Con il coraggio e l’onestà che gli vengono dalla fedeltà esclusiva al Vangelo la voce del nunzio in Siria, cardinale Mario Zenari, è l’unica che ha la forza di dirci che in Siria la situazione continua a peggiorare, che l’ISIS era solo una parte, orrenda, del problema. Il rappresentante di papa Francesco in Siria, con un coraggio che il resto del mondo non vuole avere, ha ricordato in questi giorni anche l’orrore che perseguita gli abitanti della periferia di Damasco, la Ghouta, dove il regime impedisce l’accesso di generi alimentari e di farmaci da anni, i bambini muoiono di fame, come per altro molti anziani. Nel silenzio del resto del mondo ora contro quella popolazione sono arrivati anche i bombardamenti, e il silenzio che monsignor Zenari ha rotto diviene ancor più terrificante. Riprovevole è poi l’idea che un’obiezione sovente mossa a quelle povere famiglie costrette a vivere in queste condizioni è questa: “perché non si arrendono?” La resa, loro sanno benissimo, significherebbe consegnarsi a un nemico, Assad, che mai ha rispettato una sola convenzione internazionale, e quindi significherebbe un orrore ancora peggiore.
Le parole del nunzio apostolico in Siria ci ricordano anche che in Siria ormai siamo all’arbitrio, alla guerra di tutti contro tutti nel più totale disprezzo per la popolazione civile. “È davvero un momento infernale. Ci sono centinaia di migliaia di vittime: tutti piangono i loro morti, hanno visto luoghi di culto distrutti, hanno subìto atrocità”. Quindi correggendo alcuni esponenti del clero locale, ha dimostrato un’attenzione alle sofferenza di tutto il popolo siriano, come ogni prelato dovrebbe fare ma solo lui sembra capace di fare in Siria. «Non vengono colpiti solo i cristiani, ma è anche vero che si sentono presi di mira: è evidente come i gruppi minoritari siano quelli più a rischio e i cristiani lo sono in maniera particolare, avendo anche scelto di non portare armi.La gente intanto sopravvive cucinando brodaglie fatte di foglie: una cosa impressionante». «Le immagini che giungono sono agghiaccianti e al livello sanitario la situazione è al collasso: sono più le persone che muoiono per mancanza di cure ospedaliere e di medicine di quelle cadute a causa delle bombe e dei colpi di artiglieria». Solo lui, monsignor Zenari, il rappresentante in Siria di Jorge Mario Bergoglio, dimostra di avere questo coraggio, come purtroppo gli accade da sette lunghissimi anni, che lo hanno visto sempre testimone della verità.
Il problema che di tutto evidenza Zenari pone riguarda la contro-testimonianza di tanti, dal mondo dell’informazione ad ampie porzioni di quello religioso.
La Ghouta, quell’ampio territorio non distante dalle pasticcerie di Damasco ma rimosso dai taccuini di chi visita Damasco, tormenta la coscienza del mondo da quando Assad, lo confermano recenti ricerche, non solo vi fece strage di civili nel 2013, ma poi ebbe l’ardire di sostenere, aiutato da molti e anche da una “religiosa”, che quella strage chimica era stata autoprodotta. Ora invece sappiamo che il gas chimico impiegato era lo stesso dei suoi arsenali.
Ma in tutto il mondo, oltre a qualche inascoltato funzionario dell’ONU incaricato degli aiuti umanitari ai siriani, parla solo lui, il più radioso esempio di cosa voglia dire essere un nunzio in zona di guerra, Sua Eminenza Mario Zenari. Eppure non sono pochi quelli che potrebbero, se volessero, seguire il suo esempio.
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