Stiamo scivolando verso la Guerra. E, purtroppo rischiano di aver ragione quelli che gridano ad un lupo immaginario, perché alla fine – come nei peggiori incubi – il lupo, tanto invocato, si materializza. E, di fatti, in Guerra non si “entra”. Ci si scivola. Progressivamente. Certo ci sarà sempre un primo settembre da consegnare alla Storia, un momento nel quale i panzer del sonno della ragione lanciati a tutta velocità contro qualche romantico esercito a cavallo segna un punto di non ritorno. Ma in Guerra si scivola. Un po’ alla volta. Si scivola per una serie impressionante di banali errori tecnici (come quelli della polizia e dei servizi che ieri nella capitale d’Europa presidiata da quattro mesi non hanno impedito che se ne colpissero i centri nevralgici paralizzandola). Scivoliamo in Guerra quando non abbiamo più risposte sul futuro e affidiamo tutte le crisi – che sono, appunto, momento di rottura tra routine e cambiamento – ad una gestione burocratica di esse che, per definizione, non potrà che far accumulare i problemi fino quando non esplodono. In Guerra si scivola, soprattutto, per pigrizia intellettuale. Per pigrizia degli intellettuali che dovrebbero scuotere le coscienze e che, invece, ieri, l’unica idea che si fanno venire è che quello che è successo ieri riguarda il Belgio (laddove gli attentati di Novembre la Francia, le bombe sulla metropolitana a Londra l’Inghilterra e quelle sui treni la Spagna e basterebbe fare la somma degli attentati per capire che la scala dei problemi è universale). Pigrizia di chi dovrebbe fare proposte e che invece riesce solo ad esalare, per l’ennesima volta, che questa è la fine della coabitazione tra mussulmani e città dell’occidente senza precisare quali sarebbero le conseguenze – PRATICHE – di tale geniale pensata. Di quelli che dalla scrivania ci incitano ad “entrarci” in Guerra senza mai precisare con chi dovremmo prendercela, visto che nemici e amici sono evidentemente mischiati. In Guerra si scivola. E, soprattutto, ci si scivola quando una generazione (buona parte della nostra ma io non sento di farne parte) non sente più di avere un futuro: vive di microconsulenze; di piccoli privilegi; di uno stipendio da impiegato (magari di lusso) e di stupide settimane bianche. Ci si scivola quando ai nostri figli non abbiamo più nulla da dare tranne un IPHONE. Ci si scivola per mancanza di coraggio. Per mancanza di memoria e di prospettiva. Per quello che mi riguarda continuerò a combattere. Anche perché non c’è alternativa.
Francesco Grillo
Francesco è Amministratore Delegato di Vision and Value, società di consulenza direzionale e si occupa soprattutto di valutazione di politiche pubbliche per organizzazioni internazionali. E' direttore del think tank Vision, con cui gestisce diversi progetti dedicati a "le università del futuro", "big society", "la famiglia del futuro" ed in generale all'impatto della rivoluzione delle tecnologie dell'informazione sulla società e sull'economia. In precedenza ha lavorato per la Bank of Tokyo e con McKinsey. Laureato in economia alla LUISS, ha completato un MBA alla Boston University e un PhD presso la London School of Economics con una tesi sull'efficacia della spesa pubblica in ricerca (http://www.visionwebsite.eu/vision/staff_cv.php?cv=1) . E' editorialista de Il Mattino e de Il Messaggero ed è autore di diversi libri sull'impatto di Internet sulla sanità (Il ritorno della rete, Fazi, 2003), sull'automobile (La Macchina che cambiò il Mondo, Fazi, 2005), sui media (Il Sonno della Ragione, Marsilio, 2007).