Nel 1923 Benedetto Croce assunse la presidenza della Modern Humanities Research Association, un circolo intellettuale composto dagli uomini di cultura più in vista del tempo. Intellettuali, diciamo così, di diversi paesi che, nell’associazione, avevano il compito di affermare l’universalità dei valori della cultura. Esigenza tanto più importante e urgente all’indomani di una guerra segnata dai nazionalismi e dalla divisione fra popoli e culture. Per l’occasione il filosofo napoletano si recò a Cambridge, sede dell’associazione, per tenere la sua prolusione inaugurale. Come suo solito, ritenne che, piuttosto che parlare genericamente dei rapporti, pur da lui tanto scandagliati, fra le discipline dello spirito umano, come forse gli era stato richiesto, sarebbe stato più opportuno e utile riferire di un autore e di un tema ben determinati. E quale autore poteva meglio suggellare l’amicizia fra due paesi e il rapporto fra due culture, l’inglese e l’italiana, se non quell’Anthon Ashley Cooper, terzo conto di Shafesbury che, nato a Londra nel 1671, divenuto uno dei più influenti pensatori del tempo a cavallo dei secoli decimosettimo e ottavo, si era poi trasferito a Napoli per motivi di salute nel 1711, e qui era morto due anni dopo nel palazzo Mirelli della Riviera di Chiaia? Nacque così quell’elegante testo Shaftesbury in Italy che, più che un Presidential Address, come recita il sottotitolo dell’edizione pubblicata nel 1924 da Bowes & Bowes, è un vero e proprio saggio di ricostruzione storiografica e di riflessione teorica (corredato anche dalla pubblicazione di alcune lettere inedite di cui Croce era venuto in possesso). Shaftsebury si era trasferito a Napoli subito dopo la pubblicazione, nel 1711, di un grosso tomo che raccoglie tutti i suoi scritti: Characteristics of Men, Manners, Opinions, Times ( (in italiano è disponibile nella bella e ponderosa edizione del 2007 dei “Classici della filosofia” UTET: Shaftesbury. Scritti morali e politici, a cura di Angela Taraborrelli). Già dal titolo si capisce che il deista Shaftesbury era un moralista, nel senso classico del temine, cioè uno studioso dei mores umani e di quel sentimento naturale di simpatia e condivisione che lega gli individui fra loro. Le sue analisi dell’entusiasmo, quelle sul sense of humour come esempio di “libertà dello spirito”, le sue ricerche sulla virtù e sul merito, il Soliloquio o consiglio a un autore, sono opere finissime, sia da un punto di vista psicologico sia teorico. A Napoli, come ricorda Croce, si aggiunse poi uno spiccato interesse per l’arte e il bello, secondo quello che egli chiamava genius of the country. Le sue idee transitarono in quel circuito europeo dei dotti, influenzando particolarmente la “scuola scozzese del senso comune”, arrivando, attraverso Francis Hutcheson soprattutto, fino a David Hume e Adam Smith (la vicenda è raccontata nel bel libro, ancora in attesa di traduzione: John Roberrtson, The case for the Enlightenment. Scotland and Naples, Cambridge University Press, 2007). Anora nell’ambito dell’idealismo tedesco, come documenta Croce, le sue opere ebbero molta influenza, anche se il filosofo napoletano, che teoricamente a quel movimento si sentiva vicino, non può non osservare che è presente in Shaftsbury “come in genere nella filosofia inglese del Settecento, qualcosa che, a mio avviso, appartiene ancora al presente o all’avvenire; qualcosa che non operò presso i grandi idealisti tedeschi, tutti dal più al meno avvinti e premuti da tradizioni scolastiche e accademiche, e che aspetta di operare ai giorni nostri: quel suo vivissimo senso che la vera filosofia debba volgersi unicamente a far conoscere noi a noi stessi e a perfezionare il nostro intelletto e il nostro giudizio e ad affinare la nostra vita interiore e morale, quella sua indifferenza e aborrimento per le insolubili questioni metafisiche che riempivano la filosofia delle scuole”. E’ un giudizio su cui, sempre a partire da Shaftesbury, ritorneremo nel prossimo post.
CROCE E DELIZIE
Professore, questo è un blog, non è un saggio scientifico. Al massimo posso dare delle suggestioni, affinché poi ognuno approfondisca e si faccia anche le sue idee. L’ho citata, e questo credo che basti e avanzi. Con cordialità
Bravissimo, si può anche ignorare uno dei maggiori studiosi di Shaftesbury in Italia; ma non può bastare un semplice atto di pirateria. Mi complimento per un rilancio di interesse per il filosofo morale inglese, spero solo che Donzelli venda qualche copia in più del mio libro uscito nel 2001 ( ma ve ne era una precedente edizione, poi rivista ed ampliata, presso Morano), Comunque, auguri per questa “nuova” lettura della “filosofia dell’immanenza di S.
franco crispini
Purtroppo quando uscì il mio libro su S.(Morano 1994) poi rivisto ed ampliato(Donzelli 2001)) mi mancava la “illuminante” lettura di questi giorni. Ora vedo che tutte le mie lacune sono state brillantemente colmate.Me ne compiaccio, solo che credo che non sarebbe stato inutile sfogliare quei miei libri.