Pluralismo è una concetto importante nelle scienze sociali, associato alla pluralità delle idee e delle visioni del mondo che contraddistinguono le nostre “società aperte”, anche e soprattutto nel rapporto sperabilmente non belligerante fra di loro. Più complessa è, per ovvi motivi, la sua “fondazione” filosofica. In qualche modo, il tema del pluralismo (e del monismo) è già in Platone, per il quale il problema più importante è come giustificare logicamente il rapporto fra l’uno e i molti, fra la molteplicità degli enti e l’unicità dell’essere. Dal mio punto di vista lo sforzo maggiore fatto dalla filosofia occidentale per comprendere il pluralismo si chiama dialettica, la quale ha una lunga storia di cui Hegel può essere considerato il più importante se pur provvisorio punto di arrivo. La logica dialettica è anche un’importante affermazione di liberalismo, ma solo se si ha l’accortezza di non chiuderla facendola approdare ad un punto di arrivo definitivo: il che, in certo modo, avviene sia con lo Spirito assoluto hegeliano sia ovviamente con il “regno della libertà” della futura società comunista marxiana. Fra l’altro, come si sa, è il “momento” del “negativo” che mette ogni volta in moto la dialettica. Ciò significa che lo stesso liberalismo deve avere particolare cura a capire e a mantenere vivo l’elemento che lo contraddice o contrastivo se non vuole essere un’ideologia come le altre ma il metodo della (comprensione della) realtà. Esso aderisce e anzi coincide col movimento del reale. Credo che il liberale apprenda di più da chi lo contraddice o gli si oppone, dal diversamente senziente e operante, che non da chi lo conferma nelle sue opinioni. L’altro, nella sua concezione, svolge l’importante compito di fargli cambiare opinioni, se del caso. O, al contrario, di rafforzarlo nelle sue convinzioni, casomai anche attraverso un’opportuna integrazione delle parti di verità che sono in esso e che il liberale non aveva considerato. L’altro, che si presenta sempre nella forma del “diverso” o del “negativo”, è, detto in soldoni, al liberale co-essenziale. E ne sapeva certamente qualcosa Isaiah Berlin, uno dei massimi teorici del pluralismo di ogni tempo, quando, fregandosene delle “vestali della dottrina, passò a studiare, con partecipazione e sommo giovamento per lui stesso e per noi tutti, i profondi e acuti autori del “contro-illuminismo” (Hamann, Herder, Novalis, e via dicendo).
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