I leader della nuova “destra cristiana” mondiale, da Putin a Trump, a Salvini, non sembrano realmente attenti ai valori religiosi. Ad esempio, pur avendo sostenuto la convocazione del congresso mondiale sulla famiglia, il leader leghista parlando delle difficoltà con i 5 Stelle ha detto che quando una coppia non funziona più i coniugi hanno una cosa sola da fare, divorziare. Non sembra proprio il manifesto del tutore della famiglia tradizionale. Eppure nell’azione politica di Matteo Salvini la religione è davvero importante e l’unione tra culto mariano e chiusura ai migranti, pregiudizio etnico, ostilità ai musulmani ne è un cardine. Non si tratta di una peculiarità italiana: anche in Polonia e in Libano si notano tendenze simili. In Italia abbiamo avuto prima l’esibizione del rosario nei comizi, poi il ringraziamento proprio alla Beata Vergine Maria per l’approvazione del decreto sicurezza bis. La visione politico-religiosa di Salvini su cosa farà perno? Indubbiamente sulla battaglia di Lepanto, quando la coalizione cristiana voluta da Pio V, di cui Venezia fu parte prioritaria, sconfisse la flotta del Sultano ottomano. Le ore della battaglia furono accompagnate da continue recite del rosario e la leggende vuole che papa Pio V ebbe la visione della vittoria proprio nel momento in cui questa arrise ai cristiani. Nel giorno della battaglia di Lepanto, 7 ottobre, fu istituita la festa della Madonna del Rosario. Nei secoli successivi il rosario è divenuto un cardine della battaglia contro il modernismo. Ma è l’ identificazione del rosario e di Maria con la battaglia contro il nemico musulmano a primeggiare nel progetto leghista e il suo concetto fondamentale ha avuto un avallo ecclesiale in passato, eliminato dal Concilio Vaticano II, quello che ha sradicato il pregiudizio anti ebraico dalla Chiesa e dalla sua liturgia e avviato il dialogo con l’Islam.
Da quando il flusso migratorio ha portato molti musulmani verso l’Europa alcuni episcopati hanno usato il rosario proprio contro di essi, quasi a rivedere nella Madonna un simbolo anti islamico e nei migranti gli eredi dei soldati ottomani, che intendevano conquistare territori europei. Basti per tutti costoro ricordare l’episcopato polacco che ha coinvolto milioni di fedeli in una marcia con il rosario in mano lungo i confini della Polonia, quasi a farne uno scudo, o una recinzione, contro i profughi invasori.
Tutto questo è importantissimo per le politiche costruire sull’idea di un nemico esterno. A popoli o società che non possono o non devono vedere il nemico interno, che può essere un ceto, una politica economica o una visione sociale, viene offerto un surrogato di identità che unisce contro il nemico esterno, sempre musulmano o cristiano, a seconda dei Paesi e dei proponenti: e il nemico è sempre identificato con la sua fede e viene sempre definito invasore. Lo stesso discorso dei terroristi, siano jihadisti o suprematisti, origina di qui. Nel mondo musulmano l’esempio più estremo e trasparente è quello di Bin Laden, dal quale l’Occidente è stato definito crociato, cioè invasore di un mondo arabo-islamico a volte affidato a tiranni da esso delegati a opprimerlo. Nel complesso per Bin Laden l’Occidente è impegnato in una crociata eterna, che richiede una reazione uguale e contraria. Di più, egli ha contestato agli Stati Uniti le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, dove non c’erano musulmani. Patrick Crusius, il terrorista bianco che ha ucciso 22 persone a El Paso, si è riferito allo stragista delle moschee neozelandesi, parlando di “Great Replacement”, la grande sostituzione, evidentemente etnica. Il Great Replacement è, nel linguaggio di Bin Laden, l’eterna crociata. Il terrorismo per Bin Laden è la risposta al terrorismo americano. Conta poco in questo contesto che per molti Bin Laden in realtà puntasse a conquistare il potere interno alla sua comunità.
Ovviamente questo uso del nemico esterno è un propellente potente se si riesce a piegare la religione alle proprie finalità. In Italia l’idea del Great Replacement è ben nota, in chiave di islamizzazione o arabizzazione del vecchio continente. I migranti sono sempre invasori e musulmani anche se spesso non sono musulmani: è così che il riferimento o il rimando a Lepanto può divenire importantissimo. Allora come oggi deve essere il rosario a tutelare la coalizione cristiana contro gli invasori. Da una narrazione del genere deriva che la religione sacralizza la politica, usando un’ansia profonda. La religione diviene un involucro, un’armatura da indossare per difendersi dall’altro, è lui il vero pericolo. L’ovvia considerazione che il nemico di ieri oggi non arriva con galeoni ma disperato e vestito di stracci, chiedendoci di salvarlo e quindi capovolgendo il senso della storia dalla passata inimicizia all’odierna richiesta di fratellanza viene cancellato in nome della paura. Il culto e la contrapposizione in nome di esso è fondamentale per convincere.
Siamo dunque davanti ad un culto mariano evidentemente distorto da vicende storiche legate a un contesto storico molto particolare come quello della battaglia di Lepanto, preceduta dal trattato di alleanza franco ottomano e seguita da altre alleanze, trasformato in avversione eterna e universale, che non ha nulla a che fare con la Vergine Maria dei Vangeli. La dimostrazione più semplice la dà il Vangelo di Luca, con la celebre preghiera mariana del Magnificat. Leggere questa preghiera mariana è semplice ma importantissimo per vedere come sia molto più vicina alla realtà l’immagine di Maria con il giubbotto salva-vita sul barcone dei migranti che quella di custode della chiusura dei porti. Eccola:
L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre.
