«Buona notte, tra pochissimo sbaracchiamo!». Sono le 23 e 58 e Mirko Busto deputato vercellesse tweetta, insieme a molti colleghi, la ritirata dei rappresentanti M5S che martedì 9 aprile prendevano il Palazzo della politica. Non sarà quella del Palazzo d’inverno ma una certa enfasi l’evento pare meritarla.
Quel che è successo è noto: al rompete le file serale, deputati e senatori a cinque stelle non sloggiano dagli scranni ma proseguono la giornata in parlamento come forma di protesta contro lo stallo. Il parlamento può funzionare anche senza governo, è il mantra sempre più convinto da quando Napolitano ha preso atto dell’impasse e ha varato le due commissioni dei cosiddetti “saggi”.
L’ormai antica alternativa di ogni mobilitazione studentesca dal ’68 in avanti – occupazione o autogestione? – è risolta dagli eletti, l’assemblea ha deciso: occupiamo e ci autogestiamo lo spazio. «D’altra parte – diceva un militante in attesa in piazza – quel palazzo di Montecitorio è nostro, quindi è legittimo che lo si possa gestire». E così su twitter hanno viaggiato parallele le due scie di messaggi: l’hashtag #occupy (e derivati) e #commissionisubito. Uno etichetta per l’occupazione, l’altro per l’autogestione.
Dalla trincea prorogatio in cui si sono attestati Grillo e i suoi partono le bordate contro i “golpisti” Bersani, Berlusconi e Monti rappresentati in un fotomontaggio sul blog come i colonnelli greci Patakos, Papadopoulos e Makarezos. Certo, si dirà, la commistione tra satira e politica è la cifra del grande attore Beppe Grillo e su quel doppio registro gioca e vince. Sarà pur vero, anche se il rischio è di non far un gran servizio alla democrazia.
Luogo simbolico da occupare e adsl per trasmettere le immagini. È il doppio binario retorico su cui si fonda un bel pezzo del grillismo. Se il leader è il campione indiscusso della politica italiana sul web, la logica dei movimenti impone da cinquant’anni a questa parte di conquistare piazze e strade per ottenere visibilità e rappresentare l’estraneità ai Palazzi del potere. È stato così con lo Tsunami Tour, è così per l’occupazione del parlamento. Non un sit in, ma ci siamo vicini. Tutto sta a vedere quanto a lungo il metodo della piazza può andare avanti se il movimento si istituzionalizza, come sta accadendo per forza di cose.
L’assemblea e lo streaming, due parole d’ordine che hanno benedetto il successo di Grillo e dei suoi ma dai quali non è facile svincolarsi, anche volendolo. Il quasi flop della performance Occupyparlamento sta lì a dirlo. La scusa ecologica per lasciare l’aula – «non vogliamo sprecare energia elettrica» si è giustificato Vito Crimi – è una toppa quasi peggiore del buco. D’altra parte, anche per un geniale comunicatore come Grillo non è cosa da poco inventarsi ogni giorno un “evento”, una grande performance che buchi, che detti l’agenda di tg, che recuperi la prima pagina dei giornali.
Il rischio e il contrappasso per ogni critica alla “società dello spettacolo” – come si rammaricava negli anni ’90 il situazionista Guy Debord quando osservava i suoi epigoni – è proprio trasformare qualsiasi operazione che voglia uscire dalla logica della comunicazione in merce che i media consumano. Il pericolo del manierismo sterile e della ripetizione vuota è dietro l’angolo.
«Eventi, slogan nuovi, nonsense: Grillo ha bisogno ogni giorno di inventarsi qualcosa, ma così svuota il meccanismo» commenta Giovanni Boccia Artieri, sociologo dei media dell’Università di Urbino. «Ogni giorno il capo del M5S lavora negando il messaggio di giornata, ma lo fa ormai dentro canali ufficiali. E il rischio è farlo come un politico qualsiasi, con operazioni che non hanno più il marchio della diversità che hanno quando sul serio provengono dal basso». La diretta video non può essere sufficiente.
«Sotto lo streaming finora c’è stato poco, pochissimo». A sostenerlo è uno che non ha per niente la puzza sotto il naso nei confronti dei grillini, quel Pippo Civati che da tempi non sospetti è uno dei più disponibili nel Pd a cercare spazi di confronto con i colleghi a cinque stelle. Come ha spiegato Giovanni Cocconi su Europa, lo streaming è un mito fondativo del grillismo. Mito che forse inizia a mostrare la corda. «Non conta più cosa si trasmette, basta che ci sia: il contenuto è lo streaming stesso. Non siamo lontani dal Grande Fratello e dalla trasmissione h24. #Opencamera di Andrea Sarubbi e di altri deputati è stato una cosa, lo streaming invocato dai cinque stelle un’altra» spiega ancora Boccia Artieri. «Lo streaming per qualsiasi evento è un mito e un’ideologia. Senza regia che crei un contesto e senza sfondo per inquadrare quel che accade semplicemente non c’è senso. Non c’è nessun significato da raccontare». È allora forse il tweet dell’utente @LadyDeLaBarre che aiuta a chiudere un cerchio di una giornata presa “tra palco e realtà”: «Rocco Casalino del GF che legge la Costituzione in Parlamento a notte fonda. De Gasperi perdonaci, ti prego».
Articolo uscito su Europa il 10 aprile 2013