L’operazione sulla legge elettorale che partiti sull’orlo del tracollo stanno conducendo sulla pelle del Paese sconcerta per la sua spregiudicatezza. Sembra quasi che, sapendo di essere morenti, vogliano succhiare il poco sangue rimasto e le ultime energie del paziente Italia, cercando di sopravvivere a sue spese: un po’ come quei ricchi egoisti che pur di guadagnare qualche giorno di vita non esitano a moltiplicare inutili trasfusioni (togliendo il sangue ai traumatizzati più bisognosi) e a farsi trapiantare organi espiantati da persone sane ma costrette a vendere il proprio corpo per tirare avanti.
Il Pdl ne è l’esempio più sconcertante e apertamente opportunistico. I sondaggi lo danno in gravissimo declino. Che cambi nome, simbolo, e persino leader, tornando all’usato garantito del vecchio leone Berlusconi, non tornerà più ad essere il primo partito del Paese: è molto se resterà un partito significativo, e certo non sarà più il perno di una coalizione di governo con ambizioni non solo di rimanere attaccato al potere, ma di indirizzo del Paese secondo una propria visione politica. E’ un ciclo politico, quello impersonato dal suo attuale gruppo dirigente, che si è chiuso definitivamente. E allora si attacca a tatticismi disperati, a tentativi di riforma a colpi di maggioranza con la Lega, che pure oggi è all’opposizione, per garantirsi una qualche sopravvivenza futura, senza nemmeno rendersi conto che ciò non fa che accelerare il suo declino, e la sua immagine già assai appannata, agli occhi dell’opinione pubblica. La Lega, a sua volta, oggi marginalizzata dalla sua stessa implosione, si accontenta di tirare avanti sperando di lucrare dalla rinnovata alleanza odierna con il Pdl qualche speranza di guidare la Lombardia domani, senza badare all’interesse nazionale.
Al centro sembra ormai chiaro che Casini appare disposto a qualsiasi riforma, a trasformarsi in qualsiasi sigla, a mettersi a disposizione di qualsiasi alleanza futura, purché nell’ordine del continuismo, con il governo Monti ma anche con il sistema partitocratico attuale: il solo modo che ha di contare ancora qualcosa, e di continuare a vivere al di sopra delle proprie possibilità, delle proprie capacità di trovare consenso e delle proprie qualità. Per cui un altro Monti andrebbe bene, per poter restare comodamente nella sua ombra, e non fare null’altro, tanto meno proporre una politica per far uscire il Paese dalla crisi.
A sinistra, mentre Di Pietro ha scelto il ruolo del grillismo istituzionale e dell’opposizione di sistema, rendendo Idv inservibile per qualsiasi disegno di governo futuro, il Pd coltiva delle serie illusioni, riverberate dai sondaggi, che lo danno ancora come primo partito, e quindi come potenziale fulcro del futuro governo del Paese. Ma le cose non stanno propriamente così. I sondaggi di oggi riflettono la situazione odierna. Ma domani, nel 2013, la situazione sarà completamente diversa. I partiti riusciranno probabilmente nel capolavoro di scendere ulteriormente nel gradimento del corpo elettorale, persino sotto il 4% odierno, e i loro iscritti scenderanno ulteriormente di numero mentre si alzerà la loro età anagrafica. Il partito del non voto, già oggi il primo del Paese, crescerà ulteriormente. E soprattutto l’offerta politica si moltiplicherà, aprendosi a numerosi altri soggetti, almeno cinque: alle prossime elezioni ci sarà il Movimento 5 Stelle, il partito di Montezemolo, una probabile nuova aggregazione dei cattolici con qualche ministro dell’attuale governo, almeno una nuova lista civica nazionale di sinistra (se non due), e almeno una nuova lista più o meno civica di destra, che accolga i delusi soprattutto di An. In questo quadro niente sarà più come prima, e nessuna maggioranza è garantita: soprattutto, sono del tutto illusorie le proiezioni e i sondaggi di oggi.
L’unica vera riforma da fare, se i partiti ne avessero il coraggio, sarebbe quella di pensare davvero al futuro e alle prossime generazioni, varare una riforma elettorale che restituisca in toto il potere di scelta ai cittadini, presentarsi con un programma di governo forte, senza mediazioni interpartitiche, e andarsi democraticamente a contare, senza trucchi: ricostruendo da zero il quadro politico di domani. Ciò che la maggior parte dei partiti sta mostrando di non voler fare.