La fiera del libro di Francoforte ci ha regalato, quest’anno, due ghiotte sorprese letterarie, frutto di fortunosi ritrovamenti in archivi inaccessibili, che hanno premiato la instancabile determinazione di studiosi appassionati, setacciatori della vasta miniera della letteratura tedesca del Novecento alla ricerca di opere dimenticate da un pubblico disattento o distratto da due guerre sanguinose e da furibonde battaglie ideologiche.
Ma non solo, i due casi presentano numerose analogie, tali da farci domandare come mai proprio ora dopo tante intricate vicende. Si tratta dei diari privati di due grandi scrittori della prima metà del secolo scorso, del racconto della loro difesa dalle drammatiche vicende del novecento, nelle quali sono stati occasionalmente coinvolti.
Il primo caso è Rudolf Borchardt, nato a Koenigsberg nel 1877, secondo figlio di un mercante ebreo che lo portò a Berlino da Mosca in giovane età, dove iniziò un percorso intenso e rapsodico attraverso tutte le correnti e le pulsioni letterarie del novecento. Vero virtuoso della lingua, dotato di una memoria infallibile e di una cultura sterminata, poeta, scrittore di saggi, racconti , romanzi e poesie , in una lingua paragonabile per intensità a quella di von Kleist.
Ricercato conferenziere, il cui gesticolare oratorio venne definito da Theodor W. Adorno l’epifania della Lingua stessa, visse come pendolare instancabile tra Lucca e Berlino, ammirato e discusso per genio e sregolatezza, quasi disinteressato alla pubblicazione delle sue opere. Ancora oggi, il leggendario antiquario Heribert Tenschert, animato da puro entusiasmo per la musicalità del periodare di Borchardt, sostiene l’ ardua impresa di pubblicare il suo sterminato epistolario, che contiene anche la corrispondenza con i suoi amici e mentori Stephan George e Hugo von Hofmansthal.
L’opera letteraria di Borchardt è stata una specie di grande accompagnamento musicale delle vicende del secolo, ma è rimasta, anche dopo la sua pubblicazione in 14 volumi, un segreto ben custodito per palati raffinati. Nel 2012, Gerhard Schuster ha scoperto nell’Archivio Letterario Tedesco di Marbach, un manoscritto di mille pagine, un diario intimo scritto nel 1937/38 mentre era rifugiato a Vienna per sfuggire alle persecuzioni razziali.
Si tratta del grande romanzo pornografico che finora è mancato alla letteratura tedesca, il racconto avvincente dell’ edonismo sfrenato e orgiastico degli anni venti e trenta vissuto da un instancabile erotomane di eccezionali capacità letterarie a tratti strumentalmente espresse in inglese, francese, latino e greco antico. Il titolo con il quale viene oggi pubblicato è Weltpuff Berlin, “Berlino puttanaio mondiale”, in un libro di 1088 pagine e in due volumi con commenti dottissimi e dettagliatissimi. Borchardt è morto nel gennaio del 1945 a Innsbruck, in viaggio per la Germania accompagnato dalle SS che lo avevano arrestato con la moglie in Italia.
A questo libro sarebbe stato più adatto il titolo di un serial bellissimo e di grande successo in Germania:”Babylon Berlin”, splendida ricostruzione dello sfrenato edonismo degli anni venti e trenta, che una canzone “zu Asche zu Staub” , rende indimenticabile.
Il secondo caso è quello di Lion Feuchtwanger (1884 – 1958), uno degli scrittori di maggior successo a livello mondiale nella prima metà del secolo scorso. Feuchtwanger, per molti anni, ha descritto dettagliatamente la sua vita, come un reportage di guerra dei suoi conflitti interiori, dei suoi svariati amori e delle sue passioni, ovviamente non destinato alla pubblicazione. I diari sono stati ritrovati dal germanista Harold von Hofe nel 1991 nel lascito dell’ultima segretaria dello scrittore, scritti significativamente in stenografia Gabelsberger, oggi difficilmente decifrabile.
Ora finalmente, a 60 anni dalla morte vengono pubblicati da Aufbau Verlag, la superstite casa editrice della ex Ddr. Si rivive la sua vita come un grande romanzo drammatico, la vita di un ebreo tedesco arrivato a una fama mondiale e a una favolosa ricchezza la cui vita è dominata da un insaziabile desiderio erotico e fin dagli anni giovanili assetata di vivere il più intensamente possibile.
Ammirato in America come in Unione Sovietica, viene dichiarato da Goebbels all’avvento del Nazismo “nemico pubblico numero uno”. Nel 1926 aveva pubblicato il suo libro più famoso “Suess l’ebreo”, un successo planetario. Respinto dalla cultura ufficiale tedesca, nel 1936 si trasferisce nell’Unione Sovietica e si cimenta in un diario di viaggio “Moskau 1937″ un maldestro tentativo di difendere lo stalinismo, cosa che gli impedì di diventare cittadino americano quando si rifugiò negli Stati Uniti, in fuga dalla persecuzione razziale nazista.
In America morì come apolide nella sua lussuosa residenza californiana nel 1958, lasciandosi alle spalle una rocambolesca fuga da un campo di concentramento francese per sfuggire all’arrivo delle truppe tedesche.
Dagli americani e dalla Ddr era considerato comunista per motivi opposti, ma il suo fu un comunismo estetico, uno dei tanti travestimenti della sua esistenza spensierata e vagabonda con sua moglie Marta, raccontata in questi taccuini segreti nei quali troviamo anche il resoconto di tre ore di colloquio con Stalin.
Marta e Lion Feuchtwanger ricordano Zelda e Scott Fitzgerald, ma in un periodo storico e in circostanze più drammatiche. Ora possiamo leggere in 508 pagine le evasioni erotiche nelle quali trova rifugio, quasi in fuga dai mali del secolo, che non si sente di raccontare.
Il caso ci ha proposto due vicende umane diverse, ma parallele, che ci fanno ripercorrere un periodo storico dal quale possiamo trarre innumerevoli suggerimenti per non essere travolti da scellerate spirali di violenza.