E’ inutile nasconderselo. Nonostante il buon successo riportato dal centro-sinistra nella elezione dei Presidenti delle Camere, le prospettive che si arrivi ad un nuovo governo dotato in Parlamento della necessaria maggioranza continuano ad essere molto, molto limitate. E’ quindi elevato il rischio che si torni a votare presto e che lo si faccia con l’attuale sistema elettorale, proprio dopo che sono emerse, in tutta la loro evidenza, le ferite che esso può infliggere ai principi democratici.
Decine e decine di candidati hanno potuto entrare in Parlamento, essendo del tutto ignoti ai milioni di elettori che hanno messo la croce sul simbolo del partito che li ha scelti. Mentre a una coalizione che non è neppure arrivata al trenta per cento dei voti è andato il cinquantacinque per cento dei seggi della Camera. E se la governabilità ha certo le sue ragioni, che in suo nome si arrivi a questo punto è francamente troppo.
Il vaso è dunque colmo e mai come in questo momento potrebbero farsi valere davanti agli italiani gli argomenti a favore di un diverso sistema elettorale, che permetta loro di conoscere e di votare quelli che eleggono e di formare loro, con il loro voto, una maggioranza che sia davvero tale. Quel sistema c’è ed è quel maggioritario a due turni, del quale ho scritto qui settimane fa, ricordando che da anni non si stanca di sottolinearne i pregi il prof. Giovanni Sartori. Se i partiti sono tanti e si vuole far uscire una maggioranza dal voto popolare senza forzature ed artifici, la cosa migliore è un primo turno nel quale tutti i partiti si presentano e gli elettori ne misurano la forza, seguito da un secondo turno al quale accedono (possibilmente) i due che hanno preso più voti. A quel punto gli elettori sceglieranno quello che sentono più vicino, o meno lontano, e alla fine saranno comunque loro, non le protesi create dalla legge, ad assegnare la maggioranza. In più, se le scelte avverranno in collegi uninominali nei quali ciascun partito si presenta con il viso del proprio candidato di collegio, la scelta degli elettori sarà, insieme, del partito e del candidato. E sempre di più potrà accadere che, se il candidato vale poco, non basti la lealtà al partito per ottenere il voto.
Insomma non è un passe-partout universale, perché l’efficacia di ogni sistema elettorale dipende dal paese in cui prende piede. E’ tuttavia opinione diffusa che per un paese come il nostro, il maggioritario a due turni sia il più adatto. Ci si chiederà perché allora non lo abbiamo adottato e la risposta è semplice: nei primi decenni della vita repubblicana dominava il sistema proporzionale, il più confacente ai partiti di allora e al potere che essi riservavano a se stessi. Quando, spinti dai referendum popolari dei primi anni ’90, passammo al maggioritario, prevalse il maggioritario a un turno, nella convinzione, soprattutto di Forza Italia e poi del PDL, che i due turni favorissero di fatto il centro-sinistra. Non è un caso che da tempo il maggioritario a due turni figuri nel programma del Partito Democratico, ma rimanga chiuso nel cassetto.
Ebbene, nella situazione tendenzialmente tripolare che si è creata nell’attuale Parlamento, le possibili convenienza appaiono modificate. Nel caso di passaggio al secondo turno di PD e PDL entrambi avrebbero ragione di pensare che parte almeno dei voti Cinque Stelle vadano a loro. Mentre in caso di secondo turno con PDL e Cinque Stelle gli stessi voti del PD potrebbero dividersi.
Sono solo esempi delle possibili combinazioni, ma bastano a capire che, posti oggi davanti al maggioritario a due turni, i partiti esistenti potrebbero tutti trovare più ragioni per accettarlo che per respingerlo, giacché nessuno avrebbe più obiezioni pregiudiziali fondate sui propri interessi vitali.
Ecco dunque la grande occasione. Ma il paradosso è che, se non si forma un governo e si scivola subito verso un rinnovato scioglimento delle Camere, l’occasione non avrebbe neppure modo di concretizzarsi. E ci ritroveremmo a votare con un sistema, quello attuale, sempre più screditato.
Eppure, ove un’intesa ci fosse, basterebbero per tradurla in legge poche settimane di Parlamento non ancora colpito dalla mannaia dello scioglimento. Chissà se , con un po’ di slalom, almeno questo riuscirà ad essere possibile.
Aggiungo: dovendo votare di nuovo con il porcellum sono stato lì lì per rinunciare e restarmene a casa tranquillo. Cosa che farò la prossima volta se la legge non verrà cambiata.
Sono pienamente d’accordo. Trovo molto sensato quello che scrive Amato. Spero quindi che Napolitano riesca a fare un governo di breve durata ma sufficiente per il cambio di legge elettorale da lui più volte sollecitato.