Rogue State, cioè Stato canaglia. Il significato base del termine rogue è quello di “persona disonesta, senza princìpi, inaffidabile, che assume iniziative stravaganti e potenzialmente pericolose”. Con questa espressione, senza riferimento ai cittadini, la Casa Bianca si riferisce a Iran, Siria, Sudan, Corea del Nord, Sudan e in passato si è riferita a Afghanistan, Cuba, Libia, Iraq. I motivi sono evidenti: la condotta dei governi di questi paesi è stata, oppure è, pericolosa per tutto il mondo. Basterà ricordare che a guidare il Sudan è ancora oggi un uomo condannato dal tribunale internazionale per crimini contro l’umanità.
Nelle ore appena trascorse il presidente degli Stati Uniti, riferendosi ai profughi provenienti da Haiti, El Salvador e a cui vuole togliere lo status di protezione, ha motivato il suo intendimento dicendo che costoro provengono da “shitholes countries”, cioè da “merdai”, o paesi-cesso. Stesse frasi il presidente degli Stati Uniti d’America le ha usate per gli immigrati africani. Quel che colpisce è il capovolgimento metodologico: non sono più i governanti, ma i governati a finire nel mirino della Casa Bianca. Questo capovolgimento metodologico, politico e culturale rispetto alla Casa Bianca dello stesso George W.Bush, il più citato tra i predecessori ritenuti in qualcosa assimilabili a Trump, deve far riflettere. Cosa vuole comunicare Trump? Io credo che voglia sovvertire il nostro universo valoriale: se i nostri interessi sono ciò che ci interessa e ci deve interessare – America first – allora non possiamo perdere tempo a pensare agli interessi di chi viene da noi. Se uno viene da un paese arretrato, sottosviluppato, sarà arretrato, sottosviluppato anche lui. Dunque per tutelare i nostri interessi non dobbiamo consentirgli di venire. Meglio favorire la migrazione verso il nostro paese di qualcuno che venga da un territorio all’avanguardia, ci aiuterà a procedere su quella strada.
Che le cose non stiano così è evidente, Trump sa benissimo che il padre di Steve Jobs immigrò negli Stati Uniti dalla Siria. Lo sa ma non gli interessa. A lui interessa capovolgere i parametri culturali, e quindi politici. Il nostro ragionamento deve orientarsi sull’interesse, e convincerci che l’altro orientamento era sbagliato, autolesionista. E cosa c’è di più semplice, elementare, di questo? Chi sta male è malato, non può portare salute. Chi è povero è incapace, non può portare capacità. Verrebbe da dire, “come non averlo capito prima”?
Tutto questo è molto preoccupante perché quando cadono certe dighe l’acqua segue. Facciamo, nella sua enorme diversità, un esempio italiano. C’era una volta la questione meridionale, ma perché c’era? Perché il Meridione, o Mezzogiorno d’Italia, come si diceva al tempo, evidenziava una questione evidente. E’ stato realmente inserito nel processo di unificazione nazionale il nostro Mezzogiorno? E se la nostra via di sviluppo è solo verso il nord, come potrà svilupparsi il sud? A quel tempo non avevamo paura del futuro, e potevamo discutere di tutto questo tenendo a mente gli interessi di chi viveva nel sud, trascurato in termini culturali ed economici.
Successivamente, quando il futuro ha cominciato a fare paura, abbiamo ritenuto che la vera questione fosse quella settentrionale. Perché era il settentrione a pagare per la zavorra. Pagare in termini quotidiani, con il trasferimento di risorse, e pagare in prospettiva, con la perdita di concorrenzialità. C’era anche altro, ma lasciamo stare per ora.
Guardando il Mezzogiorno di oggi sembra di poter dire che si è svuotato, di abitanti innanzitutto, trasferendo molti suoi difetti al Nord, a partire dalla malavita. Ma pochi oggi sono disponibili a riconoscere che negando l’esistenza di una questione meridionale e sostituendola con una questione settentrionale si sia finito col il danneggiare tanto il Sud che il Nord del paese. L’egemonia culturale che Trump minaccia di lanciare su un occidente impaurito dal futuro a me spaventa. Il solo argine a questa deriva si chiama Bergoglio. Basterà? Tempo addietro dissi, pensando di fare una battuta, che un bel libro sull’oggi avrebbe potuto intitolarsi “Bergoglio o barbarie!”. Oggi capisco che non era una battuta
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