L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Sacro e profano

Una processione in Liguria; come sempre un misto di sacro e profano. La banda, il sindaco, le confraternite che portano crocefissi di tutte le dimensioni provenienti da molti paesi dei dintorni. Bambini con piccole croci che li fanno sentire partecipi dell’avvenimento, adulti che sfidano le proprie forze e le leggi della statica con enormi croci che costringono a frequenti cambi di portatore, cui tutto il gruppo deve partecipare e cui la folla assiste con silenziosa partecipazione.
Raffigurazioni di Cristo in croce enormi, pesanti – in senso fisico e simbolico -, barocche, esagerate ridondanti, alcune decisamente pacchiane. Sentimenti contrastanti. Partecipazione alla ingenuità e collettività di un rito che, senza alcuna pretesa intellettuale, riporta a radici lontane di esibizione di ricchezza e trionfalismo, che sono senza dubbio parte essenziale di una secolare tradizione religiosa e popolare, Senso quasi di fastidio per questa specie di omaggio idolatrico alla ostentazione e alla esagerazione che inevitabilmente induce a riflettere su quanti livelli diversi di realtà si siano prodotti, sovrapponendosi, nella millenaria storia del cristianesimo occidentale.
Impossibile evitare di chiedersi quali strane relazioni colleghino questa fastosa celebrazione di potenza e forza a una storia che comprende momenti di riflessione e comportamenti del tutto diversi e persino opposti.
Difficile tenere a freno i pensieri che si aggirano, quasi spaventati, tra riferimenti contraddittori a episodi di semplicità ed esibizione, povertà e ricchezza, debolezza e violenza, amore e odio, raffinata cultura e avvilente banalità.
E’ forse un po’ irritante, ma pare proprio che l’unica conclusione sicura alla quale il pensiero umano – almeno quello occidentale di origine greco-latina – riesca ad approdare sia l’inevitabile e socratica consapevolezza di non capire, la presa d’atto della impossibilità di costruire quadri concettuali in grado di fornire almeno una pallida rappresentazione della storia da cui veniamo e che ci fa essere quello che siamo.
Ma esiste anche un’astuzia, se non della ragione, almeno della amministrazione comunale e così, dopo la devozione esibita in modi discutibili, arrivano i fuochi artificiali. Ancora esagerazione, ma senza immediate implicazioni ideologiche: potenza, rumore, bellezza, luce, colori, esclamazioni di meraviglia. Che cosa c’entrano con la storia di uno che avrebbe promesso la salvezza agli uomini, per finire poi rappresentato da quelle croci sfarzose e luccicanti? Niente. Ed è proprio questo il bello della nostra incomprensibile vicenda umana: non c’entrano niente, ma stanno ugualmente bene insieme.
E domani torniamo sulla spiaggia, ci spogliamo e proviamo a superare, almeno per qualche momento, i ruoli e le differenze sociali, stando tutti insieme: belli e brutti, grassi e magri, giovani e vecchi. Così non si capisce più nulla, ma almeno si ritorna all’acqua primordiale. Questo mi piace del mare.

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