Si tratta di un problema rilevante – filosofico, logico, fisico – che però interroga anche l’esperienza quotidiana ed esistenziale. I medievali lo chiamavano de primo et ultimo instanti oppure de incipit et desinit, quando l’accento veniva posto soprattutto sull’analisi linguistica dei verbi che significano iniziare e finire. Come avviene ad esempio il passaggio dalla quiete al movimento? Esiste un ultimo istante della quiete seguito da un primo istante del movimento? Ma fra l’uno e l’altro che cosa c’è? Il tempo è discreto, costituito da unità minime indivisibili come i due istanti cui si è fatto cenno? Oppure si tratta di un’estensione continua, divisibile all’infinito, e allora che cosa ne facciamo degli altri infiniti istanti che stanno tra la fine della quiete e l’inizio del movimento?
La domanda se si tratti di un inizio o di una fine – naturalmente in termini più vaghi – si pone però anche nella nostra vita.
Ce lo domandiamo a proposito dei fatti importanti, storici, in cui ci capita di transitare: quei fantastici anni, in cui quelli della mia età sono passati, erano un inizio oppure una fine? Abbiamo sognato a lungo che fossero l’inizio di un mondo nuovo e invece abbiamo poi capito che erano solo la fine del lungo secondo dopo-guerra e quelli che non l’hanno capito hanno dato inizio a qualcosa che era ben diverso da quanto molti avevano sperato.
Ce lo domandiamo per gli incontri della vita: che dire di quei tre giorni meravigliosi di amore che potevano sembrare inizio di una vita nuova, più significativa, nella quale – insieme – avremmo potuto cambiare non il mondo ma almeno la nostra esistenza. Invece era solo la fine di una conoscenza, per certi aspetti travolgente, ma destinata a rimanere là per aria, non cominciata né conclusa, superficiale, troppo limitata; solo un motivo di nostalgia per quanto poteva essere – o avrebbe potuto essere – ma non è stato, perché era non un primo ma un ultimo istante.
Ce lo domandiamo quando si arriva all’ultima nota di una musica, all’ultima pennellata di un quadro, all’ultima parola di un libro che si sta scrivendo; sono l’inizio di una avventura destinata a portare chissà dove o semplicemente la conclusione di un lavoro che rimane poi in un cassetto, segno di un ennesimo decollo mancato? Credo che la stessa cosa si possa dire di una sedia fabbricata, di un impianto elettrico messo a punto in modo perfetto, di una nuova coltivazione introdotta nei campi.
Quando domani sentiremo suonare la fatidica mezzanotte, il problema filosofico e matematico sarebbe di stabilire se si tratti dell’ultimo istante dell’anno vecchio o del primo dell’anno nuovo, come si possa passare dall’uno all’altro, ma ci coglierà come sempre anche quel minimo – speriamo – di vertigine esistenziale per capire se possa essere – debba essere – un nuovo inizio o solo un’ennesima fine.
Auguri di buon anno.
L'ASINO DI BURIDANO
Lee Smolin, La rinascita del tempo.
Auguri
È sempre un inizio … e forse pensiamo solo alla fine perché non ce ne accorgiamo 🙂 Anche a te tanti auguri di buon anno!
Quella vita che è una cosa bella, non è quella che si conosce, ma quella che non si conosce: non la vita passata, ma quella futura – Speriamo risponde il venditore di almanacchi e di lunari nuovi al passeggere.
Speriamo davvero, crediamo nella originalità della vita e nelle sue sorprese. Auguri di un nuovo anno più felice del precedente a tutti.