L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Un grande storico

Il primo di questo aprile 2014 è morto a Parigi, a 90 anni, Jacques Le Goff, grande storico dell’epoca medievale. Chiunque si occupi di qualche aspetto di questo periodo della storia occidentale incontra inevitabilmente i suoi studi e sempre ne trae indicazioni preziose dal punto di vista scientifico, ma soprattutto interessanti. Molti, in questa triste occasione, ne hanno ricordato le opere, la vita, il carattere. Umberto Eco ne ha sottolineato la capacità – nel solco della grande tradizione della rivista Annales – di rimuovere ogni barriera tra storia degli eventi, modi di pensiero e modi di vita che gli ha consentito di proporre un Medioevo a tutto tondo, dalla coltivazione dei fagioli ai miracoli dell’architettura, dai modi di vita ai modi di pensiero, accompagnata dal dono di saper parlare al grande pubblico e per il grande pubblico sono stati scritti tanti suoi libri apparentemente divulgativi, ricchi di illustrazioni e di documenti bizzarri, ma che riuscivano ad essere leggibili e godibili da tutti proprio perché dietro vi stavano i risultati di lunghe ricerche e magistrale sapienza.
Agostino Paravicini Bagliani ha sottolineato che come nessun altro storico … ha modificato la nostra percezione del Medioevo e ne ha ricordato le opere principali e i temi studiati, in cui si intrecciavano il rigore dello storico e i contributi provenienti dalle scienze sociali, come antropologia culturale, etnografia, e dalla storia delle immagini. Tratti significativi e talvolta commoventi della sua vicenda esistenziale sono stati ricordati da Paolo Fabbri e in particolare da Franco Cardini, che ne illumina anche alcuni tratti del carattere grazie ai ricordi personali, in una pagina che non si può riassumere e che vale la pena di leggere.
Personalmente non ho studiato in modo approfondito la sua opera né mai ho avuto occasione di incontrarlo, ma mi ha sempre colpito il fatto che, qualunque fosse il tema, l’autore, l’aspetto del pensiero medievale di cui mi stessi occupando, qualcosa sempre mi riportava a una delle sue pagine, a uno dei suoi punti di vista. Proprio nei giorni in cui si è diffusa la notizia della sua scomparsa stavo leggendo un suo piccolo libretto del 2003, tradotto in italiano nel 2006 – Il Dio del Medioevo -, che in un centinaio di pagine e con uno stile assolutamente piano e per nulla accademico solleva e mette a fuoco una serie di questioni complesse, che riesce tuttavia a presentare in un modo capace di suggerire percorsi di ricerca, prospettive e ipotesi di risposte.
Con grande chiarezza e capacità sintetica presenta l’argomento del libro ricordando che esiste per lo storico, e di conseguenza per l’intero sapere, una storia di Dio (p. XI) e questa storia tratteggia, proponendo immagini e metafore che – nella loro capacità di mettere davanti agli occhi, come diceva Aristotele – sono segno di una profonda conoscenza. La novità rappresentata dalla nuova religione può essere colta tenendo presente che con l’arrivo del cristianesimo Deus acquista la D maiuscola (p. 8), affermazione che, pur contraddetta da molteplici manoscritti medievali che usano la minuscola, riesce a sintetizzare mirabilmente l’idea che intende suggerire. Per dipingere il lavoro anche concreto che ha consentito l’affermarsi del cristianesimo, ricorda il passaggio dal tempio alla chiesa e che il nuovo Dio si è manifestato con una grande attività di demolizione (p. 11) con la conseguenza di una profonda riorganizzazione dello spazio e una occupazione compatta e strutturata della topografia (p. 12).
Per chiarire la trasformazione subita dal Dio dell’Antico Testamento, sottolinea come quel Dio onnipotente e giusto sia progressivamente diventato per effetto di una costante e generale pressione che interessa tutto il periodo, non soltanto un dio buono, ma il Buon Dio (p. 17).
Discorrendo della concezione trinitaria, e in modo specifico dello Spirito Santo, non esita a parlare di politeismo medievale, all’interno del quale Dio, ovviamente, rimane il detentore unico del sapere e della trasmissione del sapere all’uomo, ma delega in qualche modo i suoi poteri (p. 34). Procedendo nella stessa direzione e ricordando il pensiero di Gioachino da Fiore, osserva che Questa dottrina valorizza un significato cristiano della storia pensato come “progressista”, motivo per cui il gioachimismo è stato considerato un antenato del marxismo … Spirito Santo come motore divino della storia … (p. 37).
Per chiarire che gli intellettuali medievali … non limitandosi ad una pura e semplice lettura dei testi sacri, ne danno un’interpretazione che si evolve. Per il tramite di tale esegesi, il Dio dei cristiani del Medioevo diventa un dio storico, un dio la cui visione si sviluppa e si trasforma nel corso del tempo … (pp. 77-78), difficilmente si potrebbe trovare una formula più sintetica ed eloquente: il Dio dei cristiani del Medioevo era eterno ma non immobile (p.78). Altrettanto eloquente è il modo in cui, all’interno del complesso sistema dei sacramenti, Le Goff chiarisce che il battesimo costituiva un accreditamento presso Dio (p.80).
Se una delle doti dello storico è di saper proporre analogie e talvolta – con grande prudenza – metafore, anche per questo Le Goff è stato davvero un grande storico.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *