È indiscutibilmente nero, ma proprio nero nero. Non so neppure come si chiami e quale sia il suo paese di origine; ho sempre pensato provenisse da qualche luogo dell’Africa centrale, che immagino come una sconfinata savana con animali – un po’ disneyani, lo ammetto – che corrono, brucano, giocano, si inseguono. Non so di preciso perché mi suscitasse immagini grandiose di serenità; forse perché era alto, grosso, serio, con la barba brizzolata, una presenza calma, con un’aura di solidità e saggezza, che non so per nulla se corrispondesse alla realtà, ma che faceva immaginare una innata autorevolezza nutrita anche di una voce profonda e di un parlare sobrio e amichevole.
Erano 24 anni – mi hanno detto – che apriva il suo tavolino di fianco alla porta del supermercato, pieno di calze, portafogli, accendini e poco altro; di notte ritirava tutto all’interno con il permesso dei gestori e si era così ritagliato un posto preciso tra la clientela abituale: vendeva le sue cose, ti proponeva gentilmente di tenere eventuali borse o pacchetti che avrebbero potuto rendere più complicato il giro all’interno del supermercato, intratteneva i cani che devono essere lasciati fuori.
Mi faceva piacere sentire il suo ciao amico o vedere la sua mano da lontano che si alzava in un semplice gesto di saluto. Prima di tornare a casa per un certo numero di mesi, mi aveva fatto cenno di avvicinarmi e mi aveva avvisato della sua prossima assenza; mi ero sentito onorato di questa informazione che mi inseriva nel gruppo di quanti riteneva si sarebbero resi conto della sua assenza e forse anche preoccupati. Era tornato nello scorso novembre e, quando gli avevo fatto notare che probabilmente non era il momento più adatto per immergersi nuovamente nel clima milanese, aveva sorriso: ho sbagliato.
Qualche giorno fa mi ha nuovamente convocato e mi ha detto che torna definitivamente a casa perché gli affari non vanno più bene, ma – sembra – che non sia stato bene e abbia deciso di concedersi una meritata pensione in compagnia della famiglia. Ho fatto una piccola indagine tra il personale del supermerato e nei negozi vicini e anche quelli che solitamente individuano nella immigazione degli extracomunitari la radice di tutti i nostri mali politici e sociali hanno ammesso di essere dispiaciuti e confessano che ne sentiranno la mancanza.
Lo immagino nella sua casa in un luogo lontano che ritrova parenti e amici e fa vedere la giacca della divisa del supermercato che gli è stata regalata con tutte le firme di quanti vi lavorano e spero che almeno una volta si ricordi anche di me. Ciao amico.
L'ASINO DI BURIDANO
Grazie di questa bellissima storia.
Ci sarebbero tante altre simili da raccontare a dispetto della vulgata corrente. Storie che non fanno comodo, derubricate come eccezioni romantiche!
UrsicinGGDerungs
Bellissimo. Di queste storie di vita vera abbiamo bisogno. Tutti conosciamo e frequentiamo un Mustafà o un Ibrahim come il tuo amico.
L’amicizia attenta è la vera religione e la vera politica. Grazie!