Tempo fa il presidente Formigoni intentò una causa legale contro di me, ancora in corso, perché, in un mio articolo scrissi, riferendomi al sistema di potere formigoniano, che neanche nel periodo fascista il potere aveva avuto tanta presa sulla città. Ora, dopo l’esplosione della cupola sanitaria, viene l’esplosione della cupola degli appalti milionari a facilitare il lavoro del mio avvocato difensore. Ma io sono profondamente addolorato perché è un’altra immersione totale nella merda per la città e la Regione che amo profondamente. E prego che ciò non abbia effetti troppo negativi per l’Expo, alla quale tante persone per bene e capaci, e soprattutto tanti giovani generosi stanno lavorando alacremente.
Ma dobbiamo parlarci molto chiaramente, Questa non è banale corruzione ed infatti non sembra che questo reato sia tra i capi d’accusa. Questa è un modo di esercitare il potere. Questo è il loro modo di governare. Sin dal 2002 (!) scrivevo che anche la categoria del conflitto d’interesse non è più adeguata ad interpretare la realtà del nostro paese e lo scrivevo con parole che voglio qui ripetere perche questa è la chiave di lettura che ci può aiutare a capire cosa è successo nel nostro Paese:
“Uno dei filoni di fondo di tutta la crisi è proprio la presa di coscienza della abnorme crescita dei conflitti di interesse e della necessità di contenerli. Ora a me sembra molto difficile riuscire a lavorare seriamente sul tema del contenimento dei conflitti di interesse nella sfera societaria o finanziaria, in un Paese che ha fatto del conflitto di interessi istituzionalizzato a tutti i livelli (dal Presidente del Consiglio al centro di un groviglio di conflitti di interesse impressionante; al presidente della lega calcio; agli avvocati che fanno le leggi che incidono sui loro processi; al ministro dei lavori pubblici che in famiglia tiene una società che a quest’attività si dedica, etc. etc.), e dello stravagante principio che alla maggioranza politica tutto è permesso, l’essenza della struttura politico-istituzionale. In realtà io credo che sia ormai sbagliato parlare da noi di conflitto di interessi. Se ci rendessimo conto di essere scivolati in una forma di Signoria molto simile a quella che si diffuse in Italia verso la fine del secolo XV, ecco che allora il conflitto di interessi sparisce, come tale. I Medici non avevano conflitto d’interessi, né gli Sforza. Essi erano i padroni della città ed agivano come padroni per il bene di tutti, ed in genere erano ammirati ed amati dalla maggioranza. E questo consenso della maggioranza, unito alla ricchezza ed al controllo della forza, dava loro la possibilità di fare ogni e qualsiasi cosa. E fecero anche tante cose eccellenti, come alcune grandi opere delle quali ancora oggi godiamo”.
Si è diffuso a tutti i livelli l’istinto proprietario. Chiunque abbia una fetta di potere, piccola o grande che sia, conquistata con una gara elettorale, o per nomina da parte di chi ha vinto una gara elettorale, la esercita come se fosse il proprietario esclusivo dei beni o servizi a lui affidati. E poiché sono bravi nei collegamenti tra loro formano una rete di “proprietari”della cosa pubblica di straordinaria efficienza, molto simile ad una forma di mafia. Giangiacomo Schiavi ha scritto sul Corriere della Sera: “A questo punto non ci sono vie di mezzo: devono essere le istituzioni a creare una rete protettiva contro ogni illegalità”. O gran bontà dei cavalieri antiqui! direbbe il poeta. Ma se sono loro le istituzioni! E allora? Ringraziamo ancora una volta la magistratura e le forze dell’ordine, le uniche istituzioni rispettabili. E non parliamo più di questione morale. Questa è una questione politica, la più grossa questione politica del nostro paese. Non bisogna invocare le istituzioni, ma cambiarle. E solo la lotta politica, animata da un consapevole interesse, può farlo. Speriamo che i giovani capiscano che, con questo andazzo, sono fottuti per almeno cento anni e destinati alla miseria ed alla servitù, come successe a Milano dopo le Signorie. “La schiavitù, è stato detto, avvilisce l’uomo fino a farsene amare”.
Marco Vitale