LA BELLA CONFUSIONE

Oscar Iarussi

Giornalista e saggista.

Se per Renzi i Conti tornano

Carlo Conti

Carlo Conti

Vero è che nel 1994 aveva partecipato come concorrente a La ruota della fortuna di Mike Bongiorno, ma pochi rammentano che anche il primo libro del giovane Matteo Renzi, datato settembre 1999, riserva un che di musicale e di televisivo. E magari vale la pena ricordarlo nell’ultimo giorno del Festival di Sanremo di Carlo Conti, trionfale negli ascolti e sotto il segno della parola «speranza» tanto cara al presidente del Consiglio. Che si astengano perciò i «gufi», ovvero i soliti disfattisti cuperliani: le canzoni sono tutte bellissime e, come ha titolato ieri il «Corriere della Sera» in prima pagina, «Luca e Paolo fanno ridere» (che stranezza, per dei comici…). Il titolo del volume è allettante e un po’ demenziale, come usava allora sulla scorta del successo delle «formiche» di Gino & Michele. Eccolo: Ma le Giubbe rosse non uccisero Aldo Moro. La politica spiegata a mio fratello, per i tipi della storica casa editrice Giunti di Firenze (pp. 114, Lire 14.000). I due autori sono Lapo Pistelli, all’epoca trentacinquenne deputato del Partito popolare e oggi viceministro degli Affari Esteri, e Matteo Renzi che nell’aletta della copertina si presenta in tal modo: «24 anni, laureando in giurisprudenza, educatore scout, lavora in una agenzia di marketing».

Il libro è un dialogo immaginario tra Lorenzo e Jonas, «un giovane parlamentare e suo fratello diciottenne». In filigrana non è difficile intravedere l’identità degli stessi autori. È un dialogo sulla politica, sull’Italia del passato e quella che verrà, con gli svarioni dei ragazzi tipo quello su Moro citato nel titolo e le pesanti responsabilità degli adulti (sebbene non si parlasse ancora di «rottamarli»).

Ma le curiosità sono altre. I prefatori, per esempio, si chiamano Romano Prodi e Luciano Violante, nel 1999 rispettivamente neo-presidente della Commissione europea e presidente della Camera, non proprio due signori qualunque, oltretutto iscritti a formazioni politiche differenti, Democratici e Ds, entrambi confluiti nel Partito democratico nel 2007. Non manca una sorta di postfazione, che, intitolata «A Jonas che avrà vent’anni nel Duemila» come un celebre film di Alain Tanner (1976), porta la firma di un autore e conduttore televisivo già affermato, il trentottenne Carlo Conti. Scrive Conti: «Vorrei dire che dobbiamo accettare la sfida di scommettere su questa generazione, di credere nella capacità di questi giovani di giocarsi la partita della propria vita con coraggio e intelligenza. Va in questa direzione, io credo, il tentativo di Lapo, la cui sensibilità su questo argomento non costituisce per me una novità, e di Matteo…».Conti è fiorentino, come lo sono Renzi e Pistelli, che fu mentore dell’attuale premier. Insomma, per dirla con un altro fiorentino illustre, padre Dante: Matteo, «i’ vorrei che tu e Lapo ed io /fossimo presi per incantamento / e messi in un vasel, ch’ad ogni vento /per mare andasse al voler vostro e mio».

Fiorentino è anche il rocker Piero Pelù, cui gli autori fanno ricorso per l’epigrafe del primo capitolo: «E dico sì al dialogo». Le altre citazioni in testa ai capitoli sono di Francesco De Gregori, Karl Popper, Giorgio Ambrosoli, Ligabue e Henry Ford. E pensare che Pelù dal palco del concertone romano del Primo maggio nel 2014 attaccò Renzi: «È il boy scout di Licio Gelli» (il «maestro venerabile» capo della loggia massonica segreta P2). Non è fiorentino, ma toscano della provincia di Siena, il disegnatore Sergio Staino, il padre di Bobo, che illustra il volume con le sue vignette. Nella nota iniziale Pistelli e Renzi scrivono di aver fatto leggere le diverse versioni del loro testo ad alcuni studenti, tra i quali c’è una ventunenne Agnese, che con ogni probabilità era ed è Agnese Landini, andata in sposa a Renzi il 27 agosto del ‘99, oggi trentasettenne. I conti tornano. E tornano anche i Matteo, visto che Carlo ha scelto giusto questo nome per battezzare il suo bimbo, nato un anno fa.

E allora? Hanno forse ragione Luca e Paolo, i comici che fanno ridere (incredibile, a ben pensarci), quando alludono a Renzi per sfottere Conti? «Prendi uno di Firenze, lo metti in tv a dire cazzate e ci credono tutti». O v’è forse un complotto neo-democristiano e vetero-mediceo all’opera dietro le quinte di Sanremo? Macché. Quest’articolo è un po’ il nulla, lo sappiamo. Mica è come il Festival…

Articolo apparso sulla “Gazzetta del Mezzogiorno” del 14 febbraio 2015

 

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