Non che sia questione nuovissima, ma ora il pendolo tra “viva lo specialismo” e “alé sguardo largo” riceve un nuovo slancio dall’ultimo libro di Giuliano da Empoli, Contro gli specialisti. La rivincita dell’umanesimo (Marsilio).
È nei periodi di crisi che ci vuole la visione periferica, scrive da Empoli. E dagli torto. Però, pare di capire, che l’apertura mentale non sia prerogativa dello scienziato, che se ne sta tutto assorto – chi bene e chi meglio – nella sua disciplina senza essere in grado di compiere il salto gestaltico che ti fa vedere la lepre nella testa della papera. Bisogna saper unire i puntini per battere la crisi, sostiene il giovane – ancora per quanto? – intellettuale di rito renziano. L’obiettivo polemico del pamphlet uscito da poco sono i tecnocrati che governano l’Europa pensando che il loro sapere stretto possa bastare a condurre in salvo il continente.
Nelle pagine di da Empoli si sente quasi l’eco della sentenza di Martin Heidegger quando diceva che “la scienza non pensa”. Sono passati più di sessant’anni dal tentativo di sir Charles Percy Snow di conciliare le due culture ma non sembra che di passi se ne siano fatti molti. Il pendolo continuerà a oscillare, “meglio gli specialisti” “no, meglio i tuttologi”. “Ignoranti istruiti” li definiva all’inizio del XX secolo Ortega y Gasset, e sono ancora lì che guidano l’Europa senza avere la capacità. Un atto d’accusa contro gli individui ma anche contro una cultura della specializzazione incapace di costruire uno sguardo efficace per comprendere il presente.
Eppure, malgrado le ragioni che ha dalla sua da Empoli, siamo sicuri che il problema del nostro tempo sia quello individuato nel libretto? Prendiamo l’Italia. Siamo sicuri che sia il trionfo dell’iperspecialismo il problema del nostro paese? Che sia guidato da scienziati miopi e non da umanisti dal sapere plastico? Mah, quel che è certo è che l’accademia nel complesso è tenuta fuori dalla porta di una discussione pubblica.
Certo, c’è stato un prof presidente del Consiglio, ci sono prof ministri, eppure gli specialisti sono tenuti fuori dai giochi della discussione pubblica se non si vuole dalla politica. La sinistra che un tempo teneva a cuore il rapporto stretto con l’Università ora la ha abbandonata, lasciato al suo destino, e intanto l’università naufraga nel disinteresse tra il mantenimento di vecchie posizioni di potere e l’irrilevanza pubblica. Sapere, sapere bene qualcosa conta sempre meno.