Il comunicato Vaticano sulla visita compiuta ad Aleppo per incarico di papa Francesco, dal 18 al 23 gennaio, dal Segretario del neo istituito Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Mons. Giampietro Dal Toso, è scarno, ma contiene indicazioni preziose per capire la delicatezza della missione vaticana. Innanzitutto si sottolinea che insieme all’inviato vaticano c’era il cardinale Mario Zenari, Nunzio Apostolico in Siria. Nessun patriarca viene citato.
Nello resoconto poi si sottolinea con importante precisione, usuale attenzione per le parole e puntualità: “negli incontri con gli organismi di carità cattolici, infine, è emersa l’importanza dell’assistenza da questi fornita a beneficio di tutta la popolazione siriana. Con il sostegno della Chiesa universale e grazie al generoso contributo della comunità internazionale, tale aiuto potrà intensificarsi in futuro per far fronte alle crescenti necessità delle persone.”
La parola “liberazione” al riguardo di Aleppo non viene mai usata, si parla di “conclusione dei combattimenti”. Né tantomeno ci sono cenni ai “festeggiamenti”, ai quali esponenti locali, distinguendosi dagli appelli al rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario in zone di guerra di papa Francesco e dal nunzio Mario Zenari, hanno fatto espresso riferimento.
Nelle ore in cui ad Astana la diplomazia internazionale a trazione russa è riuscito a produrre una seppur vaga formula di impegno a favore dell’importantissimo cessate il fuoco e della sua problematica stabilizzazione ed estensione, visto che da settimane si registrano gravi violazioni da parte del regime siriano e dei miliziani di Hezbollah, soprattutto nei dintorni di Damasco, la missione vaticana indica la necessità di affiancare questo sforzo cruciale operando per un “riavvicinamento nella sofferenza” tra le varie componenti etniche e religiose della società siriana. Sarà un cammino difficile, osteggiato da chi sa che solo l’eternizzazione del conflitto gli può garantire la sopravvivenza politica, ma sarà un cammino cruciale. A tale riguardo assume un significato particolare la duplice coincidenza: Mosca si candida ufficiosamente a guidare all’Onu il nuovo possibile ufficio di coordinamento delle varie strutture per la lotta al terrorismo, e intanto non sembra più definire “terroristi” alcuni gruppi armati salafiti siriani. Evoluzione lessicale molto importante, e quindi da seguire e capire per farsi un’idea delle prospettiva della tregua, e forse non solo.
Il pragmatismo del Cremlino vincitore dunque è alla prova; della tenuta della tregua, dei nuovi equilibri in sede Onu, del complesso rapporto con l’Iran e dell’ ostilità di Assad per ogni accordo politico. In questo scenario il Vaticano ha certamente un ruolo non irrilevante da svolgere, nella persona del Nunzio, autorità credibile anche al di là dei confini confessionali.