Per noi eraclitei l’agosto a volte sembra la rivincita di Parmenide: tutto appare fermo, fisso, dato, identico. Il tempo sembra essere in pausa; scorre perché non può farne a meno, ma si ripresenta uguale, si dimentica quale giorno della settimana sia, quale ora del giorno. E’ il trionfo dell’essenza: la luce è solo luce e l’ombra solo ombra, il giorno è solo giorno, le vie della città vuota sono solo vie e anche il mare è solo mare. Persino il dolore – anche se non sempre – in una afosa giornata estiva perde talvolta i suoi caratteri accidentali ed è solo dolore.
Le cose tornano a muoversi quando ritornano gli accidenti, quando ricompaiono le scadenze – e quante sono a settembre! – quando il telefono riprende a suonare e il computer avvisa, con quello stupido suono, che è arrivato un messaggio di posta elettronica, quando ci si ricomincia a sentire in ritardo rispetto a tutto quello che si deve fare. Anche il caldo a settembre sembra un intruso, una sciocca pretesa di farci ancora stare fermi, di farci credere che non sia successo niente.
A settembre finalmente possiamo tornare a essere eraclitei e a vedere che tutto scorre, ma questo scorrere improvviso assume qualche volta il sapore – forse proprio per il dilatarsi della sensibilità estiva – di una forzata ripetizione; suggerisce che anche lo scorrere possa diventare solo scorrere. Si ritrovano da capo tutte le cose messe fra parentesi, ma proprio quelle, di nuovo quelle, soltanto quelle, come se anche Eraclito fosse diventato parmenideo.
Trovo bellissima la poesia di Yogo Ngana Ndjock – mi scuso se l’ordine dei nomi non è corretto – poeta del Camerun, venuto in Italia dove è impegnato in ambito politico e sociale, che riesce a dare questa idea, dello scorrere della vita che tuttavia talvolta sembra tenerci chiusi in una costante ripetizione.
Vivere una sola vita / in una sola città / in un solo Paese / in un solo universo / vivere in un solo mondo / è prigione.
Amare un solo amico, / un solo padre, / una sola madre, / una sola famiglia / amare una sola persona / è prigione.
Conoscere una sola lingua, / un solo lavoro, / un solo costume, / una sola civiltà / conoscere una sola logica / è prigione.
Avere un solo corpo, / un solo pensiero, / una sola conoscenza, / una sola essenza / avere un solo essere / è prigione.
(Nhindo nero, Anterem, Roma 1994)