Nei giorni scorsi è circolato ampiamente, sul web e attraverso i mezzi di comunicazione, un appello per la messa in salvo di una preziosa collezione di libri di proprietà dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, fondato e presieduto dall’avvocato Gerardo Marotta. Il quale vorrebbe mettere questi libri, in modo encomiabile, a disposizione di studenti e studiosi. Mai come in questa occasione il tam tam in rete ha funzionato: l’appello ha avuto un successo insperato, tutti hanno voluto apporre ad esso la loro firma. Tanto che, poco alla volta, esso si è trasformato in un accorato e più generale appello per la salvezza dell’Istituto stesso, che da un po’ di tempo, venuti meno fondi statali e regionali di vario tipo, versa in condizioni di crisi a dir poco spaventose. D’altronde, le “buone cause” hanno sempre successo: considerarsi ed essere considerati amici dei libri, della cultura, dello studio, è un valore a cui tutti tengono. Per fare bella figura con gli altri e anche per autocompiacersi davanti alla propria coscienza. Tanto più se generici altri, i “barbari”, sono facilmente additabili come i nemici del sapere. Quanto poi all’introiettare in modo non superficiale ciò che nei libri è scritto, a vivere e non a sbandierare la cultura come “maschera di gesso di uomo morto” (Scaravelli) …, beh questo è un altro discorso: la “fatica del concetto” non è da tutti, ma un compiacimento intellettualistico a buon mercato non lo si nega a nessuno. Io pure sono stato sollecitato a firmare, da amici, nemici o anche semplici conoscenti. E ho molto titubato e ragionato. Poi ho deciso di non farlo. Non perché non creda che i libri dell’Istituto non meritino salvazione, ma perché mi sembra ingiusto che lo Stato (cioè tutti noi, con i nostri contributi) si sobbarchi, soprattutto in un momento di crisi come questo, il compito di finanziare un Istituto che, seppur ha avuto un breve e glorioso passato, non è stato in grado di garantirsi un futuro ed è stato gestito negli ultimi anni in modo personale e privatistico. Diventando di fatto portavoce (soprattutto con l’annessa “Società di studi politici”, che ha utilizzato la sigla di una Società di cultura politica che Croce aveva creato con tutti altri scopi e altro spirito) di un marxismo radicale ed antagonista. Bene anche questo, ma perché con i soldi pubblici? E la cultura, di cui certo il Sud ha urgente bisogno, si promuove dall’alto, paternalisticamente? Con scelte, fra l’altro, a dir poco discutibili? In tutta questa vicenda, non è poi troppo strano che gli intellettuali non abbiano per lo più sollevato obiezioni e si siano anzi fatti promotori dell’appello “senza se e senza ma”. Lo hanno fatto o perché radicali e marxisti a loro volta, o perché “geneticamente” servili verso chi non ha lesinato loro onori e visibilità in passato. Ma, amicus plato… La critica mai come in questo caso va esercitata. E’ un dovere. Per assicurare un futuro agli Istituti che svolgono un effettivo ruolo nazionale (penso alla Crusca o all’Istituto per lo studio dei Tumori). E per assicurarne un altro, perché no?, allo steso Istituto di Napoli, se avrà la capacità di auto emendarsi dagli errori del più recente passato. Credo sia perciò nel giusto Giuseppe Galasso quando scrive, sul “Corriere del Mezzogiorno”, queste parole di vero buonsenso: “Si assicuri, quindi, una sede alla biblioteca dell`Istituto per gli Studi Filosofici, e, se possibile, comune anche all`Istituto. Si assicuri quanto necessario a questo scopo. Si chiariscano consistenza e contenuti della biblioteca. Si smettano agitazioni pretestuose e retoriche fastidiose, ma anche indifferenze e silenzi o inerzie poco lodevoli”.
PS Sottolineo in questa occasione un elemento che è comunque evidente. Le opinioni espresse in questo blog sono scritte in totale autonomia e libertà e non impegnano minimamente la rivista che le ospita, né il suo direttore.
Mi sembra un pò banale come spiegazione per non aderire all’appello.
“Mi sembra ingiusto che lo Stato (cioè tutti noi, con i nostri contributi) si sobbarchi, soprattutto in un momento di crisi come questo, il compito di finanziare un Istituto”. E’ lo stesso ragionamento di chi oggi negli ambienti ospedalieri afferma che in tempi di crisi la destinazione delle risorse non può più avvenire come prima e che certi pazienti ritrovandosi in coma irreversibile non dovrebbero essere destinati fondi perché è ingiusto che la collettività si sobbarchi i costi di una persona in una situazione di irreversibilità. Un pò banale… c’è il rischio che chiunque, in ogni ora, possa ritenere che i fondi della collettività non debbano essere destinati a quello o a quello.
Inoltre, qualcuno mi deve spiegare qual è la cultura che serve al Sud: una sola? una decina? con quali criteri si sceglie la cultura che serve a un paese?
Comunque, la ringrazio sig. Ocone per avermi dato la motivazione per firmare l’appello. Forse sarò un marxista e radicale o forse sarò “servile” o forse, a differenza sua, sarò un liberale.