Un post breve, questo, perché dinanzi a certe manifestazioni che il Paese ci riserva finiscono per mancare pure le parole. Berlusconi viene condannato a 7 anni in primo grado: non mi interessa, qui, riflettere sulla giustizia o sulla gratuità della sentenza. Ognuno la pensi come crede, possibilmente secondo un minimo di coscienza. Quello che vorrei sottolineare, con profonda noia e un combinato di stupore misto a un leggero sdegno (non troppo, perché in fondo il fenomeno è piccola cosa, in tutti i sensi, e non merita grande enfasi) è la corsa al presunto anti-conformismo anti-moralista di Ferrara e seguaci.
A parte che se lo fa Ferrara, è un conto – ed è comunque un meccanismo di reazione vecchio come il cucco (della serie: sia tutto consentito, anche de jure, visto che lo è già de facto); ma vederlo fare ai suoi epigoni, che probabilmente nella vita considerano anticonformista bere il tè della merenda alle 17.30 invece che alle 17, è un bel po’ triste. Siamo un paese banalissimo, in cui la triviale operazione di fare i novelli bastian contrari dell’agone politico viene spacciata per una sorta di irresistibile smarcamento elevante dello spirito: buttiamo via tutto, ogni senso del pudore, ogni senso della misura, ogni senso di ciò che dovrebbe esser lecito, ma diciamo pure ogni senso della morale, perché forse (dico forse) conviene stare dalla parte di chi un giorno avrà magari modo di ricordarsi dei solerti servigi “anti-moralisti”. E si tratta, per lo più, di sedicenti intellettuali, professori, dirigenti con la poltrona incollata al deretano, che non rischiano nulla per recitare il loro strepitante (più che strepitoso) pezzetto nella farsa. Come se bastasse contrapporsi in senso speculare e contrario alla minoranza opposta, e certo altrettanto stucchevole, degli anti-berlusconiani di professione, per cassare come se non esistesse il mare di gente che sta nel mezzo, e che da tutte le vicende occorse negli ultimi venti e passa anni, coi loro annessi e connessi – siano essi veri, falsi, giusti, ingiusti, indecenti o leciti – è legittimamente e definitivamente schifata.
E quindi sì, smettiamo anche di argomentare, procediamo per presunte stilettate di sarcasmo (qualche volta divertente, altre meno), e giochiamo a dire che “siamo tutti puttane”. A parte che Ruby sono tre mesi che fa le radici davanti al tribunale di Milano per convincere la gente che lei non è una “puttana”, ma soprattutto – vorrei dire – son capaci tutti a fare le “puttane” con l’“attrezzatura” altrui. Io preferisco fare la “moralista”, ossia (capirai che moralismo) quella che dice: se la sentenza sarà confermata nei prossimi gradi di giudizio, e l’imputato sarà condannato, beh mi sembra che la cosa si possa riassumere con un solo, obliato, “moralisticissimo” aggettivo: giusto. Un termine che mi tengo ben stretto, con tutta l’assiologia sottesa, perché mi sa tanto che di anticonformista al momento c’è rimasta una cosa sola: il pudore – anzitutto intellettuale.
Federica Buongiorno