L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Suppositio d’amore

Passeggiare una sera lungo il naviglio, in mezzo ai tavolini dei bar e ai gruppi di amici che festeggiano il ritorno del fresco guardando l’acqua, consente di cogliere spezzoni di discorsi che confermano l’idea che la vita quotidiana sia davvero un grande e affascinante spettacolo teatrale. Le coppie parlano di sé, del loro rapporto e danno l’impressione, verso la fine dell’estate, di concentrare l’attenzione su una specie di generale riassestamento che consenta di affrontare uniti la serietà dell’autunno incipiente o di decidere che si è esaurito l’entusiasmo estivo e l’autunno vedrà ognuno andare per la propria strada.
Stavo tornando dalla biblioteca e avevo in mano alcuni studi di logica medievale che cercavo di nascondere per non fare la figura di quello che vuole darsi arie da intellettuale. Mi fermo a guardare le papere e non posso fare a meno di ascoltare. Lei è davvero bella: alta, magra, capelli corvini; lui no: grosso, grigio, più vecchio e bruttino (una speranza per tutti noi). Sta visibilmente cercando di convincerla che si può continuare, ma lei non sembra condividere e a un certo punto sentenzia: dovresti conoscermi e sapere che voglio cose piene di desiderio e di senso. A questo punto lui fissa l’acqua ed è visibilmente dibattuto tra due pensieri: da un lato sembra chiaro, soprattutto per il tono, che lo ha scaricato, e anche male, perché ha detto che non lo desidera più e trova che il loro rapporto sia privo di senso, ma, d’altro lato, si domanda se sia proprio questo ciò che ha detto.
Non resisto, apro un libro e vado a cercare le pagine dedicate alla dottrina della suppositio. Secondo i logici tardo medievali i termini, all’interno della proposizione stanno al posto di qualcosa – supponunt pro – e sulle possibili articolazioni del tipo di suppositio si sviluppano le discussioni sul significato delle proposizioni. Mi interessa in questo momento la distinzione tra suppositio confusa tantum e suppositio confusa et distributiva. Se dico: sempre un uomo è buono, posso attribuire al termine uomo una supposizione semplicemente confusa per cui intendo dire che all’interno dell’insieme degli uomini c’è sempre un uomo buono; oppure posso attribuirgli una supposizione confusa e distributiva e allora significa che ho una visione ottimistica del genere umano e penso che tutti i singoli individui siano buoni e che probabilmente compiano il male solo per ignoranza.
Guardando l’acqua, lui – naturalmente inconsapevole – rinnova la domanda. Le cose di cui lei ha parlato hanno una suppositio confusa tantum? Questo significherebbe che tra le cose che voglio c’è sempre qualcosa di questo genere (desiderio e senso), e in tal caso non si può passare alla supposizione determinata; i miei medievali sono tassativi su questo punto: a suppositione confusa tantum ad determinatam non valet consequentia. Oppure hanno una suppositio confusa et determinata? E allora gli ha detto che tutte le cose che vuole devono avere quei caratteri e il contesto porta a concludere che la relazione con lui quei caratteri non li ha più, igitur.
Chiudo il libro e per solidarietà maschile – non c’è dubbio che lui è ancora innamorato -, allontanandomi gli auguro si trattasse di suppositio confusa tantum.

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