Quinta Repubblica Francese. Era dai tempi di François Mitterrand, figura ormai politicamente paradigmatica per molti transalpini, che non si vedeva un membro del Ps salire i gradini dell’Eliseo. Dopo “le dernier Valois”, infatti, nessun erede di Jaures era stato in grado di vincere la sfida delle presidenziali: Jacques Delors aveva rifiutato di candidarsi, Lionel Jospin aveva ceduto al primo turno mentre Ségolène Royale si era dovuta inchinare al secondo.
Dopo ventiquattro anni finisce, dunque, la “maledizione” des socialistes. Ma chi è l’uomo che l’ha spezzata? Quale è stato il percorso politico di François Hollande? Nato il 12 agosto del 1954 a Rouen, in Normandia, venne educato tra Bois-Guillaume e Parigi, dove avrebbe compiuto tutti gli studi. Laureatosi a Sciences Po e presso l’École des hautes études commerciales sarebbe in seguito entrato nel tempio della funzione pubblica francese, l’ENA (École nationale d’administration).
La sua passione per la politica emerse proprio a partire dagli anni dell’Università, periodo in cui – si parla della prima metà degli anni Settanta – la grande novità della politica francese era rappresentata dal nuovo Partito Socialista nato dalle ceneri della Sfio.
Dopo il congresso di Epinay del 1971 questo partito era guidato da François Mitterrand che aveva imposto allo stesso una linea “gauchiste” che si sostanziava in una triplice alleanza con il partito comunista francese e con il partito radicale. In quel clima il giovane Hollande si accostò al sindacato studentesco Unef-Renouveau di cui divenne una figura di spicco, partecipando attivamente alla politica universitaria di quegli anni e prendendo apertamente posizione a favore di Mitterrand nelle elezioni del 1974.
Negli anni successivi, nonostante la sua mancata adesione a una forza partitica, si mantenne in ottimi rapporti con il mondo dei socialisti e della sinistra francese sino ad aderire nel 1979 al partito socialista seguendo il suggerimento di Jacques Attali, all’epoca influente consigliere dello stesso Mitterrand. Nello stesso periodo – che può essere considerato come il punto di svolta della sua vita – iniziò a frequentare Segolene Royale, compagna di corso presso l’Ena e militante del Ps dal 1978. Il partito, in quegli anni, aveva ospitato il dibattito sulla leadership di Mitterrand che, uscito vincitore dallo scontro con Rochard, si apprestava a lanciare la sua corsa per l’Eliseo.
In quei frangenti Hollande entrò a far parte dello staff del “roi” di Jarnac come consulente economico per essere dopo poco candidato all’Assemblea nazionale nel collegio della Corrèze contro Jacques Chirac, ex primo ministro e candidato alle presidenziali. Il giovane economista all’epoca era uno sconosciuto – tanto che Chirac lo apostrofò come “il labrador di Mitterrand” – ma riuscì quasi a portare il noto esponente del Rassemblement pour la République al ballottaggio, facendo un’ottima figura dinnanzi ad un avversario difficile da piegare (si maligna che lo stesso Jacques Delors, all’epoca ministro dell’economia e delle finanze, abbia rifiutato di correre contro Chirac per paura di non farcela). Da quel momento in poi Hollande avrebbe seguito, in varie vesti, l’attività governativa di Mitterrand diventandone uno dei più fedeli “tecnocrati”.
Nel ’83 divenne capo di gabinetto di Max Gallo, all’epoca portavoce del governo di Mauroy per passare poi nel 1988, dopo la rielezione di Mitterrand alla Presidenza della Repubblica, alla carica di segretario della commissione delle finanze e della programmazione e relatore del bilancio della difesa. Nel mentre si dedicò a costruirsi una base elettorale partecipando alla vita politica di Ussel in Corrèze, dove divenne consigliere comunale nel 1983, e di Tulle dove a partire dal 1989 al 1995 ricoprì la carica di vicesindaco, salvo poi passare all’opposizione per tornare alla vittoria nel 2001 in qualità di sindaco. Tale attività gli permise di imporsi nel 1988 come deputato della Corrèze, carica che mantenne fino al 1993.
L’anno successivo venne nominato responsabile per le questioni economiche del partito da Lionel Jospin che in quel periodo ricoprirà la carica di segretario del Ps e cercherà di seguire le orme di Mitterrand candidandosi alla Presidenza della Repubblica. Sono, tuttavia, anni difficili per i sostenitori della “rosa nel pugno” rimasti orfani del loro leader più amato e discusso (tanto che si è soliti affermare che Mitterrand ha preso il Partito socialista in rovina e lo ha lasciato in rovina): Jospin sarà sconfitto salvo poi affermarsi come vincente alle legislative del 1997 che vedranno, insieme all’inedita coabitazione Chirac-Jospin, il ritorno di Hollande all’assemblea nazionale.
Nel medesimo anno il nostro diventerà, per la prima volta, segretario del Ps per essere in seguito riconfermato come tale nel 2003 e nel 2005 (avrebbe lasciato l’incarico nel 2008). Nei suoi undici anni da secretaire socialista Hollande vedrà il suo partito sempre più in difficoltà e, sostanzialmente, incapace di costruire una alternativa alla destra francese che si imporrà alle presidenziali nel 2002 e nel 2007 con Chirac e Sarkozy, alle rispettive legislative e alle europee del 2009 (l’unico risultato positivo conseguito come segretario sarà quello delle europee del 2004). Nello stesso periodo il Front National si affermerà come terza forza politica del Paese strappando una fetta dell’elettorato popolare allo stesso Ps.
Quest’ultimo raccoglierà anche una durissima sconfitta sul referendum del 2005 concernente il “Trattato che adotta una costituzione per l’Europa” senza riuscire a delineare una chiara prospettiva programmatica sul fondamentale tema del futuro dell’UE. Non a caso è proprio a partire da questo nodo che il nostro sembra essere oggi chiamato a ricominciare, dalla prospettiva dell’integrazione europea.
A riguardo Hollande appare orientato verso una riconversione a breve termine della strategia economica dell’Unione e non sembra intenzionato a operare per porre prioritariamente in essere il suo ineluttabile presupposto: un’Europa democratica. Se Mitterrand lasciò agli europei l’Atto Unico e il Trattato di Maastricht questo François, più economista che statista, sembra non possedere la statura del suo predecessore. A lui l’onere di smentire questa documentata impressione. Bon Courage.