Il riferimento alla discendenza di Abramo, che notoriamente avrebbe presto incluso i musulmani, sembra già porre le basi della notissima devozione coranica per Maria. Ma è nella parte centrale del Magnificat che figura tutta l’essenza dell’impossibilità di utilizzare Maria contro i migranti. La misericordia, i ricchi rimandati a mani vuote, gli affamati ricolmati di beni, i superbi dispersi, gli umili innalzati. Tutto questo è assai più vicino a centinaia di testi di teologia della liberazione, al di là di alcune derive dovute anche quelle al contesto e ai tempi, che a chiusure, respingimenti, muri. Eppure la tendenza a fare della religione un muro che separa dagli altri e dà un’identità tribale alle comunità è diffusa. L’esempio più lampante è quello libanese, dove la leadership politica libanese, dopo aver consegnato il paese ad Hezbollah, ha tentato di convincere i membri della propria comunità comunità di avere potere politico impedendo il concerto di una band rock perché si sarebbe macchiata di vilipendio della religione esibendo fu facebook un’icona della Madonna con Bambino sostituendo il volto della Madonna con il volto della rockstar Madonna. E’ la riprova di come la religione possa servire al potere politico per porre dei falsi problemi non potendo risolvere quelli veri. Ma le conseguenze possono essere gravissime. I libanesi possono aver dimenticato che dopo la guerra civile la polizia siriana li inquisiva in base ai propri gusti musicali (che indicavano tendenze filo-americane)? L’esito è sempre quello indicato dall’imperatore Teodosio tanti secoli fa: non conferma i valori della fede professata, ma trasforma l’impero in teocrazia, attribuendo all’imperatore i poteri di giudice supremo della nuova religione di stato. Il problema è capire chi sarà Teodosio, e il Libano pochi sono i dubbi al riguardo.
Torniamo a Salvini e alla sua indicazione che il sì al decreto sicurezza abbia coinciso con la data di nascita della Vergine Maria, il 5 agosto. Questa data, ha spiegato, viene indicata nelle apparizioni di Madjugorje. Qui la finalità è evidente: stabilire un rapporto di politico con il popolo di Madjugorje, che esiste e che si sarà sentito accolto, rappresentato, a prescindere da qualsiasi interesse per il valore spirituale della sua partecipazione al “fenomeno” Madjugorje.
Ecco perché, a mio avviso, tanto il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, che il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, hanno usato espressioni cruciali e chiarissime, parlando di cristianesimo contrario alla xenofobia il primo e di tempo di resistenza religiosa il secondo. In definitiva loro sanno perfettamente e ci avvisano che il rischio presente è quello del ritorno alla religione ancella della politica, “istrumentum regni”. E questo oggi passa attraverso la “perversione” dell’identitarismo.
Come ha scritto con assoluta precisione Mattia Ferraresi su Il Foglio, l’ identitarismo nega che ogni identità sia plurima, ma cerca di nazionalizzare le coscienze individuali convincendo che “Ciò che definisce una persona è la sua dimensione etnica e razziale, che diventa la lente attraverso cui legge qualunque cosa. Da questo si deduce che le etnie, che si esprimono al massimo grado quando sono pure, devono rimanere il più possibile separate.” Ecco che chi è fuori di noi è nostro nemico, come dimostra la storia dei nazionalismi. Si arriva così alle idee che propugnano i terroristi che non chiamiamo così, cioè quelli che in modo da non rendere chiaro il loro progetto chiamiamo “suprematisti bianchi”, in California, nel Texas, in Nuova Zelanda e ancora.
Questo pericolo che appare lontano è ben chiaro a chi ha consapevolezza del carattere universale della religione monoteista, mentre per la stessa religione ma nazionalista diventa un rischio naturale. La religione infatti è così potente da potersi trasformare in strumento di esclusione finalizzata a rappresentare “una comunità”: allora può accadere che l’altro-etnico sia un nemico anche se è della stessa fede: il caso americano è lampante essendo i latinos cristiani come i suprematisti bianchi.
Piegare la figura di Maria a questa cultura è un’impresa che da noi può trovare solo nel mito della battaglia di Lepanto un’arma capace di capovolgere il senso naturale della devozione a Maria quale nostra personalissima madre in quanto madre per tutti e di tutte, come persone e come popoli e in particolare di tutte le vittime: il rischio è enorme e sottovalutarlo sarebbe da irresponsabili. Se Cristo si è fermato a Eboli allora Maria può fermarsi a Lepanto, ma in questo caso non ci sarebbe nulla da scoprire, ma solo da temere.
Il mondo laico in particolare è chiamato a capire il messaggio culturale di Bassetti e Spadaro: loro non lo dicono ma è evidente che oggi esiste una leadership morale globale contro il nichilismo immorale dei neo-identitarismi, quella di Papa Francesco: riconoscere la priorità odierna dell’impegno per le libertà sociali, la “libertà da”, quale nuova priorità davanti a un sistema che si è fatto edonista e mercantile, creerebbe le condizioni per un nuovo incontro. Alle volte i problemi, se capiti, possono aprire una prospettiva. Il fatto è che questa prospettiva oggi appare urgente, urgentissima.