Salutiamo l’elezione di Giorgio Napolitano per la seconda volta alla Presidenza della Repubblica con la personale e particolare soddisfazione di chi l’aveva desiderata e suggerita un anno fa come una soluzione plausibile nella previsione della tempestosa situazione politica che si stava preparando. Sapevano e sappiamo quanto sinceramente Napolitano desiderasse lasciare, alla fine di questi faticosi sette anni, una responsabilità e un lavoro così pesanti e per questo bisogna oggi davvero ringraziarlo nel modo più caldo e partecipe per aver accettato la rielezione.
Avevamo immaginato, noi di Reset, insieme agli amici di Mondoperaio – piccola minoranza di navigati conoscitori della politica riformista e delle sue croniche debolezze – che la incerta navigazione del Partito democratico, in perenne instabile equilibrio tra due vie possibili, quella riformista e quella radicale, quella lavorista e quella liberaldemocratica, tra due tipi di alleanze, tra due tipi di futuro, tra due tipi di leadership, quella presente e quella possibile, che si sarebbe arrivati al momento dell’ingorgo politico-istituzionale e che il momento sarebbe stato di tale complessità che solo la garanzia del Presidente in carica avrebbe potuto gestire un transito alla situazione nuova, quale che fosse l’esito delle elezioni politiche. Alle difficoltà della sinistra si aggiungevano quelle della destra: utile ricordarlo perché ora il problema non è in primo piano, ma l’alleanza di Berlusconi e la sua azione di governo si erano decomposte in modo gravissimo, costringendo il Quirinale a inventare la nota soluzione del governo Monti per attraversare il guado di una crisi disastrosa.
Nessuno avrebbe nel corso di questo ultimo anno cancellato queste terribili debolezze (e nessuno le ha ancora cancellate). Ecco perché pensavamo che Napolitano fosse l’unica chance per garantire la transizione a un rinnovato sistema politico. Non riuscimmo neppure a completare il nostro proposito di stendere e rendere pubblica una lettera che chiedeva ai partiti di rieleggere Napolitano Presidente, quando accadde che una maldestra fuga di voci la presentasse alla stampa come un tentativo da parte di un gruppo di sostenitori di Napolitano di «chiedere a lui» la disponibilità a essere rieletto. Un poco informato articolo di un giornale nel frattempo defunto, «Pubblico», parlava di «amici» che lavoravano alla rielezione. Napolitano non potè che annunciare il suo desiderio di segno esattamente contrario con una lettera che fu pubblicata sullo stesso giornale il giorno dopo.
Gli sviluppi politici alla fine non hanno fatto che dar ragione alla nostra previsione, anche se in verità abbiamo sperato in questi mesi che i fatti la smentissero. Perché il modo in cui si è invece dimostrata vera contiene anche un messaggio amaro: quello che né il centrosinistra né il centrodestra si sono dimostrati capaci di un inizio di rinnovamento. La rielezione di Napolitano e la larga ricomposizione unitaria cui ha dato luogo hanno un segno positivo, ma i due schieramenti si presentano, il primo, con un Pd in disfacimento e più che mai diviso tra potentati di tipo personale e senza un’agenda riconoscibile, per la ricostruzione della sua identità e del suo programma; e il secondo provvisoriamente ricomposto, ancora una volta, dietro la retorica elettorale di Berlusconi che è stata premiata dagli elettori, ma che non nasconde tutte le permanenti ambiguità, i conflitti di interesse, i personalismi ossessivi che caratterizzano il suo leader.
La politica italiana si conferma malata. Il desiderio di rinnovamento si esprime attraverso una formazione – Cinque Stelle – che si caratterizza per l’assenza di una classe dirigente e di un comprensibile disegno di riforme realizzabili, politicamente negoziabili e discutibili in Parlamento attraverso un processo deliberativo. Si tratta di un movimento che conta di crescere elettoralmente ma che lungo il percorso della sua crescita non sembra intenzionato a lasciare tracce positive. Il fatto che siano capaci di accelerare la crisi degli avversari politici non mostra però con altrettanta efficacia le soluzioni che si vorrebbero capaci di realizzare già oggi.
La transizione si conferma dunque complicata, ma con la rielezione di Napolitano al Quirinale possiamo contare sull’apporto certo della sua sapienza politica e istituzionale. Per un momento c’è stato il timore che non avessimo più a disposizione neppure questa.