Consiglio a tutti la lettura di un prezioso saggio di Simone Weil, apparso per la prima volta nel 1950. E’ uscito in questi giorni in edizione italiana col titolo Manifesto per la soppressione dei partiti politici, con una prefazione di André Breton (Castelvecchi). E’ un piccolo gioiello, come suol dirsi, ma questa volta va detto senza retorica. Raramente, infatti, poche pagine sono riuscite ad andare così a fondo, e in modo così semplice, su una questione che deve starci molto a cuore: non quella della soppressione dei partiti, come si sarebbe portati ad immaginare, ma l’altra ben più importante dell’autonomia della cultura (o del pensiero) e della difesa della verità (e del bene). E’ questo il vera tema del libro, a mio avviso. E meglio non poteva essere svolto. Con frasi brevi ed efficaci e con logica stringente, Simone Weil riesce ad argomentare magistralmente un punto su cui ho già cercato di richiamare l’attenzione in questo blog. Che cioè non esistono mille verità o mille beni in lotta fra loro, ma sempre e solo un’unica verità e un solo bene. Altro che relativismo!, con buona pace degli amici Antiseri e Giorello. Come altro definire la verità se non come, dice Weil, “la luce irresistibile dell’evidenza “ che “obbliga a pensare così e non altrimenti”? La verità esige “fedeltà esclusiva alla luce interiore”. E non può essere definita se non partendo da se stessa: senza riferimenti ad altri elementi, che sarebbero pensieri prestabiliti e quindi non veri perché non vissuti interiormente; e senza riferimenti a fini fuori di essa perché essa non è mezzo a nulla ma è fine in sé (“se si prende un criterio del bene diverso dal bene, si perde la nozione di bene”). Riporto dal libro quella che è una delle più affascinanti definizioni della verità che abbia mai letto: “Quando ponzio Pilato ha domandato a Cristo: ‘Che cos’è la verità’, Cristo non ha risposto. Lo aveva già fatto prima, dicendo: ‘Sono venuto per rendere testimonianza alla verità”. Non c’è che un’unica risposta. La verità è costituita dai pensieri che sorgono nello spirito di una creatura pensante , unicamente, totalmente, esclusivamente desiderosa della verità. La menzogna, l’ errore – termini sinonimi – sono i pensieri di chi non desidera la verità, o di chi desidera la verità e, assieme ad essa, qualcos’altro. Per esempio, di chi desidera la verità e in più la conformità a un determinato pensiero prestabilito”.
E’ da questi ragionamenti che Simone Weil trae la conclusione che i partiti vanno soppressi in quanto “cristallizzazioni artificiali” di pensieri pensati da altri o da noi stessi in un altro momento (mentre sarebbe necessario che gli eletti si associassero e si dissociassero “secondo il gioco naturale e mobile delle affinità”). E’ una conclusione drastica a cui si potrebbe opporre l’esistenza, accanto alla verità logica, di una “verità” (si fa per dire) politica o utilitaristica. Che è poi la strategia di risposta che portò Croce a concepire l’Utile come valore distinto ma in sé positivo, con un suo ruolo nella dialettica dello spirito. Ma è un discorso che ci porterebbe molto lontano e che per ora, almeno in questa sede, è meglio rimandare.
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