La Spagna vive ore a dir poco intense. Tutti i nodi si intrecciano: la crisi economica con relativo altissimo tasso di disoccupazione (doppio di quello medio europeo), gli scandali (anche se siamo ancora lontani dal caso italiano), la spinta separatista catalana, la crisi del Psoe e quella del Pp (il partito di governo) aggravata dai risultati del 25 maggio (elezioni europee). E ora, con l’abdicazione di Juan Carlos, la questione monarchica. Tema politico-simbolico molto sentito e che potrebbe pesare non poco nella dinamica politica. Ma vediamo perché.
1. Si sa: nell’animo di ogni spagnolo si confrontano, da decenni, due spinte contrapposte: quella monarchica e quella repubblicana. A seconda delle circostanze storiche prevale una o l’altra: negli anni Trenta del secolo scorso prevalse quella repubblicana, negli anni Settanta e Ottanta quella monarchica. E ora? L’interrogativo percorre tutta la società spagnola.
2. La questione monarchica, riproposta dal passaggio dello scettro dal padre al figlio, divide di nuovo la cittadinanza. Una parte, che oggi appare maggioritaria, ritiene che le questioni prioritarie siano altre, in particolare la grave situazione economica e sociale. E che la monarchia ha servito bene il paese quando era più necessario (i primi anni del posfranchismo). Per questa parte la questione monarchia o repubblica non sarebbe dunque oggi matura. Probabilmente un settore di questa maggioranza, in questo momento favorevole allo statu quo, sarebbe in altre circostanze repubblicana. Ora no: prevale la preoccupazione di non contribuire a destabilizzare il paese in un momento particolarmente difficile e incerto.
3. Il fatto è, come appare dai sondaggi (e dalle manifestazioni repubblicane), che sono soprattutto I giovani, gli appartenenti ad una generazione che non ha vissuto in prima persona la transizione democratica (e quindi il ruolo di mediazione del monarca che ora lascia) a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, che si esprimono in vario modo a favore dell’opzione repubblicana. La Spagna, come si evince anche dal recente voto, vive una spaccatura intergenerazionale che I partiti tradizionali (popolari e socialisti) danno l’impressione di non saper affrontare. Se il nuovo monarca dovesse apparire a molti cittadini come il risultato di una scelta di vertice (quindi dei “soliti” partiti) questa spaccatura potrebbe diventare ancora più grave. Paradossalmente potrebbe essere proprio lo stato critico dei principali partiti a colpire gravemente l’istituzione monarchica.
4. Il tema è delicato e potenzialmente esplosivo: potrebbe coagulare su fronti opposti forze di tendenza radicale, con il rischio non tanto di un populismo che in Spagna non ha mai prosperato (Franco fu un dittatore di destra ma non fu un leader populista), quanto di una lacerazione politica ricca di gravi incognite. E che potrebbe coinvolgere anche I due partiti maggiori, oggi sostenuti da meno del 50% della popolazione.
Conclusione: esiste il rischio di una deriva antidemocratica in Spagna? Chi scrive, come gran parte degli spagnoli, pensa di no. Ma la storia è piena di brutte e impreviste sorprese. La corruzione (che ha coinvolto anche una parte della famiglia reale) potrebbe (per esempio se la sorella del nuovo monarca dovesse essere processata come complice di suo marito) provocare reazioni a catena e di segno opposto nella cittadinanza. Qualche partito, spinto da calcoli elettorali più o meno cinici, potrebbe essere tentato dall’idea di sfruttare il momento per capitalizzare le ansie provocate dal dilemma istituzionale. Insomma: ci sono giustificati motivi per seguire con attenzione quanto sta avvenendo nella mente e nei cuori dei cittadini spagnoli.
Nella foto: Il Re Juan Carlos durante una cerimonia militare nel 2009