Intervista all’autorevole quotidiano tedesco Zeit. Il Papa ribadisce di non voler essere idealizzato. Nella traduzione fornitaci da La Stampa il papa dice: «Non dico che sono un povero diavolo, ma sono una persona normale, che fa quello che può. Così mi sento». «Io – spiega Francesco nell’intervista intitolata, in prima pagina, “Sono un peccatore e sono fallibile” – sono peccatore e sono fallibile e non dovremmo scordare che l’idealizzazione delle persone è una forma di aggressione. Quando vengo idealizzato mi sento aggredito perché l’idealizzazione non concede a una persona di essere un peccatore fallibile”.
E’ questo, per me, il passaggio più importante di questo colloquio che Jorge Mario Bergoglio ha concesso al direttore del quotidiano tedesco prima di partire per gli esercizi spirituali. E’ vero che vi parla anche di altri temi importanti, come l’attenzione alla possibilità di affiancare i sacerdoti con i famosi “viri probati”, cioè uomini sposati di provata moralità che potrebbero sostituirli in aree remote o prive di religiosi ordinati. Vi parla anche dei manifesti che hanno imbrattato Roma, opera “acuta” non di uno sprovveduto, del falso “Osservatore Romano”, non certo una pasquinata. Ma è la “normalità” del papa il grande tema che il papa affronta con parole meditatissime e importantissime.
La parentesi del Concilio Vaticano I, che solo in età molto recente e in un frangente particolarissimo della storia (il 1870) aveva visto la Chiesa avvertire il bisogno di un nuovo dogma, per “salvare” la figura del papa dal regno temporale che spariva e farne un infallibile, si va chiudendo. Per i cattolici sono ore importantissime, e lo dovrebbero essere anche per laici, per i protestanti, per gli ortodossi. Gli altri cristiani hanno la conferma che con Bergoglio l’ecumenismo diviene davvero possibile, perché il papa umano e fallibile torna ad essere una vera “roccia” e quindi un “servitore dell’unità” capace davvero di “presiedere nella carità”, ma che non ha la pretesa di annettere. I laici sanno di avere un interlocutore “laico” (io direi soprattutto “libero”), che gli chiede di aprirsi all’altro, come lui sa fare. Ne saranno capaci?
E i cattolici? I cattolici dovrebbero gioire. Certo, il Vaticano I aveva parlato di infallibilità ex cathedra, così: ” Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa. Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema”
Ecco perché le parole di Bergoglio restano importantissime. Non è un “papa meno” il loro, è piuttosto un “papa più”. Un papa che con scelte del genere sa riaprire i rubinetti dell’affetto, dell’amicizia e del pensiero, nella storia, invitando a superare quella “papolatria” per cui uno non avrebbe dovuto restare sereno esprimendo dal profondo del suo cuore, della sua coscienza, un pensiero non omogeneo, non standardizzato, non omologato. Così facendo restituisce un senso profondo all’idea che il papa sia “vicario di Cristo”, perché diviene un’espressione umana, cioè uno che prova a vivere come Cristo, magari in sessanta metri quadrati, e che quindi non teme le differenze.
Forse c’è un uomo oggi in Germania che leggendo l’intervista avrà pianto, pensando, “vecchio e malato posso apprestarmi a salutare il mondo dicendo, missione compiuta”. Un abbraccio, carissimo professor Hans Kueng.