Le Accademie di Belle Arti a quale mondo appartengono: a quello della formazione universitaria oppure a quello delle scuole superiori? Nel paese che ha l’arte nel suo dna, in Italia, è da 65 anni che la questione si trascina. Perché in origine c’è il sesto comma dell’articolo 33 della Costituzione, che così recita: “Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”. Ma poi, per tredici lustri appunto, le Accademie, cui si accede dopo gli studi superiori, si ritrovano a convivere con i Conservatori, dove studiano anche aspiranti pianisti adolescenti. E nel medesimo comparto, così, si trovano i docenti di due diversi ordini di insegnamento, con l’esclusione di quelli delle Accademie dallo status dei professori universitari. Né la legge 508 del 1999, sulla “Riforma delle Accademie di belle arti, dell’Accademia nazionale di danza, dell’Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati” risolve la questione. Ora è in corso di valutazione un disegno di legge di iniziativa parlamentare che sembrerebbe dirimere la questione. Ma è polemica: perché, passato al Senato, il ddl viene dissezionato e pesantemente criticato in Commissione alla Camera. Mentre il mondo delle Accademie lancia un appello in sua difesa… Presentiamo due articoli utili a farsi un’idea della questione: Luca Del Fra sostiene il “no” a questo ddl e poi quello di Miriam Mirolla e Vita Segreto, docenti e promotrici dell’appello, sostengono il “sì”.