Con amici più o meno hayekiani, o anche tali, come Dario Antiseri e Enzo Di Nuoscio ho già tanti fronti intellettuali aperti che spesso non esplicito le mie idee, in netto contrasto con le loro, su verità e relativismo. D’altronde, anche il recente dibattito sulla pagine del “Corriere” intorno al relativismo si è spesso polarizzato su una rigida alternativa: o credi nella verità assoluta ed eterna, o devi ammettere il relativismo. Che è uno strano modo di vedere le cose: se non altro perché dimentica secoli di pensiero e in primis la potente (e a mio avviso insuperata) sintesi hegeliana di verità e storia, di essere e divenire. Fa specie vedere persone perbene dire che esistono tante verità e tante e diverse idee di bene: aperta la porta al relativismo, quei brav’uomini non immaginano nemmeno dove si può arrivare! Eppure, di fronte a un dilemma morale io so sempre ciò che è bene e ciò che è male, anche se non ho la tempra o non voglio (per considerazioni utilitaristiche) fare il bene. E così accade con la verità. Ma appunto:la verità e il bene vivono nelle situazioni concrete, contingenti, storiche, e nessuna regolistica, nessuna idea di verità e bene assoluti o definitivi, mi può essere di aiuto sulla via da seguire. Niente o nessuno può togliermi la fatica del vivere e del pensare. Tocca a noi, quindi, ogni volta immettere tutto noi stessi, la nostra personalità, nelle situazioni e pensare o agire di conseguenza. Veritas filia temporis.
CROCE E DELIZIE